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UN ORSO CHE NON DEVE FAR PAURA

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(WSI) – Fino all’11 maggio scorso il mercato azionario Usa sembrava il migliore dei mondi possibili, con il Dow Jones in salita dell’8,9% da inizio anno e il Russell 2000 (indice delle società a bassa capitalizzazione) in aumento del 15 per cento. Poi, in due difficili settimane, i titoli hanno ceduto gran parte dei loro guadagni. Il Dow ha perso più di 500 punti (-4,6%) e il Russell 2000 ben di più (-8,3%). Entrambi gli indici hanno poi ripreso fiato la scorsa settimana, mentre negli ultimi giorni le cose hanno di nuovo preso una brutta piega. Il risultato è che sia gli ottimisti che i pessimisti si stanno ponendo due importanti domande: questo spiacevole mese di maggio è da considerarsi l’inizio di un trend ribassista, dopo tre anni e mezzo di guadagni? Considerando la brusca caduta del Russell 2000, è arrivata l’ora di abbandonare i titoli delle piccole società?

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Dal mio punto di vista la risposta è negativa a entrambe le domande. Ned Davis Research, istituto che ha sede in Florida, conserva eccellenti statistiche sulle correzioni e sui ribassi dei mercati. La società ha reso noto che correzioni del 5% o poco più del Dow Jones si sono verificate 355 volte dal 1900, in media 3,3 volte l’anno. Soltanto 31 volte tali correzioni sono peggiorate, trasformandosi in crolli di oltre 20 punti percentuali. Un trend ribassista si verifica, quindi, una volta ogni tre anni. In pratica, più del 90% delle correzioni non diventano un mercato Orso. Ned Davis Research ha condotto un’analisi simile sul Russell 2000 a partire dal 1979. L’indice delle piccole azioni ha realizzato 74 correzioni del valore del 5% o poco più, e nove veri e propri ribassi di mercato. La frequenza di correzioni e ribassi è quindi all’incirca pari a quella del Dow Jones. Se il ribasso di maggio fosse finito, non sarebbe dunque altro che una flessione «standard». È ciò che penso, e dirò il perché.

I profitti d’impresa sono in buona salute e nel primo trimestre 2006 il pil Usa è cresciuto del 3,6% annuo. I tassi, sebbene cresciuti, non sono alti per gli standard storici. Solo se il declino dovesse riprendere, e peggiorare, trascinando il Dow e il Russell al di sotto del 10% dai picchi del 10 maggio, il passato ci dice che la possibilità di vedere un prolungato ribasso sarebbe del 50 per cento.
Vediamo ora quali sono le prospettive dei piccoli titoli azionari, confrontati con le grandi compagnie. Negli ultimi tre anni le piccole società sono andate molto bene: il Russell 2000 ha reso il 95%, inclusi i dividendi. Il Dow e l’S&P 500, entrambi indici di grandi compagnie, hanno reso rispettivamente il 45% e il 50 per cento.

I piccoli titoli azionari, tradizionalmente più a buon mercato di quelli grandi, ora sembrano cari. Il Russel 2000 tratta a 38 volte gli utili, comparato con il rapporto di 21 del Dow e del 17 dell’S&P500. Una ragione che potrebbe spingerci a considerare l’idea di alleggerire l’esposizione verso le piccole società. Personalmente, però, sono dell’idea di non abbandonarle mai totalmente. In generale, preferisco infatti le piccole società per due motivi: 1) non sono molto coperte dagli analisti di Wall Street; 2) sono più propense a sorprendere con risultati positivi. Sin dagli inizi del 1979, le piccole azioni hanno battuto le grandi 16 anni su 27, ottenendo un rendimento medio leggermente superiore, vicino al 13% annuo, contro l’11% dei grossi titoli.

A questo punto, non posso lasciare «il ribasso di maggio» senza presentare ai lettori almeno un paio di azioni crollate, ma che penso abbiano buone prospettive di recupero. La prima è Finish Line (FINL), in perdita secca del 18% dal 26 maggio. In particolare, la società di abbigliamento sportivo e tempo libero, con sede a Indianapolis, è crollata del 17% il 19 maggio, dopo una revisione al ribasso delle stime sugli utili del primo trimestre. Un annuncio giunto in concomitanza con la caduta delle vendite di altre catene concorrenti. Difficilmente gli analisti saranno ancora attratti da Finish Line, pur avendolo amato prima che emergessero i problemi. Degli undici report pubblicati, soltanto due continuano a giudicarlo un buy. Sapete bene che ogni qualvolta si verifica la fuga di Wall Street da un titolo, il mio interesse per questo aumenta. Infatti possiedo titoli Finish Line per due clienti. Negli ultimi cinque anni fiscali, le vendite di Finish Line sono aumentate del 14 per cento. La società inoltre non è indebitata. A seguito della recente flessione, il prezzo è 10 volte gli utili e 0,5 il fatturato.

Il mio secondo titolo è Headwaters (HW), che ha perso il 18% nel mese di maggio. La società, situata nello Utah, offre in licenza la sua tecnologia alle utility e vende prodotti chimici per la produzione di carburanti sintetici, come la polvere di carbone. Headwaters ha riportato utili negli ultimi sei anni. Il prezzo del titolo è 10 volte gli utili, 1,6 volte il patrimonio netto e circa 1 volta i ricavi. Il crollo in Headwaters trova origine nella probabile perdita di un credito fiscale nei confronti dei suoi clienti. I produttori di carburante sintetico non possono infatti reclamare i crediti fiscali se il prezzo del petrolio medio annuo sale sopra i 58 dollari al barile. La conseguenza è che molte società del settore stanno abbandonando i piani di produzione di carburante sintetico. Riconosco che se la crescita di Headwaters dovesse rallentare, la flessione potrebbe essere notevole. Negli ultimi cinque anni le vendite e gli utili sono aumentati annualmente di oltre il 100 per cento.

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