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TELECOM ITALIA: E’ IL MOMENTO DI COMPRARE?

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Il 14 marzo 2001 le tlc europee e Telecom Italia hanno toccato il loro minimo: eppure Telecom continua a sovraperformare il settore e viene da molti considerata un investimento difensivo tra i titoli della crescita.

Dal lancio dell’Opa Olivetti i titoli Telecom si sono apprezzati fino a raggiungere il 16 febbraio del 2000 il loro massimo a €20.065: da allora il crollo fino al minimo del 14 marzo scorso a €10.75. Eppure Telecom continua a sovraperformare gli altri competitors a livello europeo, viene considerata paradossalmente quasi un investimento difensivo nell’ambito delle tlc e si è sottratta alla pioggia di downgrade e outlook negativi che hanno interessato le rivali dell’Eurostoxx.

Alla fine quello con cui si confronta il mercato è un risultato meno negativo della media di settore, ma la domanda che oggi ci si deve porre è se vale la pena di inserire questo titolo in portafoglio o, per chi lo avesse già scelto tra i propri investimenti, quali sono le prospettive. Un’analisi storica aiuta a fare il punto della situazione.

E’ chiaro che buona parte dell’upside del titolo non è stata generata dall’emersione di valore conseguente l’Opa, ma dell’ubriacatura di new economy di cui è stato vittima il mercato fino al marzo del 2000: dato l’effetto scarsità sui tecnologici in Europa si sono dirottati gli investimenti sulle tlc, usandole come succedanei. Inoltre nella gestione della società non sono mancati errori, che possono dare ragione di alcune fasi di debolezza della quotazione. Molti di questi discendono direttamente dalla necessità (e difficoltà) del management nel gestire al meglio gli equilibri finanziari del gruppo in un contesto di indebitamento crescente, mantenendosi in linea con le attese del mercato (le azioni Telecom non mancano in alcun fondo istituzionale europeo o di settore).

Un capitolo dolente è sicuramente quello delle azioni di risparmio. Alla fine della telenovela infinita, da parte di molti analisti e investitori resta perplessità sull’operazione soprattutto per tre ragioni: 1) il buy back sotto forma di Opa sulle azioni ordinarie che sarà realizzato con i 10-13 mila mld della conversione non coincide con la distribuzione di un dividendo straordinario a beneficio dei soli azionisti ordinari, escludendo quelli di risparmio? 2) con questa operazione non si chiede sostanzialmente ai soci di risparmio della Telecom di ripagare i debiti di Olivetti, invece di rivolgersi ai soci di Olivetti stessa? 3) questa operazione (come altre sul capitale) non è finalizzata più a sciogliere i nodi e i problemi dei soci di riferimento piuttosto che a creare valore per gli azionisti? Sicuramente non depone a favore della società il comportamento poco trasparente tenuto fino ad ora, o il tentativo, immediatamente rimangiato, di privare gli azionisti Telecom di Tim subito dopo l’Opa, usandola per ricoprire le migliaia di miliardi di debiti in capo a Tecnost.

Tutti qui i punti negativi? Purtroppo no. Il mercato non ha digerito bene il mancato accordo, tanto sbandierato all’inizio, con Deutsche Telecom; o la mai avvenuta Opa su HdP. C’è poi stato il fallimento di Iridium nella telefonia satellitare, l’attuale scandalo Telekom Srbjia e un paio di operazioni di cosmesi finanziaria per abbellire i bilanci; oltre alla difficoltà con la quale Morgan Stanley riesce a trovare una soluzione al problema del collocamento della quota residua del Tesoro. E non ultimo l’approdo impantanato nella televisione attraverso Seat-Tmc.

Eppure in occasione di un downgrade nell’ordine del 28% sui titoli tlc europei (da KPN a Deutsche Telekom a Telefonica) ABN non solo ha risparmiato Telecom, ma ne ha anche rivisto al rialzo il rating da HOLD a BUY. Merril Lynch le ha attribuito il rating Accumulare con target a 17€, considerando Telecom avanti di 12 mesi per la struttura di rifocalizzazione rispetto ai competitors; e sulla stessa scia si è mossa Bank of America con un BUY e target a 15€, o Rasfin, con prezzo obiettivo a 15,1€.

Dove allora le ragioni di queste valutazioni e quali le prospettive?
Prima di tutto il management, incentivato anche da una politica aggressiva di stock option alla creazione di valore, si è concentrato molto sulla ristrutturazione sia finanziaria che operativa di Telecom. Le principali riorganizzazioni hanno interessato la vendita di attività non core per un controvalore di €1 miliardo (con €4 miliardi di ricoperture di capitale); fusioni internazionali e razionalizzazione degli asset di riferimento, le conversioni delle azioni di risparmio di Seat e Tim; la fusione Seat-Tin.it; il tentativo di ridare fiducia al pubblico attraverso la semplificazione della catena di controllo; la riduzione di 18.000 unità nelle divisioni che generavano EBITDA (utile operativo lordo) basso o nullo (con contributo al contenimento dei margini); l’asset swap che ha comportato un incremento della partecipazione in Tim (con ricaduta positiva in caso di upside della controllata); un livello di debito inferiore a quello dei competitor a fronte di un incremento della visibilità degli utili; diversificazione internazionale alla ricerca di mercati ad elevata crescita con aggiudicazione delle licenze gsm in Perù, Turchia, Venezuela e Cile; l’aggiudicazione da parte della controllata Tim al prezzo più basso della licenza UMTS in Italia. Ma soprattutto, al fine di meglio gestire le attività estere e di incrementarne la visibilità Telecom ha avuto il pieno controllo di SIN (holding internazionale nel fisso): il che, oltre a essere coerente con un logica di buon senso, permette una migliore focalizzazione sui target.

E per il futuro? Nonostante la sovraperformance a livello europeo Telecom resta ancora su livelli di prezzo interessanti e appare a sconto del 23% circa sull’EV/EBITDA 2003 rispetto ai competitor. La riconquista di valore delle sussidiarie potrebbe garantire un buon upside, supportato anche dalle prospettive sul fronte internazionale, che le consentirebbero di beneficiare del consolidamento futuro del business delle tlc non solo in Europa ma anche in America Latina (dove la telefonia tratta a sconto e ha elevati tassi attesi di crescita).

Non solo la società ha dimostrato di saper guardare avanti con la creazione della divisione indipendente Telecom Italia IT, ma ha ancora spazi di performance sui fondamentali, anche perché Telecom sta riuscendo a presidiare le quote di mercato meglio del previsto nel processo di liberalizzazione del mercato, ha ottime possibilità di recupero sui margini operativi, (con controllo dei costi), ha invertito il trend dell’EBITDA e ha dimostrato una tenuta sui ricavi superiore alle attese, per la capacità di contrastare la concorrenza anche con l’introduzione di schemi tariffari innovativi (-13,7% dei proventi tariffari compensati dal +25% dei volumi di traffico, con riduzione del costo medio per minuto del 34,7%). E poi non va dimenticato il premio speculazione legato alla scommessa Oli-Telecom, anche come difesa da take over ostili e l’elevato dividendo che sarà distribuito nel tentativo di generare cassa per la holding.

Due sole perplessità: 1) in America le tlc sono trattate come utility (e hanno quindi multipli ben diversi) e non come titoli growth (data anche la loro dipendenza dal traino della tecnologia); 2) la società è nel pieno del ciclo degli investimenti…e l’esplosione del valore non è dietro l’angolo.

*Donatella Principe è responsabile della ricerca economica presso il centro studi del Gruppo Banca Popolare di Vicenza.