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Thailandia: nuova normativa sugli investimenti

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Ad appena una settimana dalla serie di attentati che sconvolgono la città di Bangkok e a meno di un mese dal provvedimento anti-speculazione, i nervi della comunità finanziaria internazionali sono nuovamente messi a dura prova dall’Esecutivo militare thailandese, che vara una normativa che rivede le forme di investimento nelle società locali da parte degli operatori stranieri. L’effetto in Borsa è immediato: l’indice Set chiude le contrattazioni in calo del 2,69 per cento a 616,75 punti, il livello più basso degli ultimi due anni. In flessione anche il bath, la valuta locale, che segna un calo dello 0,9 per cento nei confronti del dollaro a quota 35,87. L’intenzione del Governo è quella di far sì che gli investitori stranieri non utilizzino più prestanomi al fine di aggirare le severe norme che impediscono loro di detenere il controllo legale di società operanti in settori strategici, come telecomunicazioni e vendite al dettaglio. La Thailandia limiterà così al 50 per cento la proprietà straniera in alcune delle principali aziende del Paese. Il tetto del 50 per cento varrà adottato sia per le quote di partecipazione azionarie, sia per i diritti di voto. “Entro un anno – dice il ministro delle Finanze, Pridiyathorn Devakula – gli investitori stranieri che controllano una partecipazione superiore al 50 per cento dovranno ridurre la loro quota”, mentre “gli investitori esteri che controllano oltre il 50 per cento dei diritti di voto dovranno abbassarli entro due anni”. Inoltre il tetto del 50 per cento sarà applicato in quelle aziende che operano nell’ambito della sicurezza nazionale, o con un forte impatto sullo sfruttamento delle risorse nazionali, o con la cultura Thai. La normativa costringe molti investitori stranieri a cedere ai loro partner locali la maggioranza dei diritti di voto. Qualora il provvedimento venisse approvato, a finire danneggiati sarebbero, secondo il Wall Street Journal, compagnie del calibro di Telenor, Tesco e Carrefour. La ragione di questo nuovo giro di vite va ricercata nello scandalo-Temasek che sancisce di fatto la fine del Governo di Thaksin. Aggirando le norme che limitano la presenza straniera, Temasek, il braccio finanziario dello Stato di Singapore, lo scorso anno fa ricorso a prestanomi a cui intestare il controllo legale della compagnia per acquistare dalla famiglia dell’ex premier Thanksin la società Shin Corp per 1,9 miliardi di dollari. Un’operazione, questa, che provoca un’ondata di proteste per tutta la Thailandia che sfociano poi nel golpe militare. Bisognerà ora però vedere come si concluderà la vicenda, che rischia di destabilizzare seriamente l’economia del Paese asiatico. Peter Van Haren, presidente delle Camere di commercio estere del Paese, avverte che potrebbero essere “migliaia” le realtà che potrebbero finire danneggiate dalla nuova normativa, lasciando intendere come dietro la decisione del Governo vi possano essere motivi prettamente politici. Seppur giovane, il Governo thailandese non sarebbe nuovo a improvvisi dietrofront. Il mese scorso, dopo aver imposto agli operatori stranieri il mantenimento per almeno un anno del 30 per cento degli investimenti fatti in asset locali su un conto corrente bancario locale, l’Esecutivo militare decide, il giorno seguente, di esentare gli investimenti in azioni.