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TASSI, ORA L’EUROPA RISPONDA A GREENSPAN

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La Fed, dunque, ha tagliato i suoi tassi, portandoli a quota 1,25%, la più bassa da quarant’anni. Un fatto insolito, sia per il livello così raggiunto, sia per la dimensione della riduzione, che è di mezzo punto, mentre di solito Greenspan operava con quarti di punto. Più sotto non si potrà andare.

La decisione è stata presa subito dopo i risultati elettorali, della Camera e del Senato. Bolliva in pentola da prima, ma è stata fatta a elezioni conchiuse, per non influenzarle. Dato che Bush ha ora pieno controllo di Camera e Senato si può pensare che Greenspan abbia sparato tutte le residue munizioni della politica monetaria, convinto che saranno poi i repubblicani a proseguire nel rilancio, con la riduzione delle imposte e la spesa per la sicurezza.

Ovviamente se la locomotiva americana si muove, ciò ha effetti benefici anche per l’Europa, direttamente e tramite lo stimolo del rilancio americano sui mercati terzi.

Sin qui le notizie buone. Ma ce ne è anche una cattiva. La riduzione dei tassi Usa, mentre rimangono invariati (per ora almeno) quelli europei della Bce, genera inevitabilmente un rialzo dell’euro rispetto al dollaro. Ciò perché è più remunerativo un conto bancario in euro che in dollari. E in effetti ora l’euro ha raggiunto la parità con il dollaro.

Questo rafforzamento della moneta europea, in un periodo di grande debolezza dell’economia tedesca e di difficoltà per le esportazioni per gran parte dei paesi dell’Unione Europea, Italia inclusa, non è per noi una buona cosa.

In genere una moneta forte serve quando l’economia tira e quindi essa agisce soprattutto per raffreddare, sul fronte dei prezzi, ogni tendenza al surriscaldamento e quindi all’inflazione.

Per le materie prime di importazione, ha già operato in questa direzione, la precedente ascesa dell’euro. E per quanto riguarda i prezzi al consumo, è passato il periodo di tensione dovuto al cambio fra le monete nazionali e l’euro.

Dunque, se la Bce non seguirà la Fed, nella riduzione dei tassi, noi avremo una perdita di competitività, che prosciugherà i benefici dell’espansione generata dal ribasso dei tassi Usa. Senza contare che anche America e Asia desidererebbero fattori di espansione interni all’Europa.

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