(WSI) – Se il referendum in Venezuela non riuscirà a stabilizzare il paese, il mercato petrolifero verrà sottoposto a nuove tensioni. E’ l’incognita maggiore sull’economia mondiale, ma non la sola. Il ciclo internazionale, infatti, sta mostrando un preoccupante rallentamento. La locomotiva americana sbuffa, il Giappone rischia di cadere nel decennale letargo dal quale sembrava uscito, l’Europa arranca con la sola eccezione della Francia (ma bisogna aspettare l’autunno per capire il vero stato di salute della congiuntura transalpina).
Vediamo qualche cifra. Negli Usa, le stime di una crescita del 3% nel secondo trimestre 2004, vengono ridimensionate a un modestissimo 2,5%. Confermando così i dati sulla debole crescita dell’occupazione che stanno facendo rizzare i capelli in testa alla Casa Bianca. Il Giappone, sempre nel secondo trimestre, mostra un tasso di sviluppo dello 0,4% in termini reali, un tonfo dopo l’1,6% registrato nel primo trimestre. Ma in termini nominali (cioè tenendo conto della inflazione, pardon deflazione) va ancora peggio: il Sol Levante è sotto zero, esattamente -0,3%. Ormai dovremmo chiamarlo sol calante.
Quanto all’Eurolandia, anche qui siamo tornati vicino allo zero. Il prodotto lordo è salito solo dello 0,5%. Davvero difficile che questa estate a bassi consumi un po’ ovunque dia stimolo a una congiuntura in evidente discesa ovunque.
Quali le cause? Si invoca il petrolio, naturalmente, le tensioni in Iraq, la guerra al terrorismo tutt’altro che vinta, le inquietudini dei mercati, le incertezze degli operatori, insomma, ciascuno applica la sua chiave di interpretazione e la sua dottrina economica. L’indice Michigan, che misura la fiducia degli americani, è sceso ad agosto di 2,7 punti, quello dei consumatori in senso stretto di 6,5%. Segno chiarissimo che le aspettative sono girate al peggio.
Il ciclo cominciato l’anno scorso è già maturo, come sostengono alcuni? Sarebbe una delle riprese più brevi e più deboli della storia negli Stati Uniti. In Europa non ce ne siamo accorti (in Italia ancor meno). Può darsi che sia una battuta d’arresto momentanea. Ma non si vede la driving force che possa portare l’economia mondiale fuori dalla palude. E anche un temporale in Venezuela può provocare un uragano.
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