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TMT: TISCALI NELLA BUFERA

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Quella passata e’ stata sicuramente una settimana da dimenticare per Tiscali, che, tra dimissioni di manager e annunci di pesanti tagli alle spese, ha subito un vero e proprio tracollo dopo la pubblicazione dei dati trimestrali.

Tra gli altri, il gioiello di casa Soru è stato preso di mira dagli analisti di Lehman Brothers, che hanno assegnato alla società un giudizio negativo con raccomandazione di vendita, indicando il target price a 10 euro: in sole due sedute il titolo ha accusato una perdita di oltre l’11.1%, passando da 17.64 euro di giovedì a 15.68 in chiusura di settimana.

Eppure Tiscali ha rappresentato per molto tempo un fenomeno emblematico di successo nel business di Internet. Gli ultimi eventi, tuttavia, sembrano gettare molte ombre sulle capacità della società di affrontare il nuovo contesto competitivo.

Si tratta, infatti, del classico caso di azienda che ha saputo sfruttare al meglio un contesto di mercato favorevole, ma che ora si trova a dover affrontare uno scenario che si è evoluto non proprio nella direzione auspicata dal management.

BACKGROUND SOCIETARIO

Tiscali nasce a Cagliari nell’estate del 1997 grazie all’iniziativa di Renato Soru, che investe nel progetto circa 2 milioni di dollari, e alla sua ferma fiducia nelle opportunità offerte dalla liberalizzazione del mercato delle telecomunicazioni, che in quell’anno muoveva i primi passi in Italia.

Nel biennio successivo la società si consolida nella fornitura di servizi telefonici e per internet, lanciando a marzo del 1999 il nuovo servizio di accesso gratuito alla rete ed estendendo la sua attività su tutto il territorio nazionale.

A ottobre dello stesso anno, il grande salto: la società si quota (tra le prime a farlo) sul Nuovo Mercato italiano, in un momento che non potrebbe essere più propizio.

Esplode, infatti, proprio in quei mesi, negli Stati Uniti, il fenomeno delle aziende “dot.com”: società relativamente piccole che fanno della flessibilità del management, delle idee innovative e della comunicazione i principi portanti del loro business.

Approfittando di un contesto decisamente favorevole per i mercati azionari internazionali e dell’abbondante liquidità, queste matricole ottengono un successo insperato fra gli investitori.

Il contagio, seppure di dimensioni più contenute, si trasmette ben presto anche in Europa, con lo sviluppo dei cosiddetti “Nuovi Mercati” (Neuer Market tedesco, Nouveau Marché francese, Nuovo Mercato italiano), che accolgono le società ad alto potenziale di crescita (ma senza utili immediati) che desiderano quotarsi.

L’IPO di Tiscali ottiene un successo clamoroso: collocata ad ottobre ’99 a 4.6 euro, raggiunge il massimo storico il 6 marzo 2000 a 119.7 euro. A quei tempi, che oggi sembrano così lontani, ma che risalgono a meno di un anno fa, aveva suscitato notevole clamore il fatto che la sua capitalizzazione avesse raggiunto i circa 15 miliardi di euro, superando addirittura quella di FIAT, per anni regina pressoché incontrastata del listino milanese.

Un chiaro paradigma, un segno dell’incipiente nuova era: la old economy cedeva il passo all’esuberanza della new economy.

UN TITOLO IN DECLINO

Ma da allora l’esuberanza arranca, e il titolo Tiscali ha subito un lento ma inesorabile declino, di cui ancora non si riesce a vedere la fine. La società, giovedì scorso, ha annunciato risultati deludenti per il quarto trimestre del 2000, che potrebbero ridimensionare le sue ambizioni di presentare in tempi ragionevolmente brevi i primi utili.

Sì, perché nonostante la performance esaltante di Borsa subito dopo il suo debutto, Tiscali ha un bilancio in rosso: la perdita nell’ultimo trimestre ammonta a circa 13 milioni di euro, a causa di un incremento dei ricavi inferiore alle attese. Il che costituisce probabilmente un ostacolo al raggiungimento degli obiettivi per il 2001, fissati in circa un miliardo di euro di ricavi.

I vertici aziendali, nei giorni scorsi, si sono detti comunque fiduciosi per il futuro, e confidano nella possibilità di centrare l’obiettivo grazie ad “un paio di acquisizioni”.

La società conta, infatti, buone disponibilità finanziarie, valutate in circa 1.17 miliardi di euro, che potranno consentirle di concludere nuovi importanti accordi internazionali.

Soru, in più di un’occasione, ha dichiarato di voler costituire un operatore internet paneuropeo in grado di competere con i leader del settore, come la tedesca T on-line e il colosso americano AOL-Time Warner.

Il primo tassello in questa direzione è stato l’acquisizione di World on line, effettuata alla fine del 2000, per un ammontare di circa 5.1 miliardi di dollari, cui è seguita quella della francese Liberty Surf. Grazie a tali operazioni, di fatto, Tiscali è diventato il secondo operatore internet europeo (dopo la tedesca T on-line), con oltre 10 milioni di abbonati, di cui quasi 5 attivi (secondo stime diffuse dalla società stessa). In più, nell’ultima settimana l’ISP sardo ha annunciato anche l’acquisto del 70% di Excite Italia, uno dei portali più visitati, per un ammontare di 27 milioni di euro.

I PUNTI DI DEBOLEZZA DI TISCALI

Nonostante l’integrazione a livello europeo sembri l’unica strada perseguibile per acquisire potenzialità da leader, soprattutto in un mercato che punta alle dimensioni come fattore critico di successo (si pensi ad AOL-Time Warner), emergono, anche analizzando i risultati comunicati di recente, alcuni elementi problematici che potrebbero costituire un serio ostacolo alle ambizioni di Soru:

1. Innanzi tutto appare evidente come il contesto di mercato sia sensibilmente mutato negli ultimi mesi: si è, infatti, decisamente ridotta la propensione al rischio degli investitori. Il che si traduce in una minore disponibilità a finanziare iniziative che non sono in grado di produrre utili in tempi ragionevoli.

La crisi che ha interessato –e interessa tuttora- i titoli TMT è un riflesso di questo processo di maggiore selettività: è probabile che i capitali affluiscano verso società più solide e con le migliori prospettive reddituali.

E Tiscali, come si è sopra evidenziato, rischia di non far parte di quest’ultima categoria, visto che permangono ancora incertezze circa il raggiungimento degli obiettivi prefissati.

2. La riduzione dei budget di spesa pubblicitaria annunciata nelle ultime settimane da molti operatori internet rischia di contrarre ulteriormente i ricavi derivanti da questo business.

I relativi introiti, per Tiscali, nell’ultimo trimestre non hanno raggiunto i 3 miliardi di euro, e, data la minore disponibilità delle aziende a pagare per gli spazi pubblicitari sui portali come quello del provider di Cagliari, è lecito attendersi un contributo molto modesto da questa attività sui conti della società.

3. L’incremento della concorrenza nelle tariffe telefoniche riduce i margini derivanti dalla fornitura di questi servizi, che costituiscono la seconda maggiore voce di ricavo per Tiscali.

Nel quarto trimestre essa ha incassato dalla telefonia tradizionale solo 13.5 milioni di euro. Un discorso analogo vale anche per i servizi di connessione a internet: l’arrivo di nuovi competitors e la concorrenza degli operatori già esistenti erode sempre più la redditività del business.

4. L’incertezza nei tempi di sviluppo dei nuovi servizi di comunicazione, come la navigazione vocale in internet, rende difficile la quantificazione del contributo di queste potenziali aree di attività al conto economico.

5. La qualità del management, per quanto sia un elemento di natura immateriale e, pertanto, difficilmente traducibile in termini monetari, rappresenta la base per una società di successo. Gli eventi delle ultime settimane sembrano indicare una situazione, da questo punto di vista, non del tutto serena.

L’8 febbraio James Kinsella, ex presidente di World on line, e amministratore delegato di Tiscali ha rassegnato le proprie dimissioni, protestando dissapori e differenti vedute strategiche rispetto a Soru.

Neanche una settimana dopo, anche Pierre Besnainou, presidente di Liberty Surf, appena acquisita, ha lasciato la società per “insanabili incomprensioni” con il fondatore. Secondo le dichiarazioni rilasciate alla stampa, lo stesso Besnainou ha criticato la strategia seguita da Tiscali e ha sollevato dubbi sulla capacità di costruire sinergie fra i diversi internet provider europei.

Alla luce di queste considerazioni, sono condivisibili i timori espressi dal mercato negli ultimi giorni, e si ritiene che il titolo possa risultare ancora sotto pressione, insieme agli altri ISP europei.