L´Italia è un paese che viaggia sul filo di un rasoio? Probabilmente sì, nonostante tutte le assicurazioni che ci vengono date.
Per capirlo basta osservare più da vicino come stanno le cose per quanto riguarda il debito accumulato dal nostro paese nel corso degli anni. C´è un dibattito in Italia (ma in questo momento soprattutto dentro il centrosinistra) la cui struttura, se si vuole, è abbastanza semplice.
Se dentro il centrosinistra si viaggia da destra verso la sinistra, si vede che l´interesse passa progressivamente dalla necessità di ridurre a ogni costo il debito alla possibilità di andare avanti così, privilegiando la necessità di interventi sociali a favore dei meno fortunati. Fino a arrivare a una frangia estrema che teorizza che non ci si deve preoccupare del debito: finché possiamo pagare gli interessi, chi se ne importa?
In linea teorica entrambe le posizioni, quella più a destra e quella più a sinistra, sono corrette. Non c´è dubbio che in Italia ci sono molte persone che hanno bisogno di molte cose e che non hanno i mezzi per procurarsele. D´altra parte è anche vero che l´ammontare del nostro debito (105 per cento dell´intero Prodotto interno lordo) assorbe un po´ troppe risorse.
Per ragionare su questo punto conviene prendere in mano un documento ufficiale, e cioè le previsioni sulla finanza pubblica fatte nella “Nota di aggiornamento” di Palazzo Chigi il 28 settembre.
Da essa si apprende che nel 2007 dovremmo aver speso (come Stato) più di 74 miliardi di euro per il pagamento degli interessi sul nostro mostruoso debito. E qui si può fare subito un´annotazione: sempre nel 2007 le imposte dirette che noi abbiamo pagato al Fisco sono ammontate a poco più di 231 miliardi di euro. Un buon terzo, cioè, non si è tradotto in nulla (nemmeno in stipendi agli statali): è semplicemente servito a pagare gli interessi sui debiti.
E questo spiega (anche se poi c´è dell´altro) il paradosso scoperto dall´ex senatore Franco Debenedetti. Di solito tutti noi ci separiamo con piacere dai nostri soldi: quando compriamo una casa o una macchina nuova, quando facciamo un regalo a una persona cara, ecc. Quando si tratta di imposte, invece, ci separiamo dal nostro denaro sempre con un forte senso di fastidio. Perché sappiamo che buona parte di questi soldi non serviranno assolutamente a niente.
La “Nota aggiuntiva”, comunque, fa anche una previsione al 2011. In quell´anno, la spesa per interessi sarà salita a oltre 86 miliardi di lire, le imposte dirette (Irpef e simili) a 268 miliardi di euro. Anche nel 2011, insomma, e quindi dopo anni e anni di rigore finanziario e di Finanziarie taccagne, ne viene fuori che di nuovo un terzo delle nostre imposte se ne va per pagare gli interessi sui debiti accumulati.
Tutto questo configura uno scenario molto pericoloso, e intorno al quale servirebbe una riflessione collettiva.
Un banchiere a cui ho fatto vedere questi conti mi ha fatto tre osservazioni:
a – Di solito chi fa questo genere di bilanci (lo si vede nelle imprese) tende a “migliorare” un po´ le cose, sperando di avere fortuna strada facendo, in corso d´opera. Prudentemente, io direi di scrivere, per il 2011, non 86 miliardi di euro di interessi passivi, ma almeno 91-92 miliardi. Giusto per stare un po´ sul sicuro.
b – Inoltre, è bene tenere presente che la stagione dei bassi tassi di interesse è alle nostre spalle. Davanti abbiamo tassi di interesse (cioè costo del denaro) in aumento. E quindi l´enorme massa del nostro debito pubblico può arrivare a richiedere anche 100 miliardi di interessi.
c – Se un´azienda che io ho finanziato, mi presentasse conti del genere, la notte non dormirei affatto sogni d´oro.
A queste osservazioni del banchiere dobbiamo aggiungere che anche lo scenario economico immaginabile oggi non è dei migliori.
All´orizzonte, cioè, ci sono anni di crescita modesta.
E quindi il rischio di precipitare in una situazione in cui il debito accumulato assorbe non più “solo” un terzo, ma magari il 40 o il 50 per cento delle nostre imposte è abbastanza reale. Per questo all´inizio ho parlato di un paese che corre sul filo di un rasoio. Il nostro debito pubblico (e i relativi interessi) sono come una bomba sistemata all´interno della nostra società che, in circostanze avverse, può anche esplodere senza che si possa fare nulla per evitarlo.
Da questo si arriva alla conclusione che bisogna respingere tutte le richieste della sinistra (e della parte più sfortunata del paese) per concentrare tutte le risorse di oggi nella direzione della riduzione del debito?
No. Questa sarebbe una posizione estremista.
Non si può negare una protezione pubblica a chi ne ha bisogno. Rimane però il fatto che il debito (anche con operazioni straordinarie, di privatizzazioni di quello che c´è ancora: Eni, Enel, ecc.) va ridotto, e molto alla svelta. Prima che sia troppo tardi. Più in fretta si fa, meglio è. Forse, come ha detto di recente un ministro di Prodi, il nascente Partito democratico dovrebbe mettere l´impegno a ridurre il debito pubblico addirittura nel suo statuto.