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(WSI) – Da qui al 9 aprile, fra troppe vicende sconcertanti, non è il caso di azzardare pronostici sui risultati elettorali. Ma chiunque conquisterà il governo nazionale non per questo conquisterà una ragionevole governabilità, come avvertono alcuni pubblici ammonitori più o meno ascoltati. Non è solo in questione il gravoso debito pubblico nell’ambito della difficile congiuntura economica e degli alti costi energetici, o il malumore suscitato dai recenti scandali finanziari e politici. Nel vivere sociale, non si risolvono le più vistose contraddizioni ormai tradizionali. È d’ogni giorno il coro di proteste contro l’arretratezza delle infrastrutture civili, ma persistono le contestazioni delle opere più o meno «invasive» che possono rimediare ai ritardi. È permanente la denuncia dei disordinati e inaffidabili trasporti collettivi, ma continuano le violazioni delle norme intese a regolare gli scioperi nei servizi pubblici. Eccetera.
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Rispetto a circostanze simili nel passato, poco di nuovo: «È una situazione – concludeva già Guido Carli – che mi permetterei di definire schizofrenica». Oggi la somma d’ogni genere di contraddizioni, alle quali si aggiungono le incongruenze interne ai due schieramenti politici, moltiplica i rischi dell’ingovernabilità. Dinanzi a più d’un problema, la maggioranza parlamentare avvertirà: «Non si risolve, non è mica un cruciverba». E l’opposizione risponderà: «Se non si risolve, allora non è un cruciverba ma una disgrazia».
La società italiana soffre poi d’un particolare malessere, la ripetitività degli scandali. Anche altrove, certo, non si vive senza scandali, dal caso Enron in America fino all’affare degli appalti nell’Île-de-France. Ma in Italia, ormai, si tratta di un’endemia. Gli episodi del passato, come quelli degli anni ’70 che oggi neanche vengono ricordati, comprendono i fondi neri Montedison, i petroli uno e due, Lockheed, Sir, Liquigas, Italcasse, Centrale-Ambrosiano. Eccetera. Negli anni ’90, tangentopoli, che tutti ricordano bene. Ora, dopo Cirio e Parmalat, lo scandalo bancopoli provocherà diatribe facinorose anche oltre questa campagna elettorale. Basta che spunti un’altra intercettazione telefonica. Nemmeno finiranno presto, intorno alla Banca d’Italia, le controversie sulla condotta del deposto governatore Antonio Fazio, anche se gli stretti giudizi personali ex informata conscientia saranno complicati.
Sul video elettorale, finora è un alternarsi di schermaglie allusive se non elusive, o fra chi declama e chi balbetta. Però ancora nessun impegno essenziale, specifico e attendibile, come quelli sollecitati sul Corriere della Sera da Francesco Giavazzi. Ritornano invece compilazioni del rituale «programmismo» e auspici generici, che agli elettori offrono quasi tutto l’auspicabile nella prossima legislatura. Perché solo quasi, non proprio tutto? Chi vuole inebriare l’audience , magari con acqua riciclata e addizionata di cloroformio, non dovrebbe contare i bicchieri.
Nel sottogoverno, intanto, molte inquiete persone si agitano aspirando a protezioni o promozioni di partito. Ma nell’incertezza sull’esito elettorale, oscillano con qualche scaltra cautela fra le due coalizioni. Ci ricordano la favola del pipistrello. Nella guerra tra gli animali, se gli uccelli vincevano il pipistrello era uno di loro perché volava, ma se perdevano ricordava di avere i denti.
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