Società

TASSA AL 20%:
UN POCO DI EQUITA’

Questa notizia è stata scritta più di un anno fa old news

Il contenuto di questo articolo esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

(WSI) – Non sorprende tanto la notizia, quanto il modo con cui è stata data. L’armonizzazione della tassazione delle rendite finanziarie era nel programma dell’Unione e l’intenzione di abbassare l’imposta sui depositi e conti correnti bancari e postali (oggi al 27 per cento) e di alzare l’aliquota sui rendimenti di titoli di Stato, obbligazioni e azioni detenute da singoli risparmiatori (oggi al 12,5 per cento) era già stata confermata dal presidente del Consiglio e dal ministro dell’Economia.

Con INSIDER puoi guadagnare in un mese piu’ del tuo stipendio di un anno. Clicca sul
link INSIDER

Ieri il vice-ministro Visco ha annunciato che entrambe le aliquote verranno portate al 20 per cento. Lo ha fatto dagli stand del Festival dell’Unità di Milano. Una settimana fa, Padoa-Schioppa aveva ridimensionato la manovra votata a luglio dal Parlamento parlando alla festa di Mastella di Telese. Verrebbe da ironizzare sulla politica economica dei festival. Questi annunci ai margini di feste, per fortuna meno mondane di altre, non permettono di fornire tutti i dettagli del caso sui provvedimenti e così evitare inutili ansie ai cittadini.

Perché, in effetti, il provvedimento risponde sia a ragioni di equità che di efficienza, come spiegano in dettaglio Cecilia Guerra e Silvia Giannini su lavoce.info. Di equità perché in Italia il 40 per cento dello stock di azioni e obbligazioni (i cui rendimenti saranno maggiormente tassati) è detenuto dal 10 per cento più ricco della popolazione, mentre il 10 per cento di famiglie più povere ne detengono solo l’1 per cento.

I depositi bancari e postali (per cui verrà ridotta la tassazione) rappresentano, invece, l’impiego prevalente delle famiglie a reddito più basso. E non c’era alcuna ragione per far pagare di più chi ha interessi da depositi bancari rispetto a chi detiene azioni o obbligazioni. La riforma, assieme all’intervento sul cuneo fiscale, contribuirà, inoltre, a ridurre lo squilibrio fra tassazione dei redditi di lavoro (cui si applicano aliquote dal 23 al 43 per cento, più il prelievo contributivo) e di capitale.

Le ragioni di efficienza si ritrovano nel fatto che la riforma razionalizza il sistema, lo rende maggiormente neutrale rispetto alle scelte di investimento e riduce le possibilità di arbitraggi fra i diversi trattamenti fiscali. E’ auspicabile, peraltro, che la nuova aliquota venga introdotta, d’ora in poi (non vi può certo essere retroattività nel provvedimento) non solo sui nuovi titoli, ma anche sui titoli già in circolazione, proprio per evitare un regime di tassazione che rimarrebbe per molto tempo estremamente complesso e assai poco trasparente.

L’aumento dell’aliquota sui titoli di Stato, infine, non obbligherà lo Stato ad aumentare i rendimenti dei titoli di Stato, pagando con la mano sinistra quanto ha raccolto con la destra, perché i risparmiatori coinvolti dalla riforma contribuiscono a una quota minore (attorno al 16 per cento) della domanda complessiva. Il grosso dei detentori dei nostri titoli di Stato sono investitori esteri (esenti dalla tassazione) oppure banche e imprese, che non sono coinvolte da una riforma che riguarda le sole persone fisiche.

In parte per gli stessi motivi il provvedimento non potrà portare molto alle casse dello Stato. Le stime parlano, a regime, di circa 2,5 miliardi di euro all’anno. Poco rispetto ad una manovra che l’Europa ci chiede a gran voce di non diluire rispetto agli impegni assunti nel Dpef. Proprio ieri l’Ecofin ha richiesto al governo di confermare un aggiustamento dell’1,6 per cento entro il 2007, al netto del ciclo economico e delle una tantum. Questo significa che dovremo nel 2007 scendere molto al di sotto del 3 per cento di disavanzo (probabilmente non lontani dal 2,5 per cento). E l’Istat, nel fornire ieri i dati sulla composizione della crescita, non ha certo allontanato i timori sulla fragilità della ripresa. Gli investimenti, anziché esser da traino della ripresa, crescono come i consumi.

Quindi c’è molto da fare, al di là dell’armonizzazione della tassazione delle rendite finanziarie per chiudere questa Finanziaria. Speriamo che si prendano le decisioni opportune e che ne venga dato l’annuncio nelle sedi istituzionali appropriate.

Copyright © La Stampa per Wall Street Italia, Inc. Riproduzione vietata. All rights reserved