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Strategie di trading per tutelarsi contro i tonfi (e rimbalzi) dell’euro

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(WSI) – “Eur falling!” si sentiva gridare ogni mattina dal chief dealer sull’Eur/Usd quando partivano movimenti impetuosi della moneta unica.

Movimenti che non lasciavano dubbi e che facevano aggiungere, dopo il caffè trangugiato alla velocità della luce: “Signori, l’euro è solo da vendere”.

Ci troviamo esattamente in questa situazione ed, almeno per il momento, gli obiettivi sembrano chiari.

La cosa che preoccupa è la velocità con cui questa discesa continua, e questo fa sì che, la stragrande maggioranza di trader, stiano ad individuare possibili rimbalzi per tentare un long sui piccoli supporti intragiornalieri (assolutamente individuabili, come visto nella giornata di ieri), sperando però ogni volta di poter rimanere dentro un movimento correttivo che magari potrebbe prendere anche 2 o 3 big figures (anche questo da non escludere).

Le accortezze, assolutamente da prendere nel momento in cui si dovesse tentare un’operatività del genere, sono leve basse, che permettono ai trader meno aggressivi di poter sopportare eventuali sfoghi di mercato per un numero maggiore di punti e che possono essere incrementate gradualmente in caso di salita dell’euro (è vero che si lascia sul campo qualche pip, ma per strategie del genere, più conservative, è meglio avere un prezzo di carico complessivo leggermente peggiore dei quello che si avrebbe potuto avere se si fosse aperta l’intera posizione all’inizio della salita, ma al contempo avere una sicurezza maggiore sulla buona riuscita dell’operazione in quanto il rally correttivo è cominciato).

Un’altra possibilità è quella di utilizzare leve più aggressive, ma posizionando stop molto più stretti, per evitare possibili grosse perdite dovute ad estensioni del movimento in atto (non dimentichiamoci che il minimo toccato è stato 1.2234).

Il perché di tutto ciò è ormai noto a tutti e discusso su tutti i giornali e telegiornali del mondo, ma a questo dobbiamo aggiungere un fatto altrettanto importante, anzi, più importante in quanto strutturale: la stabilità dell’unione monetaria creata in Europa.

E’ noto infatti che, finora, nessuna unione monetaria sia stata capace di resistere, e quando già un paio di anni fa scrivevamo di essere euro scettici, ci rendiamo adesso conto di non aver, probabilmente, sbagliato di molto il tiro, e sembra che i nodi stiano venendo al pettine.

Immaginate una pentola a pressione piena di alimenti, aumentati via via nel tempo fino a riempire questa pentola.

Ora, le valvole di sfogo che si potevano utilizzare prima dell’avvento dell’euro, erano tutti i tassi di interesse legati alle diverse divise europee, che potevano essere mosse a concerto dalle diverse banche centrali, in base alle situazioni economiche, finanziarie e fiscali di ogni Paese membro, permettendo così un funzionamento più o meno buono, ma comunque oliato, di tutti questi grandi ingranaggi che messi insieme si chiamano Europa.

Succedeva così, giusto per portare un esempio, che quando l’Italia si trovava in difficoltà, svalutava la lira e dava respiro all’economia che poteva ripartire.

Ora la valvola utilizzabile risulta essere soltanto una, ed è il tasso BCE e la conseguente politica monetaria. Ed in un’Europa che annovera la presenza di Paesi completamente diversi dal punto di vista economico, fiscale e chi più ne ha più ne metta, va da sé che se l’euro è forte va bene per qualche Stato, mentre se è debole va bene a qualcun altro, tutto in base alle diverse situazioni che si vengono a creare nel tempo.

Se consideriamo anche il numero degli attori coinvolti in questo ragionamento, abbiamo sempre più paura che la valvola non basti a contenere tutta la pressione nella pentola, e chi è pratico di cucina (chi non si è mai fatto spiegare dalla mamma come mai quella strana pentola, a differenza delle altre, a un certo punto fischiasse) sa cosa succederebbe in un caso del genere.

Passiamo all’analisi tecnica odierna, dove pensiamo che la ripresa dal minimo degli ultimi quattro anni dell’eurodollaro, visto ieri a 1.2235, non metta a riparo il cambio da nuove pressioni ribassiste.

Mentre sul medio lungo periodo però la direzione appare chiaramente a ribasso, ed i punti sono piuttosto riconoscibili (pensiamo all’ipotetico punto di arrivo a 1.1640), il breve periodo si presenta più incerto e potrebbe lasciare spazio a qualche occasione di giornata.

Nella notte è fallito il tentativo del cambio di riportarsi al di sopra di 1.24, segnando così un doppio massimo che ha riportato i prezzi all’altro livello, di supporto, dato dalla trendline congiungente i minimi crescenti visti da ieri mattina.

Il livello si trova ora a 1.2315 e questi sono i due punti tecnici a cui potrebbe essere possibile ipotizzare del trading che, soprattutto in questa fase, non dovrebbe mai essere eseguito senza livelli di stop pre impostati.

Situazione ancora stabile sul cambio UsdJpy, ancora confinato all’interno del range che sta mantenendo da un paio di settimane, delimitato da 91.75 al di sotto come supporto e da 93.50 al di sopra come punto di resistenza. I prezzi attuali, equidistanti da questi due punti, uniti ad oscillatori che non forniscono un segnale chiaro, impongono di attendere il raggiungimento di uno dei due prima di schierarsi.

Il cable ha percorso una strada simile a quella del cugino eurodollaro, salvo compiere una ripresa maggiore ieri dal minimo. Stiamo parlando di 250 punti dal minimo di 1.4250, che hanno riportato il cambio sino a 1.45 figura, il livello più importante nell’immediato. Qui infatti, come si vede da un grafico orario, si sono concentrati due massimi tra ieri e oggi ed in precedenza, prima della definitiva rottura ribassista, si sono visti tre tentativi di passaggio.

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