I titoli telefonici non hanno ancora toccato il fondo: ne sono convinti analisti e trader interpellati da WallStreetItalia.
“Per essere precisi – spiega l’analista di una primaria Sim milanese – dal punto di vista dei fondamentali titoli come Telecom Italia a €12 o TIM a €7 hanno raggiunto sostanzialmente il loro valore di mercato; ma per motivi tecnici non mi stupirei di vederli scendere al di sotto di questi livelli”.
Così come un anno fa sull’onda dell’entusiasmo il mercato sperimentò una corsa al rialzo che pareva inarrestabile, oggi un eccesso di pessimismo potrebbe deprimere i titoli oltre il dovuto.
L’analista della primaria Sim ritiene accettabile un’oscillazione di circa il 10% in più o in meno rispetto ai valori di mercato: “se invece l’umor nero dovesse spingerli ancora più in basso, allora potrebbero scattare buone opportunità di acquisto. Penso a una Telecom Italia sotto ai €10,5 o una TIM sotto i €6”.
L’analista osserva che tutto il settore è destinato a passare attraverso una fase di grosse fusioni e aggregazioni, un po’ come accadde qualche anno fa nel comparto delle automobili.
“Dove i margini sono risicati e gli investimenti molto forti, restano in piedi solo i più grandi e i più forti”, avverte l’analista, dando spago a chi, dietro il ribasso delle quotazioni e le operazioni annunciate da Telecom Italia, vede già un socio in anticamera – Deutsche Telekom o una compagnia americana, a seconda delle voci.
La causa dell’affossamento dei telefonici, che sta mietendo vittime anche in Europa, sta nel pesante indebitamento delle aziende di telefonia.
“Per lo sviluppo del settore servono grandi investimenti – dice Francesco Amici, di Cofin Sim – e, per investire, le aziende sono costrette a indebitarsi; poi, per ottenere la liquidità necessaria a ripianare il debito sono costrette a mettere sul mercato i loro rami più appetibili, cioè il mobile”.
Ma il mercato ha mandato i suoi segnali ed è stato molto chiaro: “ne ha abbastanza di tutta questa telefonia che cerca di rastrellare soldi nelle tasche degli investitori”. Il collocamento di Orange, società di telefonia mobile controllata da France Telecom, l’ha dimostrato. (Vedi Tlc: Orange lascia l’amaro in bocca).
“In effetti quello di Orange è stato un collocamento negativo – riflette Donatella Principe, analista di Banca Popolare di Vicenza – anche perché ha avuto come conseguenza la riduzione implicita di tutte le società di telefonia mobile in Europa: con una valutazione più bassa il mercato non premia, e la conseguenza è che le agenzie di rating mettono sotto osservazione le società, e se per caso declassano il debito, aumentano le difficoltà per ripianarlo, in quanto costa di più”.
Certo, se la Banca Centrale Europea riducesse i tassi di interesse della zona euro, il costo del debito diminuirebbe automaticamente, ma i segnali di tensione provenienti dal fronte dell’inflazione fanno prevedere che le autorità monetarie di Eurolandia non ritoccheranno i tassi tanto facilmente al ribasso.
Le aziende si trovano così nella classica situazione del cane che si morde la coda. E, dovendo scegliere il male minore, finiscono per ricorrere comunque alla borsa.
Nonostante il momento non sia adatto, sono pronte a buttare altra carta sui mercati la tedesca T-Mobile, la britannica BT Cell Net, l’olandese KPN Mobile.
“Prevedo che se il mercato si risolleverà anche solo leggermente, assisteremo a una corsa a chi arriva prima in collocamento”, dice l’analista della primaria Sim milanese.
“New Wind? Non mi sembra proprio il momento”, sostiene Francesco Amici di Cofin Sim riferendosi a una recente dichiarazione del vertice di Wind su una possibile quotazione entro fine anno.
“Potrebbe collocare una quota , magari con contestuale aumento di capitale, ma sarebbe comunque una mossa inopportuna – afferma l’analista della primaria Sim – che troverebbe scarsa accoglienza da parte del mercato”.