In America i titoli della telefonia sono trattati al pari delle società che erogano acqua, luce e gas; in Europa sono invece assimilati a quelli a elevata crescita. Tuttavia appare obbligatoria una distinzione tra telefonia mobile e fissa. Se la seconda è una vera e propria utility, in riferimento ai propri tassi di crescita attuali e attesi, diversa è la situazione (e si prevedono le prospettive) per il wireless.
In questo comparto a maggior valore aggiunto Tim si è sempre distinta come uno dei player addirittura dai connotati difensivi. La sua volatilità, anche se elevata, si mantiene comunque inferiore alla media di comparto e, sebbene direzionalmente segua la dinamica settoriale, riesce comunque in termini di performance a garantire sempre un risultato migliore. La maggior componente difensiva dell’intera struttura sociale è rappresentata da un bilancio nettamente più solido della media di settore a fronte di una credibile (e sostenibile) strategia di sviluppo nazionale e internazionale (grazie anche alla nuova scelta di divisionalizzazione per tre aree paese con una struttura di corporate di coordinamento).
Imbrigliata nel blocco tecnico di un doppio minimo la quotazione del titolo per il breve medio periodo rappresenta ancora dei rischi e non può essere in grado di garantire una performance stabile. Del resto per chi volesse scegliere di esporsi nel business della telefonia Tim sarebbe probabilmente una scelta obbligata: in questo settore la variabile discriminante sta diventando sempre più il debito e Tim presenta una situazione finanziaria sostenibile ove non rosea; grazie anche alla liquidità della conversione delle azioni di risparmio, ma soprattutto a una campagna di acquisizioni delle licenze UMTS non scellerata.
Solo che il costo “industriale” per essere operativi nella telefonia di terza generazione implica una serie di investimenti a cascata e operazioni di ristrutturazione del business, per meglio seguirne l’evoluzione, che non sono senza costi e richiedono tempi lunghi di ritorno. Proprio lo scenario di medio-lungo periodo in cui è possibile collocare un recupero di elevati livelli di dinamismo e redditività implica una scelta di investimento differita nel tempo, con al massimo una possibilità di accumulo progressivo sui valori correnti. Tra l’altro la necessità di far affluire un flusso costante di liquidità alla capogruppo dovrebbe garantire ancora nei prossimi anni un elevato dividendo.
Il settore della telefonia mobile in questo momento è in piena fase di consolidamento, guidato in maniera decisa dalla necessità di creare una struttura di business che sia in grado di combinare in maniera efficiente le tre determinanti del circolo virtuoso della redditività: velocità, economie di scale e controllo dei costi. In Europa si registra una scarsità di asset con i quali consolidare il business attraverso acquisizioni e quindi molta parte della sfida la rivestirà la capacità di costruire e mantenere una solida base locale come punto stabile di partenza per l’esportazione del modello industriale.
In questo senso Tim, grazie anche alla maggior base domestica di sottoscrittori locali in Europa e all’interazione con Seat-Tin.it, ha l’opportunità di essere uno dei poli aggreganti nell’evoluzione del nuovo modello e della nuova struttura operativa nell’industria della telefonia mobile. Variabili chiave del successo della società saranno la strategia basata su un approccio di sistema aperto, la piattaforma multiaccesso, il target non sull’m-commerce ma sul SIM-commerce, lo sfruttamento di internet come motore per migliorare l’efficienza.
In occasione dell’ultima assemblea Tim ha varato le tre linee direttrici sulle quali si articolerà la strategia della società e che possono essere riassunte nell’obiettivo di cogliere le opportunità a maggior valore aggiunto che le nuove tecnologie offrono su scala mondiale. In particolare i primi due target risultano complementari e riguardano lo sfruttamento delle potenzialità aperte dall’UMTS con l’offerta di servizi innovativi legati alla multimedialità cellulare: per primeggiare in questo campo la società ha avviato accordi tecnologici con DoCoMo, che già questa settimana inizierà i primi test per la sperimentazione del servizio di terza generazione. Per sviluppare al massimo tutte le opportunità legate a questi primi due obiettivi la società si è data una forma evolutiva sempre più internazionale, ma che già può contare su una presenza in tredici paesi (Francia, Spagna, Austria, Grecia, Repubblica Ceca, Serbia, Turchia, Brasile, Perù, Venezuela, Cile, Bolivia, Argentina), con 48 milioni di linee (3 milioni in più dello scorso anno).
Se sul fronte internazionale Tim afferma di avere tutte le carte in regola per esportare il proprio modello di business con un successo che la porta a mirare a un attacco diretto al potere della Vodafone, la stessa Tim non resta esente da attacchi di competitor. E’ di questi giorni la sfida lanciata da Telefonica Moviles, uno dei pochi operatori europei che possa vantare conti in salute come quelli della società di telefonia mobile di Colaninno e che può contare su un business model molto aggressivo. Le fasce di interesse in Italia sarebbero molto mirate e riguarderebbero PMI, servizi a valore aggiunto, clienti di grandi dimensioni. Del resto la sfida Tim-Telefonica non sarebbe una novità, visto che si contendono già la leadership (per ora della società spagnola) del promettente mercato dell’America Latina.
Proprio in Sud America Tim ha riportato alcuni dei maggiori successi dell’esercizio: in Brasile, facendo perno anche sulle ultime tre licenze GSM acquisite, Tim si presenta come l’unico player a copertura nazionale come base per una rete GSM panamericana. In Perù, nonostante il lancio del GSM risalga solo al 25 gennaio, il numero di clienti ha già raggiunto le 34 mila unità; mentre in Turchia, a soli 5 mesi dall’aggiudicazione della licenza, i clienti sono già 75 mila. Le difficoltà macroeconomiche e strutturali che queste aree stanno però vivendo si sono già fatte sentire in questo primo scorcio di 2001 e potrebbero riservare ancora qualche negativa sorpresa nel breve-medio periodo.
Tuttavia a dispetto di quanti si attendevano e preannunciavano un rallentamento marcato nei conti della società, in linea con le difficoltà che altri operatori a livello internazionale stanno fronteggiando, Tim ha dimostrato il suo buon stato di salute. Nonostante infatti una quota di mercato in fisiologica diminuzione (da marzo 2000 a marzo 2001 si è ridotta dal 56% al 50%) che si associa a un trend decrescente della tariffe, la società è riuscita a garantire indicatori economico-industriali in buona salute ove non addirittura in evidente crescita. Balza agli occhi che la società riesca a presentare una redditività a livelli record (grazie anche al contributo determinate dell’impatto finanziario): il rapporto tra MOL (margine operativo lordo) e ricavi si attesta al 53,3%, che risulta il più elevato tra gli operatori di telefonia mobile al mondo.
Tuttavia è fisiologico che il settore della telefonia vedrà i propri margini messi progressivamente e sempre più sotto pressione: la condizione alti volumi con elevate tariffe non sarà più ripetibile e la discriminante maggiore nel settore sarà la capacità degli operatori di recuperare margini attraverso l’offerta di servizi a valore aggiunto abbinata al sempre maggior traffico dati al posto di quello voce. Ecco perché i numeri che creano maggiore interesse sono quelli legati ai VAS (servizi a valore aggiunto): se ancora nel primo quarto del 2000 i ricavi da questa fonte incidevano per un 4,4% sul totale dei ricavi da traffico, oggi, grazie a un incremento del segmento del 70,5%, hanno portato la loro incidenza al 6,8%. Con 13,8 milioni di sms inviati in media la giorno sulla rete Tim anche il primo trimestre dimostra come questo segmento esprima un buon potenziale; così come quello dei internet/wap, i cui ricavi sono cresciuti di ben tre volte.
Tim non solo è aperta a sfruttare le potenzialità insite nelle nuove tecnologie (sui cui ritorni però regna ancora sovrana l’incertezza), ma è stato sicuramente uno degli operatori che ha gestito in maniera più accorta il processo di investimento, così che oggi non si trova in una situazione di insostenibilità dei piani finanziari, con il vincolo di dover destinare il proprio cash flow a pagamento degli interessi sui debiti contratti. Anzi, se c’è un’accusa che la società si è spesso vista rivolgere dal mercato è quella di non sfruttare nel modo dovuto la leva del debito.
Tuttavia un’azione più decisa su questo fronte (come sembra per altro essere stato confermato dal management), unita alla capacità confermata di generare elevati cash flow operativi dovrebbe mettere Tim nella felice condizione di godere di un vantaggio competitivo di medio periodo rispetto ai maggiori competitors. Ecco perché non si teme che il piano di investimenti da €10 miliardi in tre anni messo in campo dalla società (che comunque continua a privilegiare le partnership commerciali, anche aggressive, alle acquisizioni dirette) possa produrre un effetto zavorra sul bilancio: se il 2000 ha consentito uno chiusura con posizione finanziaria netta per €2,4 miliardi di cassa, il 2001 si dovrebbe chiudere in sostanziale pareggio.
La società, in quanto parte integrante di un ex-monopolista, ha poco da lamentarsi per la concorrenza sleale che le potrebbe derivare da altri operatori che sfruttino l’appoggio di una partecipazione pubblica per godere di un indebito vantaggio; ma ciò non toglie che la discesa in campo di New Wind potrebbe rappresentare un reale problema per la società di Colaninno.
*Donatella Principe è responsabile della ricerca economica presso il centro studi del Gruppo
Banca Popolare di Vicenza.