Economia

Ue paralizzata, senza aiuti panico “stile Lehman”

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ROMA – La situazione in Europa si fa sempre più preoccupante e, in attesa della riunione dei capi di stato Ue in calendario nella giornata di domani, il quadro che si presenta è quello di spread sui titoli periferici al rialzo e rendimenti sui titoli di stato a nuovi massimi storici, in alcuni casi -come quello del Portogallo nella giornata di ieri – al record dall’introduzione dell’euro.

I tempi si fanno sempre più stretti e, a meno che non verranno adottate misure davvero concrete di aiuti, i paesi periferici rimarranno intrappolati nei loro debiti, come afferma in un’intervista al Telegraph George Magnus, di Ubs. “Bisogna iniziare con le banche, altrimenti si diffonderà il panico sull’arrivo di un altro caso Lehman”. Il punto però è che i leader europei stanno vivendo in un “universo parallelo” e “sia l’Unione europea e il Fondo Monetario Internazionale si trovano in una situazione di ‘denial’ riguardo a quanto è accaduto nella storia”. La cecità poi è soprattutto dell’Europa, che non ha capito che per risolvere la crisi dei conti pubblici non si può evitare di andare alla radice dei problemi e non si può insomma evitare di ricapitalizzare le banche.

L’esempio con quanto hanno fatto gli Stati Uniti è inevitabile. “Le banche americane hanno raccolto finanziamenti in azioni ordinarie per un ammontare di 200 miliardi di dollari nell’arco di sei settimane e questa misura si è confermata un importante punto di svolta. Se l’Europa agirà in questo modo, allora la crisi sarà superata”.

Ma nel suo editoriale in cui interpella diversi analisti tra cui Magnus, Ambrose Evans-Pritchard fa notare come molte siano le crepe all’interno dell’Europa: crepe che impediscono che si arrivi a una soluzione univoca e che vedono per esempio la Germania, l’Olanda e la Finlandia essere ancora titubanti di fronte alla possibilità di espandere il fondo di salvataggio europeo.

“L’Unione europea farà molto poco e arriverà troppo tardi”, sottolinea Louis Gargour di LNG Capital – ma i mercati decideranno la soluzione”. Gargour fa notare come la Grecia sia già vittima di una spirale di crescita interminabile di debiti, visto che spende il 14,3% delle entrate fiscali per finanziare i costi di interesse. La tensione sul paese è evidente se si pensa che nella giornata di ieri i rendimenti dei bond a dieci anni sono volati al 12,78% e che il tasso di disoccupazione è balzato al 14,8% a dicembre. E in Irlanda, come ha detto il premier Enda Kendy, “ci troviamo nell’ora più buia prima dell’arrivo dell’alba”.

In definitiva, conclude Ambrose Evans-Pritchard- l’Eurozona sta dimostrando di rimanere ancora una “collezione di stati sovrani. Ed è questo il nocciolo della questione”.