Nonostante gli apparati di controllo, dalle grandi piazze finanziarie arrivano informazioni false, deviate o distorte.
Da la Repubblica, rubrica “Affari & Politica” di domenica 8 giugno 2003
Milano. E’ notissima la vecchia battuta di Woody Allen: Gesù è morto, Carlo Marx è morto e anch’io non mi sento tanto bene. Se al posto dell’attore-regista americano, mettete il capitalismo moderno la battuta continua a funzionare e ha un senso. Basta aprire i giornali. Così si viene a scoprire che negli Stati Uniti la Sec (la commissione che vigila sulla regolarità delle operazioni di Borsa), dopo l’ondata di scandali dell’anno scorso (spesso conclusisi con multe miliardarie a carico delle grandi banche), ha sentito di nuovo odore di bruciato e quindi ha avviato un nuovo giro di indagini che questa volta riguarderanno anche i Fondi comuni, gli Hedge Fund e persino le agenzie di rating. Intanto, sotto inchiesta è finito un colosso che “ha fatto l’America” negli anni passati, e cioè la Ibm.
Insomma, non sono i no global, ma la Sec (la più istituzionale delle istituzioni), a sospettare che ci siano state (e ci siano ancora) truffe a tutti i livelli nel cuore del capitalismo americano.
All’inizio si credeva che a combinare pasticci fossero stati solo alcuni spregiudicati analisti, che segnalavano come “da comprare” aziende che invece, personalmente, vendevano perché ritenute poco promettenti. Poi si è scoperto che in realtà, il marcio riguardava anche i vertici di alcune delle più grandi banche del mondo. Adesso si vanno a rivedere i conti persino delle temutissime agenzie di rating, quelle cioè che certificano se i debiti della Fiat, della General Motors o della Ibm sono affidabili oppure no.
E nelle bufera, insieme ai disinvolti protagonisti della new economy e della finanza cresciuta intorno a essi, va a finire anche la Ibm, di cui il presidente Reagan era solito dire che “noi siamo meglio dell’Urss perché noi abbiamo l’Ibm e loro no”. Il capitalismo moderno, insomma, non sta fornendo una buona immagine di se stesso.
E se dal cuore dell’impero, l’America, ci trasferiamo per un attimo qui in Italia, le cose non stanno molto meglio. Mentre la gente si accalca sulle spiagge e in riva ai fiumi per combattere questo caldo infernale, centinaia di agenti della guardia di finanza e di ispettori della Banca d’Italia e della Consob stanno buttando per aria i registri di tre o quattro banche italiane per fare luce intorno allo scandalo dei “corporate bond”. Intorno, cioè, a prestiti miliardari concessi a aziende oggi incagliate (e in guai molto seri). Ma concessi non con i fondi delle banche stesse. Per far arrivare i soldi a queste aziende le banche hanno piazzato presso il popolo dei risparmiatori obbligazioni a alto rendimento (cioè con alti interessi) e adesso c’è qualche dubbio sul fatto che i soldi prestati possano essere restituiti. Consob e Banca d’Italia vogliono vedere se i risparmiatori che, ingenuamente, hanno comprato quella roba (quasi carta straccia, ormai, in certi casi) sono stati adeguatamente avvertiti dei rischi che correvano. Se sono stati informati, cioè, che prendevano un interesse del 6-7-8 per cento (di questi tempi!) anche perché c’era qualche probabilità che tutto finisse in fumo. Dalle prime indagini sembra che in qualche caso questi “avvisi”, doverosi, non siano affatto stati dati.
Insomma, tanto in America quanto in Italia sembra che il capitalismo non abbia ancora trovato il modo di funzionare evitando che i risparmiatori siano truffati. E quindi si viene a scoprire che si è un po’ tutti sottoposti a un doppio rischio. Il primo è quello, accettabile, di investire i propri denari su un’impresa che poi si rivela non profittevole. Il secondo, non accettabile, è quello di mettere i propri denari in imprese sballate senza essere avvisati prima e senza, comunque, che il “sistema” (banche e autorità varie) controlli adeguatamente quello che sta succedendo. Il capitalismo come le fiere di paese, con i loro bravi giochi delle tre carte. E, ripeto, questo sulle due sponde dell’Atlantico.
Ma c’è ancora di più. C’è anche una sorta di truffa istituzionale, e è quella sui dati macro-economici. Venerdì scorso Wall Street è schizzata al rialzo (facendo chiudere in modo brillante tutte le Borse europee) perché i dati sulla perdita di posti di lavoro in America erano “buoni”: 17 mila invece degli attesi 33 mila. Ma proprio sul “Sole-24 ore” di ieri Fabrizio Galimberti (uno dei migliori economisti italiani) ha spiegato che si tratta di pura aria fritta. Tanto, dopo, questi dati vengono pesantemente rivisti. A luglio dell’anno scorso, racconta Galimberti, erano stati annunciati 54 mila posti di lavoro in più in America: dopo, con la revisione, sono diventati invece 179 mila in meno. A settembre è stata annunciata una perdita di 84 mila posti di lavoro, che poi però in sede di revisione si è trasformata in un guadagno di 65 mila. Ognuno di questi annunci ufficiali (come quello di venerdì) ha provocato investimenti nelle Borse (al rialzo o al ribasso) per migliaia di miliardi. Investimenti fatti su dati clamorosamente falsi, come poi ammesso dagli stessi enti governativi che li avevano comunicati.
Insomma, al di là dei seri problemi che affliggono il capitalismo (recessione, deflazione, incapacità di crescere da qualche anno a questa parte), adesso c’è anche questa scoperta: nonostante i potentissimi apparati di controllo, le piazze finanziarie, da Wall Street a piazza Affari, sono anche un po’ delle bische, dove avidi protagonisti truffano, tutti i giorni, ingenui risparmiatori, fornendo loro informazioni false, deviate, distorte, inventate.
Poi ci si lamenta perché, di quando in quando, i risparmiatori scappano dalle Borse. E’ un miracolo che ogni tanto ritornino.
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