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STRAMPALATA O IRRESPONSABILE
LEGA CERCA IL 4%

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(WSI) – Anche se, come ammette una fonte bossiana, «è
tipico della Lega cavalcare battaglie già perse in
partenza perché tornare alla lira non è realisticamente
possibile» e quindi la crociata padana contro
l’euro è destinata principalmente a «un mercato
elettorale che adesso non può essere addomesticato
con la devolution altrimenti la nostra base non
capirebbe nulla della riforma fatta», questa volta,
continuano a dire da palazzo Chigi, il premier non
gradirebbe molto giocare di sponda con il movimento
del Senatùr nel nuovo tormentone politico
che sta mettendo di nuovo a rischio gli equilibri della
coalizione.

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Un po’ perché i due, Bossi e Berlusconi,
non si sentono più tanto spesso come prima, un
po’ perché gli attacchi «potevano essere
concentrati solo su Prodi, risparmiando
il Quirinale», ma soprattutto perché «la
pratica dell’Europa il Cavaliere vorrebbe
gestirla da solo, evitando sia le intrusioni
del Fini amatiano che sulle ratifiche
vorrebbe andare avanti come se
nulla fosse accaduto in Francia e Olanda,
sia il populismo della Lega che non
porta da nessuna parte e serve solo a
farci apparire come una maggioranza rissosa».

Il ragionamento, allora, che viene fatto nello
staff del premier in un’altra giornata molto intensa
(Maroni che rilancia la doppia circolazione euro-lira
con relativa minaccia di referendum, l’Udc che risponde
con Follini e Casini parlando di «proposte
strampalate» e «film dell’orrore», e a tutto questo
vanno poi aggiunti l’incontro tra Almunia e Siniscalco
e il vertice della Cdl a Cadenabbia per il programma
elettorale del 2006) è che da qui all’autunno il
Cavaliere avrebbe in mente un piano preciso per non rimanere inchiodato a uno sterile euroscetticismo
che gli nuocerebbe non poco sullo scacchiere
continentale e di conseguenza sparigliare il gioco
duro della Lega, che ieri ha causato pure una dura
levata di scudi dell’Ecofin che ha definito «irresponsabile» il comportamento dei
ministri bossiani.

Dice un’accreditata
fonte azzurra: «Berlusconi
potrebbe riuscire a legare i temi
interni a un europeismo basato
più sulla flessibilità che sulla rigidità,
cioè Lisbona al posto di
Maastricht tanto per intenderci,
collocando questa sfida in un
nuovo club con Italia,
Gran Bretagna, Polonia
e Germania, se i risultati
elettorali in
questi ultimi due paesi
daranno gli esiti sperati.
In un contesto del genere
sarà più facile anche fare
quelle riforme che sinora
sono mancate per uscire
dalla crisi e avviare un circolo virtuoso in vista delle
elezioni».

Tuttavia l’azzardo maroniano sul referendum
non viene considerato del tutto campato in
aria. Ma solo in uno scenario da extrema ratio: «Se
al contrario in Europa non dovesse muoversi nulla,
magari scegliendo una linea tesa solo a convincere i
paesi che hanno detto no al referendum, è chiaro
che a quel punto Berlusconi si sgancerebbe da
Bruxelles agitando l’ipotesi di far pronunciare anche
i cittadini italiani in un referendum sul trattato.

In ogni caso, per mettere a punto la
sua strategia il premier aspetta ovviamente
il prossimo consiglio europeo, ma
ieri a palazzo Chigi si nutriva fiducia soprattutto
per il vertice lussemburghese
tra Almunia e Siniscalco sui conti pubblici
italiani: «Se l’incontro dovesse servire
a rasserenare la situazione, e sembrerebbe
di sì perché Siniscalco
ha già parlato di “soluzione
condivisa”, nonostante
le divergenze sulla lettura
delle cifre, da ricercare nelle
prossime settimane nell’ambito
del patto di stabilità
riformato a marzo, questo disgelo
si rifletterebbe anche
sul piano interno». E a quel
punto le intemperanze della Lega sarebbero
tollerate con meno preoccupazione,
con il solito Berlusconi nel ruolo di
pompiere che però strizza l’occhio all’incendiario
Bossi.

Solo che non sono affatto
prevedibili gli effetti che provocherà
nella coalizione questa marcia leghista
contro l’euro, appena iniziata e che troverà
il suo climax a Pontida il 19 giugno
prossimo. Quel giorno sul palco padano,
i colonnelli della Lega, presente lo stesso
Bossi che comunque sarà silente perché
le sue condizioni continuano a non
migliorare, lanceranno la nuova mission
per superare il quorum del quattro per
cento alle prossime politiche. Perché in
fondo è di questo che si tratta:
al momento, il partito di
Bossi è l’unico nella Cdl che
già sa di poter correre da solo
alle politiche, mentre gli
altri alleati dovranno aspettare
la fine dell’estate per
sciogliere il dilemma sul partito
unico. Per questo motivo
la Lega non ha alcuna intenzione
di perdere questo vantaggio di tre
mesi, nella più ottimista delle ipotesi,
regalato dal resto del centrodestra e capitalizzarlo
nel migliore dei modi. Tanto,
alla rottura non ci si arriverà mai e
Berlusconi il bastone talvolta può usarlo
da presidente del Consiglio, ma non
da leader della maggioranza.

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