Tremonti (finto-liberista) propone l’auto certificazione per migliaia di piccole e medie imprese
(WSI) – Il ministro dell’Economia ha annunciato ieri un provvedimento di autocertificazione per le piccole e medie imprese, per gli artigiani e per le attività di ricerca, che avrà durata di almeno due anni. È prevista una modifica all’articolo 41 della Costituzione, presumibilmente il comma che fissa i principi dei controlli pubblici. L’urbanistica avrà un regime a parte, ha spiegato il ministro. Giulio Tremonti ha fatto questo annuncio a margine del G-20 coreano e ha detto che è una misura studiata insieme al presidente del Consiglio. Una mossa molto liberista, che arriva dal ministro antimercatista, il quale l’aveva sostanzialmente anticipata lunedì scorso in una intervista al Corriere della Sera: «Una cosa che vorrei fare – aveva detto – è una norma rivoluzionaria per cui tutto è libero tranne ci che è vietato dalla legge penale o europea . Per due o tre anni».
Insomma il governo mette una fiche sulla «rivoluzione liberale» (Tremonti ieri), e sceglie una strada più dinamica per provare a rilanciare l’economia con la manovra in preparazione. Una mossa che non convince l’opposizione, subito apprezzata dalle imprese, e che comunque è destinata a dare una nuova mescolata ai rapporti interni al Pdl e alla discussione sull’identità del partito – sospesa tra il fanfanismo del programma del 2008 (molto social housing), il governismo post-dc e post-aennino e il richiamo alle origini, cioè il partito del taglio delle tasse e della deregulation.
Fino alla presentazione della manovra – anticipata di un mese per l’aggravarsi della crisi finanziaria europea innescata dalla Grecia – la mappa del Pdl era fatta di categorie classiche, i sopravvissuti del 1994, i ciellini, gli scajoliani (orfani), i fedelissimi del Cav., gli ex colonnelli di An molto ministeriali, gli ex socialisti uniti ma non sempre, i finiani, e poi le due distinte aree del potere di governo tra amministrazione ed elitè, organizzate intorno a Gianni Letta e Tremonti.
Con questa operazione, Silvio Berlusconi sottrarrà spazio a chi gli ha contestato nelle ultime settimane di aver rinunciato alla spinta liberale e – da questo punto di vista sarà interessante capire come gli osservatori valuteranno il fatto che sia stato Tremonti ad annunciare la svolta, se un segnale di unità e compattezza dopo le voci e le ricostruzioni degli ultimi giorni, sancita dalla nota di Palazzo Chigi sulla lealtà del rapporto con Tremonti, oppure come un segnale di rivendicazione del suo ruolo da parte del ministro.
D’altra parte, lo stesso Tremonti che ieri ha attaccato i poteri corporativi che hanno impedito il successo delle lenzuolate Bersani e del piano casa di Berlusconi, si guadagna nuovo spazio di manovra nei confronti di chi lo ha accusato di aver ecceduto in protagonismo contabile in queste settimane imponendo al governo non solo i saldi, ma anche la qualità dei tagli ai singoli ministri (e dopotutto – spiegano gli antitremontiani, che stanno soprattutto tra gli ex forzitalisti – tutta la polemica, evitabile ritengono, sulla cultura valeva soltanto 10,7 milioni di euro di tagli). Vedremo se l’annuncio, dunque, attenuerà l’atmosfera un po’ da Tremonti contro tutti tipica del varo delle finanziarie, ancorché stavolta mitigata dalla riluttanza dei maggiorenti pidiellini a esporsi contro il ministro.
Stando alle previsioni dei pidiellini al lavoro sui dossier economici, intorno al dibattito sulla manovra tutto si mescolerà. E volta per volta si creeranno alleanze a geometria variabile tra il partito dei ministri indisposto con Tremonti, la maggioranza berlusconiana e la minoranza finiana, tra partito del nord e partito del Sud, tra governo e presidenti delle regioni. Per esempio qualcuno già avverte che un terreno di tensione sarà quello del pubblico impiego. Un pezzo della maggioranza, e cioè gli ex aennini, il ministro della Difesa e quello degli Interni con pezzi di Lega sosteranno la linea dell’esclusione delle forze dell’ordine dal blocco dei rinnovi contrattuali.
Altro punto di tensione potrebbe arrivare dalla sovrapposizione tra le partite economiche e il dossier intercettazioni, su cui un pezzo della maggioranza manifesta nuovo malcontento nei confronti di Fini e dei suoi. Ma dal lato di Fini, qualcuno fa notare che invece potrebbero essere proprio le poste economiche il terreno per un eventuale riavvicinamento, ma nessuno è disposto a giurarci. Ieri, per esempio, il Giornale notava che Fini e i suoi avevano sfidato Berlusconi su due temi delicati: il rapporto con Sky, con l’incontro tra il presidente della camera e James Murdoch, figlio di Rupert, e sul legame con i t-party italiani, cioè i gruppi spontanei antitasse legati da un network molto attivo anche sul web. Ma chi ha partecipato alla colazione Murdoch-Fini dice che non c’è stato alcun accenno a Berlusconi, e che il tono dell’incontro si è tenuto rigidamente nel recinto istituzionale.
Quanto al network dei t-party è Benedetto Della Vedova, ex-radicale e parlamentare del Pdl vicino a Fini a seguire i ragionamenti del movimento italiano antitasse. Ma è ovvio che qualunque tentativo di spingere in direzione dei tagli fiscali (peraltro difficili da realizzare adesso senza pari riduzioni di spesa), sarebbe inevitabilmente depotenziato sul piano politico e simbolico se il disegno delle liberalizzazioni per le imprese andrà fino in fondo.
Copyright © Il Riformista. All rights reserved
************************
Scrive sulla proposta Tremonti Eugenio Scalfari, su Repubblica:
Tremonti ha fatto due giorni fa una sortita liberista: ha lanciato l´idea di abolire tutte le regole e gli adempimenti necessari a realizzare nuove iniziative imprenditoriali per quanto riguarda le imprese medio-piccole, per gli artigiani e per la ricerca. Basterà l´autocertificazione, salvo successivi controlli della pubblica amministrazione.
Dunque libertà totale per tre anni, poi si vedrà. Ma la proposta si scontra con l´articolo 41 della Costituzione che prevede libertà d´impresa purché produca effetti socialmente positivi. È dunque necessario riscrivere l´articolo 41 e ci vuole una legge costituzionale. Il tempo occorrente è di un anno, ammesso che quella legge passi in Parlamento con la maggioranza qualificata prevista. Insomma se ne parlerà, se va bene, nell´autunno 2011.
La proposta vale per le nuove iniziative. Quante saranno, in tempi di languore congiunturale? Quante di esse avranno successo?
Un grande effetto propulsivo ebbero una decina d´anni fa analoghi provvedimenti del governo irlandese in favore di iniziative provenienti dall´estero, incentivate anche con interventi creditizi e sgravi fiscali (che mancano nella proposta Tremonti). L´Irlanda fu citata come esempio da imitare in tutta l´area europea. Oggi tuttavia quella stessa Irlanda è uno degli Stati sotto tiro e il suo sistema bancario tra i più fragili dell´Unione.
Mi domando quanti saranno, in un paese come il nostro, gli imprenditori fasulli che, dopo aver autocertificato in proprio favore e avere ottenuto il necessario credito bancario, scompariranno dopo qualche mese lasciando un paio di capannoni abbandonati e portandosi via la polpa presa a credito. E mi domando anche quante saranno le nuove imprese che le mafie intesteranno ai loro amici.
Se debbo dirla tutta, queste sono trovate destinate ad avere qualche titolo di annuncio per le prime quarantott´ore, come il piano casa che, ad un anno da quando fu varato, non ha ancora prodotto un solo mattone.
Quanto al liberismo di Tremonti, la sua autenticità fa a pugni con il Tremonti-pensiero anti-mercatista. Lo conoscevamo come un seguace del colbertismo; scopriamo adesso che propugna un “laisser faire” pressoché totale. Tra questi due estremi un vero liberale propende per regole chiare, poche ma efficaci e severe, che tutelino la libertà d´accesso ai mercati e la lotta ai monopoli. Tutto il resto, come dicevano Luigi Einaudi ed Ernesto Rossi è aria fritta a beneficio delle cricche di vario genere e serve soltanto per ottenere il consenso dei gonzi.
Copyright © La Repubblica. All rights reserved