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TASSI EURO, ALLARME RINVIATO

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(WSI) – Tra tanti dati negativi sull’economia della zona euro, può sembrare incredibile che la Banca centrale europea abbia intenzione di alzare i tassi d’interesse. L’analisi della Bce è, da un punto di vista monetarista, tecnicamente indiscutibile, ma c’è da chiedersi se questa sia una sufficiente garanzia. E’ vero che esiste un assurdo eccesso di liquidità in tutto il mondo e anche in Europa e che questo eccesso può scaricarsi sui prezzi, proprio come sta avvenendo sui mercati delle attività finanziarie e degli immobili. Come l’inflazione tradizionale, anche quella finanziaria e immobiliare ha conseguenze sull’economia reale.

Se nei paesi anglosassoni la liquidabilità dei patrimoni immobiliari (il loro utilizzo come garanzia al prestito ai consumi) fa sì che l’aumento del valore degli immobili si traduca in un effetto ricchezza e quindi in maggiori consumi e maggiore crescita, nei paesi della zona euro prevale un effetto contrario: l’investimento immobiliare sostituisce quello in attività reali benché il suo rendimento (il flusso di reddito che genera) non sia paragonabile a quello produttivo. Così il boom immobiliare deprime la domanda e lo sviluppo.

Anche se può essere una sorpresa per gli economisti cresciuti avendo rispetto della teoria classica di portafoglio, un aumento dei tassi d’interesse, che sgonfiasse un po’ la bolla immobiliare, potrebbe essere d’aiuto – non di ostacolo – allo sviluppo.

Ma le analisi dello «stance» (credo che sia intraducibile, vicino a «orientamento», ndt) di politica monetaria e i giudizi sul giusto livello dei tassi d’interesse, non possono trascurare la realtà dell’economia, quando essa è tanto difficile come quella dell’euro.

L’osservazione superficiale è che negli ultimi dieci anni abbiamo visto ridursi il livello della crescita potenziale in Europa, dal 2,5-3% all’1,8% (questa seconda è la stima più recente della stessa Bce). Quando questo avviene, normalmente si dovrebbe ridurre anche il livello di equilibrio dei tassi d’interesse. Tuttavia un’osservazione più approfondita nota che se il «tetto» della crescita potenziale è più basso, allora i margini di crescita rimanenti prima che l’impiego dei fattori produttivi sia soggetto a tensioni e quindi a pressioni inflazionistiche sono molto piccoli e una Banca centrale preoccupata di tenere sotto controllo i prezzi deve reagire tempestivamente alzando i tassi.

Quello che è prevedibile, dunque, è che la Bce si muoverà sui tassi non appena si convincerà che la ripresa sia in grado di autosostenersi, cioè di durare. Lo scorso anno, grazie alle riforme intraprese che hanno un po’ agevolato l’impiego del lavoro e la circolazione del capitale, l’economia europea è cresciuta dell’1,8%, quindi ha sfiorato il tetto potenziale. I cattivi dati di fine 2004 hanno attenuato l’allarme della Bce, ma ora l’attenzione si sposta su metà anno, se per allora l’economia europea si sarà rafforzata, un rialzo dei tassi sarà davvero inevitabile.

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