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SU WALL STREET CRESCE L’ OTTIMISMO

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Torna a crescere l’ottimismo sul mercato americano, sulla scia dei buoni dati economici, dei fondamentali societari, dell’abbondante liquidità nel sistema e della politica monetaria che continua ad essere espansiva. Dopo essere stata sotto il 60% per due mesi consecutivi, ad aprile è balzata al 73,1% la percentuale di gestori che credono in un rialzo di Wall Street nei prossimi sei mesi. Al contrario, è sceso dal 71 al 69%, il numero di manager che si attendono una crescita delle Borse europee, compresa Piazza Affari, che ottiene il 70,8% dei consensi.

Sono questi in sintesi i risultati del consueto sondaggio mensile sul futuro dei mercati, condotto da Morningstar tra l’1 e l’8 aprile, a cui hanno partecipato 28 tra le principali case di investimento che operano in Italia. Mentre su Europa e Stati Uniti le visioni sono piuttosto contrastanti, più univoca è la posizione sul Giappone con l’84,6% dei gestori convinti che la Borsa di Tokyo potrà ancora crescere nei prossimi sei mesi. Un anno fa, gli ottimisti erano meno della metà.

Al traino dell’economia americana. Sul fatto che gli Stati Uniti abbiano imboccato in modo decisivo il sentiero della crescita esistono ormai pochi dubbi e gli ultimi dati sull’occupazione ne hanno dato un ulteriore conferma, mentre maggiori perplessità riguardano le valutazioni raggiunte dai titoli. Per il 27% dei gestori, le quotazioni rispecchiano già tale espansione per cui nei prossimi mesi ci sarà una stabilizzazione dei corsi azionari o un calo, mentre per il 73,1% le valutazioni elevate non sono un ostacolo a un ulteriore apprezzamento dei titoli. “L’abbondante liquidità, il continuo miglioramento dei fondamentali e il sostegno offerto da rendimenti obbligazionari molto contenuti sono tutti elementi a favore di Wall Street”, commenta Crédit Agricole asset management. “Le quotazioni attuali incorporano già in parte questi elementi, ma finché non ci saranno delusioni sul fronte dei risultati societari, le valutazioni non costituiranno un reale ostacolo al rialzo”.

Della ripresa americana può beneficiare anche l’Europa, che però deve far fronte a difficoltà economiche e politiche interne. Anche la maggiore vulnerabilità al rischio geopolitico, dopo gli attentati di Madrid, rappresenta un motivo di sottopeso nei portafogli dei fondi. Per il 31% dei gestori, le Borse del Vecchio continente si stabilizzeranno attorno agli attuali livelli o scenderanno nei prossimi sei mesi. Gli ottimisti (69%) mettono l’accento sulle valutazioni. “Rimaniamo cautamente positivi sul mercato azionario europeo”, dice Morgan Stanley. “Le valutazioni rimangono interessanti e gli utili aziendali offrono prospettive di crescita, nonostante la forza dell’euro”. Il giudizio su Piazza Affari non si discosta molto da quello del resto del continente, anche se i gestori percepiscono una diminuzione della sfiducia generata dal caso Parmalat e sono positivi sulle blue chip, che potranno sovraperformare grazie, soprattutto, ai telefonici.

Il Giappone ha definitivamente voltato pagina. I gestori sono convinti che la Borsa nipponica sia quella che offre le maggiori opportunità di guadagno da qui a sei mesi. Il Paese beneficia della crescita economica asiatica attraverso le esportazioni. Inoltre, i prossimi risultati di chiusura dell’anno fiscale dovrebbero confermare gli sforzi compiuti dalle società per ristrutturare i bilanci e il miglioramento congiunturale. I consumi sono aumentati, facendo scendere ai minimi la propensione al risparmio dei giapponesi, tradizionalmente molto alta, i prezzi del mercato immobiliare si sono stabilizzati intorno a valori precedenti la bolla speculativa e la produzione industriale è aumentata. Elevato cash flow e utili in crescita hanno portato a un deciso miglioramento dello stato di salute delle aziende. L’unico anello debole resta il sistema bancario.

Dollaro in rimonta. Ad aprile è salita dal 13,8 al 20% la percentuale di gestori convinti che la corsa dell’euro sia finita. Un altro 40% crede in una stabilizzazione attorno agli attuali livelli, anche se gli squilibri di bilancio pubblico e commerciale americano potrebbero aprire la strada a ulteriori rialzi della moneta unica. Nel breve, i manager indicano una banda di oscillazione del cambio euro/dollaro tra 1,20 e 1,25. Nel caso la Banca centrale europea decida per un taglio dei tassi di interesse, la moneta unica potrebbe perdere ulteriore terreno nei confronti del biglietto verde, il quale, invece, può beneficiare della crescita economica più sostenuta.

Volatilità in aumento sui mercati obbligazionari. Per l’84,7% dei gestori i prezzi dei bond americani continueranno a scendere contro il 73,1% che ne prevede un calo in Europa. Secondo alcuni, il mercato non considera la possibilità di un aumento dei tassi ufficiali e reali, neppure a seguito di eventuali spinte inflattive. Gli occhi ora sono rivolti alle prossime mosse della Federal Reserve: finché la Banca centrale americana non deciderà di alzare i tassi, i rendimenti non potranno salire. Il mercato obbligazionario europeo è preferito a quello statunitense, considerato sopravvalutato, e le scadenze medio-brevi sono sovrappesate nei portafogli.