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(WSI) – Due volte nel giro di tre giorni. La prima lunedì da Bruxelles, via telefono, poco prima di sedersi al tavolo dell’Eurogruppo che si sarebbe occupato degli andamenti macroeconomici dell’Unione. La seconda ieri pomeriggio, di persona, di fronte ad un Berlusconi che tutto avrebbe voluto sentire tranne quella parola: dimissioni. E invece è proprio così. Giulio Tremonti ha lanciato la sua minaccia, vuole lasciare il governo.
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Il motivo scatenante è ancora una volta il suo vecchio nemico, quel Domenico Siniscalco al quale l’attuale titolare di via XX Settembre attribuisce tutta la colpa della condizione in cui si trovano i conti pubblici. Una condizione che già lo ha obbligato a una doppia manovra correttiva e che ora lo ha portato a scrivere una Finanziaria che, sono parole sue, «fa acqua da tutte le parti». Della reazione del premier non si ha notizia, ma è sicuro che, allergico com’è a questo tipo di sorprese, non deve averla presa nel migliore dei modi.
I bene informati sostengono che della cosa Tremonti potrebbe aver parlato anche con lo stesso Ciampi, che ieri ha visto al Quirinale in occasione del giuramento del tre nuovi giudici costituzionali. Ma se questa è poco più di una supposizione, quel che è certo è che tra Ciampi medesimo e il premier ieri sera c’è stato un colloquio, tenuto nascosto fino all’ultimo dai rispettivi entourage. Non che tra i due mancassero argomenti di conversazione, tanto più nel giorno di approvazione della ex Cirielli modificata secondo i suggerimenti venuti dal Colle, ma è lecito supporre che il piatto forte dell’incontro sia stato altro. Ad esempio quella minaccia di abbandono, arrivata per di più nelle stesse ore in cui il Senato diceva sì alla fiducia chiesta dal governo sul maxiemendamento al decreto fiscale collegato alla Finanziaria.
Perché, non fosse stato per Tremonti, la notizia ieri sarebbe stata questa. Su 289 senatori presenti, 163 hanno votato a favore e 126 hanno detto no alla fiducia. Ovviamente, l’opposizione ha motivato il suo no con critiche sia relative al metodo adottato dal governo («l’ennesimo ricorso al voto di fiducia»), sia ai contenuti del provvedimento, giudicato eterogeneo e contenente misure di scarsa efficacia se non lesive per i conti pubblici.
Tra le novità del provvedimento, le norme sulla privatizzazione dell’Anas, le norme per la semplificazione delle procedure di iscrizione al registro delle imprese, le norme relative alla tutela del made in Italy, le norme sulla manovrina di 5 miliardi recepite, tra l’altro, come misure per avviamento delle imprese come indeducibilità di minusvalenze su dividendi non tassati. E ancora: gli interventi in favore dell’utilizzo di gpl e metano per autotrazione, le misure per l’incremento dei livelli occupazionali e sull’efficienza della pubblica amministrazione.
Tra le pieghe del maxi-emendamento il governo ha inserito il cosiddetto prestito vitalizio ipotecario. In pratica chi ha compiuto 65 anni avrà la possibilità di ottenere un finanziamento pari al 50% del valore della casa di proprietà senza però l’obbligo di dover rimborsare né il capitale ricevuto né gli interessi. Ci penseranno gli eredi, che dovranno riscattare l’appartamento dopo la morte dell’intestatario, se non vorranno perdere la casa. Nel testo presentato dal governo si legge: «Il prestito vitalizio ipotecario ha per oggetto la concessione da parte di aziende e istituti di credito, nonché da parte di intermediari finanziari di cui all’articolo 106 delTesto unico bancario, di finanziamenti a medio e lungo termine con capitalizzazione annuale di interessi e spese, e rimborso integrale in unica soluzione alla scadenza, assistiti da ipoteca di primo grado su immobili residenziali, riservati a persone fisiche con età superiore ai 65 anni compiuti ».
Notiza nella notizia, il quotidiano Milano Finanza in edicola ieri ha scritto che Carlo De Benedetti ha costituito una società (“Finanza Attiva”) proprio allo scopo di costituire i prestiti vitalizi ipotecari. Per quanto riguarda la privatizzazione dell’Anas invece, si fa avanti l’ipotesi dello spezzatino, con la costituzione di diverse società alle quali verranno conferite le concessioni di tratte stradali e che dovrebbero incassare i pedaggi reali e figurativi. Queste società apriranno poi il loro capitale ai privati.
Ieri sono stati registrati alcuni commenti sul via libera del Senato alla fiducia. In particolare, per quanto riguarda l’informazione: «Un grande risultato per l’informazione radiotelevisiva locale: grazie a Forza Italia, il governo si è detto favorevole a confermare nella finanziaria il fondo di quasi cento milioni di euro a sostegno delle piccole emittenti private, eliminando ogni riduzione di stanziamento previsto». Lo ha detto il presidente dei senatori di Forza Italia, Renato Schifani. «Un contributo importante – ha sottolineato Schifani – che in tutta la legislatura Forza Italia e questo governo non hanno fatto mai mancare, a tutela della piena libertà dell’informazione».
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