*Sara Silano è Caporedattore di Morningstar in Italia. Il contenuto di questo articolo esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.
(WSI) – Tassi, tassi e ancora tassi. Li chiamano in causa i trader per giustificare un brusco calo delle Borse quando le strette monetarie sono al di sopra delle aspettative del mercato. Li passano ai raggi X gli economisti per cercare di capire i trend congiunturali. Sono entrati nel linguaggio comune dei risparmiatori, attenti all’impatto dei rialzi sui loro portafogli, e dei consumatori che devono fare i conti con rate del mutuo più esose.
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E in un mondo sempre più interdipendente, quello dei tassi è un argomento “globalizzato”. Questa settimana, l’attenzione si è concentrata sull’Europa, dove la Banca centrale ha deciso di alzare il saggio di riferimento di 25 punti base nella riunione di giovedì 8 giugno, come era largamente atteso dal mercato, portandoli al 2,75%. A fine giugno, si riunirà la Federal Reserve, ma il presidente Ben Bernanke ha lasciato intendere che potrebbe decidere una nuova stretta, dopo il rialzo dell’inflazione core, ossia quella depurata dalle componenti petrolio e beni alimentari. Tre mesi fa, anche il Giappone ha annunciato di voler porre fine alla politica ultra-accomodante di tassi zero, durata cinque anni.
Per la Bce il nemico numero uno resta l’inflazione, per cui non sono da escludere ulteriori aumenti dei saggi di riferimento nei prossimi mesi. L’istituto centrale europeo non ha, invece, cambiato le stime sul Prodotto interno lordo (Pil), che è previsto in crescita del 2,2% quest’anno e dell’1,8% nel 2007 a fronte di un costo della vita rispettivamente del 2,3 e 2,2%. Le valutazioni sono basate sugli ultimi dati macro che continuano ad essere incoraggianti.
Negli Stati Uniti, l’economia prosegue sul sentiero della crescita e i solidi profitti favoriscono la spesa per investimenti. Nonostante i tassi siano aumentati di 400 punti base dal giugno 2004 sono ancora inferiori dell’1,7% rispetto al saggio di incremento nominale del Pil. Come per l’Europa, il principale rischio è rappresentato dall’inflazione, ma la Federal Reserve ha dato chiari segnali di volerla tenere sotto controllo.
Il quadro macro non preoccupa neppure in Giappone, dove il Pil è cresciuto dello 0,5% nel primo trimestre 2006 e del 3% in termini tendenziali. E’ in espansione anche la produzione industriale, mentre i prezzi degli immobili sono tornati in positivo, altro segnale della definitiva uscita dalla deflazione. Sul fronte azionario, le valutazioni sono considerate dalla maggior parte degli analisti ancora attraenti e i fondamentali delle società buoni.
Perché i mercati sono crollati nelle ultime settimane, se i dati economici ed aziendali mostrano un trend positivo? E soprattutto, per quale motivo le parole di Bernanke hanno spaventato tanto gli investitori? Un aspetto chiave è rappresentato dalla liquidità disponibile nel sistema finanziario. La sua abbondanza ha permesso il rally delle Borse, comprese quelle emergenti, fino ad oggi, ma ora si sta assottigliando per effetto della fine delle politiche monetarie espansive. Tanto nel 1994 (per i bond) quanto nel 2000 (per le azioni), fa notare Joachim Fels, economista di Morgan Stanley, le crisi sono state precedute da un’acuta contrazione della base monetaria.
E’ vero lo scenario è cambiato, ma non va drammatizzato. I tassi di interesse sono in rialzo, ma ben sotto il loro livello neutrale. Più che essere restrittive, dunque, le politiche delle Banche centrali sono improntate alla riduzione della liquidità in eccesso. Il prezzo del petrolio è alto, ma non ha raggiunto i picchi dello shock del 1980. Secondo Michael T. Darda, capo-economista di MKM Partners e collaboratore regolare del Wall Street Journal, le quotazioni dovrebbero salire a 187 dollari al barile per equiparare quelle di 26 anni fa, considerando la crescita dei redditi nominali personali nel periodo. Infine, l’inflazione è in aumento, tuttavia Fed, Bce e Banca del Giappone sono vigili, per cui non dovrebbero esserci pericoli di fiammate incontrollate. In questo contesto, vale la pena lasciare aperta la porta dell’ottimismo, perché, come sostiene Darda, le azioni possono continuare a sovraperformare i bond, anche se inflazione e tassi salgono.
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