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UN PARTITO NON BASTA, IL CAVALIERE CAMBIA CAVALLO?

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(WSI) – La tentazione c’è. Che poi diventi un partito vero e proprio, questo è un altro discorso. Per il momento quello del Cavaliere è stato solo un ragionamento confidato a qualcuno in questi giorni che segnano il ritorno dello spirito rivoluzionario a scapito del pensiero debole termidoriano: «Voglio un movimento nuovo, adesso dopo aver sparigliato sulle tasse, non posso rimanere ingessato in questa coalizione, voglio rilanciare anche sul piano politico a tutto spiano, Forza Italia non mi basta più».

A questo punto però bisogna aggiungere che dentro Forza Italia sono almeno due le versioni che sviluppano il nuovo progetto del Cavaliere ed entrambe non hanno nulla a che fare con il disegno adornatiano (nel senso di Nando) di costruire la sezione italiana del Ppe con Udc e Udeur, ovvero una sorte di Fed conservatrice molto teo trasfigurata nella Cdl.

Semmai il concetto di Fed di destra, rivela una fonte accreditata, potrebbe adattarsi meglio a un allargamento di Forza Italia che comprenderebbe la Lega e Giulio Tremonti, un pezzo di Udc (il solito Rotondi e forse anche Buttiglione), i repubblicani di La Malfa e Nucara e i socialisti di De Michelis e Craxi.

Il progetto però non piacerebbe molto agli attuali vertici di FI. Non a caso ecco che cosa dice un esponente della maggioranza bondian-cicchittiana che controlla il partito: «E’ vero che circola questa voce, ma è solamente una pura esercitazione accademica. Una Forza Italia allargata in questo modo, pure con un nuovo nome, non intercetterebbe i delusi e gli astenuti che mai voterebbero An e Udc. Meglio l’attuale composizione della Cdl, nella quale ognuno ha le sue peculiarità».

Incassata, allora, la freddezza, per non dire ostilità, dell’attuale coppia di comando azzurra, c’è poi chi sostiene che la pista giusta sarebbe un’altra. Questa (le parole sono di una seconda fonte accreditata): «Effettivamente il premier sta ragionando su una nuova forza politica, ma non si tratta dell’allargamento di Forza Italia, ma proprio di un partito vero e proprio. Un contenitore che rilanci la rivoluzione liberale con lo spirito degli inizi, quello del 1994, un partito che si insinui tra Forza Italia e il subgoverno, e che sprigioni tutti gli argomenti del berlusconismo ruggente della discesa in campo».

In questo senso, due potrebbero essere i piloni su cui poggerebbe il nuovo partito: Giulio Tremonti e anche Giuliano Ferrara, che porterebbe con sé anche la dote teo-con (compreso Buttiglione). Continua la fonte: «Per Berlusconi il recupero di Tremonti è un fattore decisivo. Da un lato ha la necessità di sottrarlo alla Lega e a Bossi (con cui Tremonti a sua volta starebbe progettando un movimento, ndr), dall’altro sa perfettamente che l’ex ministro incarna idealmente tutti gli elettori delusi da Forza Italia per la mancata rivoluzione liberale».

Tremonti viene anche indicato come il possibile leader di questo quinto partito della Cdl, ma per ora è solo un’ipotesi. Tutto dipende da Berlusconi, il quale potrebbe essere tentato anche di smarcarsi da Forza Italia e cavalcare la nuova tigre.

Ovviamente, il progetto berlusconiano passa tutto per il pieno successo della riforma fiscale, così come rilanciata nei giorni scorsi e consacrata nel manifesto-lettera pubblicato dal Foglio. In merito, da Palazzo Chigi riferiscono di un premier sempre più determinato ad andare avanti sull’Irpef senza compromessi.

Altrimenti ci sono solo le elezioni, come ha detto ieri ha detto il leghista Calderoli e come ribadisce un esponente forzista di governo al Riformista: «L’appello ha spostato molto in avanti la questione. Adesso siamo oltre il compromesso. O prendere o lasciare». Anche per questo sarebbe stato rinviato ieri sera il previsto vertice dei tecnici della Cdl sul fisco. Piuttosto il premier ha preferito invitare a cena l’economista Renato Brunetta, a capo del team azzurro che sta confezionando il nuovo piano e che avrebbe ricevuto un input ben preciso: tenere fuori almeno per il momento il ministro Siniscalco.

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