*Maurizio Milano e’ il responsabile dell’ Ufficio Analisi Tecnica del Gruppo Banca Sella.
(WSI) – La divergenza tra l’indice Dow Jones Industrial ed il Dow Jones Transportation degli ultimi mesi, con il primo indice in stallo ed il secondo che tocca nuovi massimi per l’anno, è stata letta da autorevoli analisti come una spada di Damocle che pende sul destino dei mercati azionari (vedi l’articolo di Wall Street Italia dal titolo TEAM AMERICA: CATASTROFISTI E ORSI IN AGGUATO e la risposta di Alessandro Giannotti, di Consultique TEAM AMERICA: DOW THEORY, ECCO L’INTERPRETAZIONE).
Se a questo si aggiunge un indice S&P 500 laterale nonostante una volatilità sui minimi da anni (il Vix schiacciato in area 13-15), sembra proprio che i mercati azionari siano destinati a scendere. Si preannuncia quindi un 2005 all’insegna del ribasso? Oppure, come spesso capita quando le cose sembrano volgere al peggio ed il pessimismo domina sovrano, siamo invece alla vigilia di un mercato rialzista? Un 2005 anno dell’Orso oppure anno del Toro? E se invece il 2005 fosse un mercato sostanzialmente laterale? Insomma, un 2005 Anno del Coniglio?
Iniziamo dalla divergenza tra i due indici Dow Jones, quello industriale e quello dei trasporti. Charles H. Dow, considerato il padre dell’analisi tecnica, ideò a fine Ottocento due indici per rappresentare in modo sintetico l’evoluzione del ciclo economico e quindi del mercato borsistico: l’indice industriale e l’indice dei trasporti ferroviari (il Railway Index), oggi conosciuti come Dow Jones Industrial e Dow Jones Transportation.
Secondo Dow, un movimento direzionale affidabile, destinato a durare anni (il cosiddetto movimento primario) avviene solo quando i due indici si confermano a vicenda. Se si notano delle divergenze, che si prolungano per molti mesi, si hanno dei campanelli d’allarme sulla prosecuzione del trend in essere. Dow insisteva anche sulla necessità di volumi nella direzione del trend, per cui un movimento rialzista dei prezzi ma con volumi in calo è destinato ad avere vita breve. E concludeva dicendo che un trend si deve ipotizzare in essere fino a prova contraria.
Ora, cosa sta succedendo ai due indici che sembra preoccupare così tanto molti osservatori? Succede che da circa 6 mesi il Dow Jones Industrial si muove lateralmente, mentre il Dow Jones Transportation ha toccato nuovi massimi per il 2004. In passato, i 2 indici hanno dimostrato di muoversi con una certa sincronia, con alcune eccezioni. Negli anni ’70, entrambi gli indici partono al rialzo nell’autunno del 1970, con un Dow Jones Industrial che inizia a scendere all’inizio del 1973, anticipato da una discesa del Dow Jones Transportation che inizia già nel mese di maggio del 1972. La discesa, su entrambi gli indici, si esaurisce alla fine del 1974.
Dunque, il DJ Transportation aveva correttamente anticipato la correzione dell’Industrial. Ciò si è verificato anche agli inizi degli anni ’80, dove parte un trend rialzista nel DJ Transportation, seguito con un ritardo di oltre 2 anni dal DJ Industrial. Questo movimento rialzista, destinato a durare per circa 20 anni, si esaurisce a maggio 1999 per il DJ Transportation ed a gennaio 2000 per il DJ Industrial. Quest’ultimo tocca poi i minimi nell’ottobre 2002, ed inizia a risalire nel mese di marzo 2003, insieme al DJ Transportation. Entrambi si trovano al momento al di sopra delle medie mobili a 5 anni. Cosa concludere?
La “storia” ci insegna che in alcuni casi il DJ Transportation sembra anticipare il DJ Industrial, ma ciò non accade sempre. Le divergenze osservate non sono così tante per consentire di trarne delle conclusioni significative. Difficile davvero parlare di “leggi”, od anche solo di “regolarità statistiche”. Per di più, una salita del DJ Transportation sopra i massimi del 2004 potrebbe venire letta non come una divergenza foriera di una discesa del mercato, ma come un segnale anticipatore di quanto potrebbe fare il DJ Industrial nei prossimi mesi.
O, comunque, la divergenza tra i 2 indici potrebbe essere letta come un segnale di incertezza, che rende poco probabili forti discese o forti salite, facendo pendere l’ago della bilancia per la prosecuzione della fase laterale, di stallo. A ciò bisogna aggiungere un’analisi della volatilità, dove si nota che l’indice Transportation è maggiormente volatile di quello Industrial, per cui ne amplifica i movimenti, sia al rialzo che al ribasso. Ad esempio, rispetto ai massimi storici, l’indice Transportation è arrivato a perdere circa il 50 %, a fronte di un – 39 % dell’Industrial.
Rispetto ai minimi toccati a fine 2002-inizio 2003, l’indice Industrial è rimbalzato di circa il 54 %, a fronte di una salita del 69 % per il Transportation. Rispetto ai massimi storici, non emergono però differenze significative: il Transportation è sotto del 17 %, mentre l’Industrial del 14 %, a conferma della stretta correlazione tra i due indici.
Personalmente ritengo quindi che il nuovo massimo del Transportation rifletta semplicemente la maggiore volatilità di questo indice, che aveva perso di più durante lo scoppio della bolla, ed ora sta recuperando il terreno perduto con una dinamica di salita più veloce rispetto all’Industrial. Non mi pare quindi che si tratti di un segnale “forte”, a cui attribuire chiare implicazioni direzionali, né ribassiste né rialziste.
Alle considerazioni di cui sopra bisogna aggiungerne un’altra di tipo “fondamentale”. La teoria di Dow era stata elaborata pensando ad un’economia industriale, la cui salute era rispecchiata da un sistema industriale che produceva merci e da un sistema di trasporti che le faceva arrivare al consumatore. Ciò rimane vero ancora oggi, ma la nostra economia post-industriale è sempre più basata sui servizi, che vengono “trasportati” anche su reti telematiche e non solo con i treni e gli autoveicoli. Bisognerebbe forse creare un nuovo indice, in cui oltre ai principali titoli presenti nel Dow Jones Transportation venissero inclusi anche i titoli più rappresentativi del Nasdaq.
Veniamo alla seconda argomentazione, la “divergenza” tra un indice S&P’s 500 in stallo ed una volatilità ai minimi. Trend rialzisti sostenuti in genere iniziano quando la volatilità tocca dei picchi e poi inizia a scendere, come è successo lo scorso anno. Una volatilità sui minimi riflette un quadro in cui il rischio percepito è molto basso, per cui nessuno vende, ma gli spazi di ulteriori contrazioni della volatilità sono così contenuti per cui sembra che sul mercato azionario ci siano più spazi per ampie correzioni che per forti salite.
In ottica intermarket l’ottima tenuta del tasso fisso conferma come fiammate sul fronte azionario siano ritenute poco probabili. Il mercato azionario sembra pagare un 2003 di salita pressoché lineare, senza correzioni significative. Una correzione avrebbe consentito una risalita della volatilità, avrebbe fatto segnare un minimo significativo sugli indici azionari, da cui la salita poteva riprendere con rinnovato vigore. E invece siamo intrappolati in movimenti laterali da oltre un semestre, come se gli indici avessero voluto scaricare eventuali eccessi nel tempo anziché nello spazio.
Cosa concluderne? Una forte discesa sembra poco probabile, anzi pare ci siano gli spazi per una prosecuzione del mini-rally in essere da metà agosto, con un S&P’s500 che potrebbe anche toccare quota 1200 entro fine anno. Tuttavia anche la salita sembra destinata ad avere il fiato corto, e dovrebbe essere seguita da una correzione e quindi da una lunga fase laterale, in intervalli però più ampi rispetto a quelli degli ultimi mesi, con una volatilità in ripresa anche se comunque contenuta.
Una “grande lateralità” sembra essere il destino dei mercati azionari per molti mesi a venire, riflesso borsistico di una necessaria fase di convalescenza per un’economia che esce dall’euforia degli anni ’90 e si trova ad affrontare grandi sfide, dal problema energetico e delle materie prime al debito Usa, dalle rigidità strutturali europee all’autunno demografico dei Paesi occidentali, dalla competizione asiatica al terrorismo internazionale di matrice islamica.
Insomma, un 2005 né Toro né Orso, un “Anno del Coniglio”, come ipotizzato in apertura, cioè un mercato senza idee forti, senza chiara direzionalità, in cui gestori e trader rimangono ben rintanati ed escono dalle proprie buche per cogliere opportunità veloci, guardinghi e paurosi, per rientrare nella tana ai primi segnali di pericolo. Come dire, un anno interessante.
Nota: Wall Street Italia ha aperto su questo tema un dibattito, invitando i piu’ qualificati analisti tecnici e graficisti italiani a dare il loro contributo: speriamo rivelino anche al resto del mercato cosa sta accadendo sulle borse americane. Pubblicheremo in Prima Pagina i migliori articoli che ci arriveranno via email (vedi qui sotto).