Società

TENERSI BEN
STRETTO IL TFR

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*Beppe Scienza e’ docente di Metodi e modelli per la pianificazione economica all’Università di Torino e autore del libro «Il risparmio tradito». Il contenuto di questo articolo esprime il pensiero dell’autore e dell’intervistato e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

(WSI) – L’ultimo numero di Famiglia Cristiana (n. 2 datato 14-1-2007) contiene una guida alla liquidazione o Trattamento di fine rapporto (Tfr), curata e introdotta, in modo molto corretto, da Giuseppe Altamore. Già solo a sfogliarla si vede lo stile diverso rispetto a tante indecenti guide del Mondo, del Sole 24 Ore ecc. con pagine di pubblicità per gli stessi prodotti e società celebrati nei testi redazionali.

Essa contiene invece una mia intervista per la striminzita serie “Perché no ai fondi pensione”. L’intervista, a pag. 79 del settimanale, è intitolata “E’ prudente tenersi ben stretto il Tfr” ed è riportata anche nel mio sito www.beppescienza.it

Fra l’altro molti farebbero bene a rivalutare la stampa cattolica, in particolare perché i suoi giornalisti non si sentono tenuti ad atteggiamenti di reverenza e devozione nei confronti della Confindustria, del Sole 24 Ore, della Bocconi ecc. Ritengono anzi che l’adorazione sia dovuta a Qualcun Altro (B.S).

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TFR, GUIDA ALLA SCELTA

a cura di Giuseppe Altamore

È PRUDENTE TENERSI BEN STRETTO IL TFR

Per il professor Beppe Scienza, la previdenza complementare non garantisce il potere d’acquisto delle somme versate.

Che cos’è che non va nella legge sulla destinazione del Tfr alla previdenza complementare?
«Oltre alla subdola clausola del silenzio-assenso, soprattutto una grave disparità di trattamento: chi tiene il Tfr nella forma attuale potrà sempre cambiare idea; chi passa alla previdenza complementare, non potrà mai tornare sui suoi passi. Poi ci sono vere e proprie assurdità».

Ci faccia un esempio…
«Nei fondi pensione chiusi piazzeranno i propri uomini (e donne) sia i sindacati sia le aziende. Ma qui la concertazione non ha nessun fondamento: i soldi nei fondi spettano solo ai lavoratori che aderiscono. Che cosa c’entrano i datori di lavoro?».

Eppure è una legge che gode di un largo consenso…
«Diciamo pure che è un esempio da manuale di un provvedimento cosiddetto bipartisan: il Governo Prodi ha anticipato in fretta e furia la riforma Maroni-Tremonti, praticamente senza cambiarne una virgola».

Ma nella sostanza conviene tenersi il Tfr o aderire a un fondo pensione?
«Per chi entra ora nel mondo del lavoro, rinunciare al Tfr vuol dire non ricevere più la liquidazione nel momento in cui venisse licenziato: già questo è molto grave. Per tutti significa che, all’età della pensione, almeno metà del capitale nel fondo sarà obbligatoriamente convertito in una rendita a condizioni decise da altri. In ogni caso è prudente tenersi ben stretto il Tfr finché non esistono fondi che garantiscano il potere d’acquisto delle somme versate».

Quali garanzie abbiamo che la gestione dei fondi sia trasparente?
«La legge sulla previdenza complementare non impone nessuna particolare trasparenza, per cui è scontato che essa sarà ancora minore rispetto a quella (quasi nulla) dei fondi comuni d’investimento».

È vero che la pensione integrativa sarà liquidata un giorno da una compagnia di assicurazioni?
«Potrebbe anche essere lo stesso fondo pensione a farlo. In entrambi i casi si corrono rischi d’insolvenza, perché non esiste nessun fondo di garanzia, come invece per i soldi depositati in banca».

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Chi ci guadagna di più dai fondi pensione: il lavoratore o il gestore?
«Il gestore ci guadagna comunque vadano le cose. Il rischio è scaricato tutto sul lavoratore, che può guadagnarci o rimetterci anche molto. Il vero vantaggio del Tfr non risiede comunque in un’alta redditività, ma in un’elevata sicurezza».

Ma i fondi pensione possono anche fallire?
«No, ma in situazioni come quelle degli anni Settanta, un fondo azionario perderebbe anche il 75 per cento del suo valore reale. In un caso simile i ¾ della pensione integrativa andrebbero in fumo. Il limite di tutta la previdenza complementare è l’assenza di garanzie in termini reali, mentre il Tfr difende egregiamente il potere d’acquisto delle somme accantonate».

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