In attesa della decisione della Fed sui tassi di interesse prevista per mercoledi’ alle 20:15 (ora italiana), la grande domanda e’: quando cambiera’ la politica monetaria americana?
Gli occhi sono puntati sul livello dei tassi d’interesse a lungo termine. Il flusso e deflusso di denaro sugli investimenti obbligazionari a 5 o 10 anni e’ spesso violento. Martedi’ i dati sugli ordini dei beni durevoli e sulla fiducia dei consumatori hanno fatto presagire, in un primo tempo, una giornata difficile per il reddito fisso. Il cambiamento di umore del mercato ha ribaltato la situazione.
Il rendimento medio sulla scadenza a 10 anni e’ passato dal 5,125% al 4,975% (TNX – CBOE), mentre quello sulla scadenza a 5 anni e’ sceso dal 4,465% al 4,286% (FVX – CBOE) (ricordiamo che prezzo e rendimento hanno una correlazione inversa nelle obbligazioni). La correlazione con questi movimenti va ricercata piu’ sulla performance del mercato azionario che sulle aspettative riguardanti le prossime mosse della Fed. Mentre il rendimento delle obbligazioni scendeva e il loro prezzo saliva, il Vix (VIX – CBOE), l’indice che misura la volatilita’ sul mercato azionario (S&P100) si e’ impennato del 20,62%.
A fronte di questi spostamenti di liquidita’ momentanei, cosa ci si puo’ aspettare dalla Banca Centrale americana nei prossimi mesi? Dopo 11 tagli consecutivi siamo arrivati a un tasso sui Fed Funds all’1,75%. Gli spazi di manovra e l’efficacia di ulteriori manovre espansive sono a questo punto abbastanza limitati. Secondo le parole di Edwin Huston, ex Presidente della FED di Atlanta “e’ chiaramente l’inflazione che potrebbe spingere a un rialzo dei tassi d’interesse. Tuttavia, in questa fase del ciclo economico, la FED non e’ troppo preoccupata di questo pericolo in quanto presta piu’ attenzione al rilancio dell’economia”.
I dati macroeconomici pubblicati ultimamente suggeriscono che una ripresa dovrebbe arrivare nel volgere dei prossimi mesi. Tuttavia il mercato del lavoro rimarra’ probabilmente sotto pressione almeno fino a quando i piani di riduzione del personale annunciati dalle grandi aziende americane non si saranno in parte realizzati. Se a questo aggiungiamo una produzione industriale che viaggia ben al di sotto del suo potenziale e un dollaro ai massimi storici verso tutte le maggiori valute mondiali, la conclusione e’ che l’inflazione dovrebbe rimanere sotto controllo per almeno altri 8-10 mesi.
Ricordiamo che l’obiettivo della Banca Centrale USA, a differenza di quella europea, e’ meno concentrato sul controllo del livello dei prezzi e si spinge fino a cercare di mantenere la crescita dell’economia su un sentiero di sviluppo sostenibile. Obiettivo, quest’ultimo, che non puo’ essere perseguito senza tenere conto delle dinamiche del mercato del lavoro e degli investimenti di lungo periodo.
A questo punto e’ presumibile che lo sforzo del Presidente della Fed Alan Greenspan si rivolga a cercare di diminuire l’inclinazione della curva dei tassi e la volatilita’ di cui sembrano essere preda i mercati finanziari in questo momento. Al di la’ di un eventuale nuovo taglio di 25 punti base, prevedere cosa decidera’ il Fomc (comitato esecutivo della Fed) nei prossimi mesi non e’ esercizio facile, tuttavia lo scenario piu’ probabile dovrebbe essere quello di un messaggio improntato a un atteggiamento “neutral”. In questo caso infatti la percezione del mercato potrebbe essere quella di smettere di aspettare stimoli esterni e cominciare a camminare con le proprie gambe.
Francesco Leone e’ analista di Wall Street Italia