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(WSI) – Quando non tornano i conti, sono dolori. Questo è quello che decine di migliaia di cittadini inglesi stanno scoprendo in questi giorni, a causa dell’indebitamento personale fuori controllo. Secondo uno studio della società di revisione contabile Grant Thornton, di qui a marzo circa 30mila inglesi dichiareranno fallimento, un record per l’Inghilterra. Buona parte delle insolvenze (circa un terzo) è dipesa dall’uso scriteriato della carta di credito per le spese di Natale.
Insomma c’è di che preoccuparsi, anche perché secondo stime attendibili, quest’anno 10mila persone al mese dichiareranno di non poter far fronte ai debiti contratti. Una notizia che segue quella che nel 2006 le banche e molti fornitori del credito hanno dovuto mettere a bilancio la cifra record di 1,4 miliardi di sterline (circa 2 miliardi di euro) di prestiti inesigibili.
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Dietro il fenomeno dei fallimenti inglesi, spiegano gli esperti, ci sono diversi fattori. Primo fra tutti è la diffusione di una cultura del credito troppo facile, che incoraggia una mentalità del tipo «compro ora, pago dopo» (o mai, come dimostrano i dati). Inoltre, l’arma più forte contro il fallimento personale – quella psicologica – pare non funzioni un granché con le nuove generazioni.
Ma a peggiorare la situazione ci sono anche le sanzioni troppo leggere a cui va incontro contro chi si indebita e non paga. Nel Regno Unito chi non fa fronte agli impegni assunti può entrare nel programma Individual voluntary agreement (Iva), una specie di rete di protezione dai creditori che rende meno oneroso il fallimento.
Nel 2006, secondo le stime di Kpmg, circa 45mila cittadini lo hanno utilizzato. Esattamente il doppio di quelli del 2005. Il debito medio con il quale si va in bancarotta è 52mila sterline; ma solo il 39% viene ripagato. Detto questo, non è tutta colpa dei consumatori. L’aumento delle bollette e dei tassi d’interesse hanno colpito anche gli utenti più attenti al portafoglio.
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