I principali studi legali italiani hanno messo a punto un documento per raccogliere risorse finanziarie adeguato alle specificità del nostro ordinamento giuridico
Il Simple Agreement for Future Equity, meglio conosciuto come Safe, è diventato il modello contrattuale di investimento più diffuso nell’ecosistema delle startup nelle fasi seed e pre-seed.
Questo strumento consente di raccogliere capitale da nuovi investitori in maniera semplice e veloce, minimizzando costi e tempi di negoziazione. Introdotto per la prima volta nel 2013 da Y Combinator, uno dei principali acceleratori di startup della Silicon Valley, il Safe ha ottenuto un immediato successo grazie alla sua struttura operativa intuitiva. Con il crescente utilizzo di questo modello, anche in Italia si è avvertita l’esigenza di sviluppare un Safe adeguato alle specificità del nostro ordinamento giuridico.
La richiesta è stata prontamente recepita dagli operatori del venture capital, sia sul fronte legale sia su quello commerciale. A partire dall’esempio di quanto avvenuto nel mercato britannico, per adottare modelli contrattuali condivisi è stata avviata una collaborazione tra Withers, Portolano Cavallo, Bird & Bird Italy, BonelliErede, Chiomenti, Curtis, Mallet-Prevost, Colt & Mosle Llp, Di Tanno Associati, Dla Piper, Lca Studio Legale, Pavia e Ansaldo.
Questo gruppo di lavoro dedicato – che è partito da una prima versione di Safe a cui aveva già contribuito Portolano Cavallo in collaborazione con Italian Tech Alliance e Growth Capital – ha lavorato alla creazione del Safe 2.0, un aggiornamento frutto di un lavoro collettivo, un esempio unico nella realtà del venture capital italiano, a beneficio di investitori e startup.
Le caratteristiche del Safe 2.0.
Il Safe 2.0 presenta alcune peculiarità necessarie per l’ordinamento italiano. In primo luogo, il termine “Simple” è stato sostituito con “Subscription” per enfatizzare la sottoscrizione di nuove partecipazioni, caratteristica tipica del nostro sistema e assente nel common law.
Altri aspetti importanti riguardano il trattamento delle riserve e le dichiarazioni e garanzie. In merito alle riserve, il documento prevede obblighi per i founder e/o la società, al fine di proteggere la partecipazione dell’investitore da erosioni che potrebbero comprometterne il valore nominale.
Per quanto riguarda le dichiarazioni e garanzie, è stata adottata la scelta di includere solo quelle fondamentali, come la veridicità del bilancio, per tutelare l’investitore da possibili false rappresentazioni. Tuttavia, permangono alcuni nodi da risolvere, in particolare riguardo agli aspetti fiscali. Attualmente, chi sottoscrive un Safe non beneficia immediatamente di vantaggi fiscali, poiché questi derivano dalla titolarità delle partecipazioni.
L’Agenzia delle Entrate si è espressa in passato sulla fiscalità degli Sfp, ma il Safe presenta differenze significative, lasciando il tema ancora irrisolto. Gli svantaggi fiscali potrebbero essere compensati da uno sconto più vantaggioso per l’investitore durante la negoziazione. In sintesi, la prassi e l’uso del Safe 2.0 determineranno eventuali ulteriori correttivi. Questo rappresenta un traguardo significativo per l’intera comunità del venture capital in Italia.
L’articolo integrale è stato pubblicato sul numero di novembre del magazine Wall Street Italia. Clicca qui per abbonarti.