Tasse: Tremonti cerca un taglio di 9,5 miliardi. E poi basta ai pagamenti in cash (stile Visco)
Roma – Potrebbero essere fissate al 20%, 30% e 40% le tre aliquote annunciate da Giulio Tremonti all’assemblea della Confartigianato, al posto delle cinque attuali. Sulla base di questa indiscrezione, ma fissando in maniera un po’ ottimistica gli scaglioni di reddito, l’Associazione artigiani di Mestre calcola che per la famiglia tipo monoreddito (due coniugi e un figlio) con reddito che sfiora i 35mila euro il risparmio garantito dalla riforma potrebbe arrivare a un massimo di 1.728 euro.
Per la famiglia bi-reddito la riforma a tre aliquote porterebbe un risparmio di 1.050 euro. L’esatta determinazione degli scaglioni, ha spiegato lo stesso Tremonti, dipenderà dall’ammontare delle risorse disponibili.
Considerando invece il contestuale aumento dell’Iva, e la riduzione di un punto delle prime due aliquote Irpef (il 23% sino a 15mila euro e il 27% da 15mila a 28mila), la Cgia mestrina calcola che il risparmio per la famiglia monoreddito sarebbe pari a 285 euro l’anno. Più elevato (716 euro) il risparmio per la famiglia bi-reddito sempre con 35mila euro l’anno. Anche con l’aumento delle imposte sui consumi, dunque, la riduzione delle aliquote Irpef avrebbe conseguenze positive per il portafogli del cittadino. Ma bisogna considerare che i contribuenti dovranno rinunciare a diverse agevolazioni, e dunque bisognerà valutare caso per caso.
Si tratta soltanto di simulazioni, che tuttavia confermano quanto sia elevata l’aspettativa degli italiani per la riforma fiscale. Il cantiere della riforma non è ancora terminato. Ieri è giunto sulla scrivania di Tremonti il documento conclusivo di uno dei quattro tavoli tecnici di lavoro, quello sull’evasione, guidato dal presidente dell’Istat Enrico Giovannini. «Bisogna evitare i condoni, che hanno avuto un effetto negativo sul gettito complessivo e sulla fedeltà dei contribuenti al fisco», raccomanda il gruppo di lavoro.
Il documento suggerisce inoltre di scoraggiare l’uso dei contanti, dato che i pagamenti in nero costano all’erario almeno 10 miliardi di euro; di pubblicare una lista coi nomi degli evasori totali; di ridurre le partite Iva, specie in agricoltura e nel lavoro para-subordinato; di rivedere ogni anno gli studi di settore. Per quanto riguarda le imprese medio-grandi, il documento di oltre 150 pagine propone il contraddittorio tra contribuente e Agenzia delle entrate, sulla base della «proposta d’imposta». Nelle prossime ore sono in arrivo gli documenti dei gruppi di lavoro dedicati agli altri aspetti della riforma, dalle proposte fiscali vere e proprie all’individuazione dei tagli di spesa e di agevolazioni.
Se confermata, la riduzione a tre aliquote (20, 40 e 60 per cento) sarà comunque introdotta progressivamente. Si partirebbe dall’aliquota più bassa, con un costo di circa 9 miliardi e mezzo di euro. La compensazione dovrebbe giungere dall’aumento dell’Iva, secondo il principio tremontiano dello spostamento di tassazione «dalle persone alle cose», ovvero dal lavoro ai consumi. Ipotesi che fa inorridire tutte le associazioni del commercio, che paventano una ulteriore riduzione della già scarsa spesa delle famiglie. Per Federdistribuzione si tratterebbe di una «follia»: per far crescere l’economia, spiega il presidente Cobolli Gigli, bisogna rilanciare la domanda interna. Anche Confcommercio ha più volte espresso le sua netta contrarietà all’ipotesi di rialzare l’Iva.
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