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Thailandia: borsa, crollo record per i titoli

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Il Governo thailandese interviene sulla questione delle restrizioni sui movimenti di capitali annunciate due giorni fa in nottata dalla Banca centrale, che causano ieri il crollo della Borsa locale del 14,84 per cento, segnando la peggiore performance nei suoi trentuno anni di storia. Per evitare che le misure tese a impedire l’afflusso speculativo di capitali si riveli un boomerang che rischi di provocare una fuga in massa degli investitori, il ministro delle Finanze, Pridiyathorn Devakula, rende noto di voler esentare dalle restrizioni sui capitali gli investimenti diretti (Fdi) e quelli in azioni, confermando le misure sul mercato obbligazionario, “principale canale di apprezzamento” del bath, la valuta locale. “Dopo aver parlato con gli operatori finanziari dobbiamo introdurre delle misure al fine di ammorbidire velocemente le restrizioni che abbiamo varato, ma non so ancora dire quando questo avverrà”. È quanto afferma da Bangkok Nitaya Pibulratanagit, alto funzionario della Banca centrale thailandese nel corso di un incontro con le case di brokeraggio locali e internazionali. A quanto si apprende, tra le misure al vaglio della Banca centrale vi sarebbe l’innalzamento dei limiti oltre i quali scatta il provvedimento di restrizione previsto attualmente a 300 milioni di bath, circa 20mila dollari. Si spacca intanto la comunità finanziaria internazionale sui rischi che la crisi che colpisce la Borsa di Bangkok possa estendersi ai mercati asiatici. Secondo Shahab Jalinoos di Abn Amro, vi è il rischio che la decisione possa essere adottata anche da altri Paesi della regione, come Indonesia e Filippine, che assistono anch’essi al forte rialzo delle rispettive valute. Jonathan Anderson di Ubs in un report inviato alla clientela scrive come il caso thailandese rimane “isolato”, ammettendo però che potrebbe verificarsi “un piccolo contagio a livello regionale”. “Il danno è stato fatto – avverte Axel Merk di Merk Hard Currency Fund – la fiducia è stata erosa”. Per Goldman Sachs è invece improbabile che i controlli sul movimento di capitali varati in Thailandia vengano adottati altrove. La banca d’affari Usa spiega il forte apprezzamento delle valute regionali con il relativo surplus delle partite correnti.