Società

Stop al segreto bancario in Svizzera, qualcuno comincia a tremare

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New York – Restano appena sei mesi per prepararsi alla svolta del “denaro pulito”: decisa dal Consiglio federale svizzero sotto la pressione di Usa e Ue segnerà la fine del’afflusso nel mercato finanziario elvetico di fondi non dichiarati.

In vista della caduta della fortezza del segreto bancario, i banchieri sono disorientati, stando al reportage di Le Temps

Gia’ sottoposti alle pressioni e bastonate di Europa e Stati Uniti in materia di segreto bancario, i banchieri svizzeri dovranno tra sei mesi adeguarsi alla nuova strategia che il governo elvetico conta di adottare e che mettera’ la parola fine alla tradizione quasi centenaria della raccolta di fondi non dichiarati.

La rottura definitiva e’ datata 22 febbraio, sotto la forma di una “nota di discussione” del governo e segna una nuova tappa importante: alle banche non sara’ solo impedito di accettare dei fondi non dichiarati, ma verra’ chiesto di regolare i casi depositati presso di esse negli anni passi.

Per le situazioni piu’ delicate, precisa il documento, “bisognera’ determinare le misura che deve prendere l’istituto”. Una soluzione potrebbe essere l’interruzione del rapporto d’affari. E se il cliente vuole trasferire i suoi soldi altrove, “la banca dovra’ assicuraresi che i capitali lascino effettivamente la Svizzera”.

Per ora, come sottolinea un banchiere di Zurigo, accettare soldi non dichiarati non e’ illegale e non e’ nemmeno contrario alla Convenzione di ‘diligence’, l’intesa che regola i comportamenti degli istituti di credito. Ma chiaramente i discorsi che i banchieri rivolgono ai clienti e’ cambiato.

“Il messaggio e’: se volete restare da noi, dovrete mettervi in regola”, spiega al quotidiano svizzero l’avvocato Carlo Lombardini. Presso le banche, i “soldi puliti” sono diventati il principale oggetto di preoccupazione.

Il governo e la Consob svizzera ritengono la pratica dei fondi non dichiarati “irresponsabile e enormemente negligente”, come dichiarato da Urs Zulauf, il giurista a capo dell’autorita’ di controllo della finanza, la Finma.

La domanda da porsi ora e’: i clienti avranno ancora interesse a restare in Svizzera a queste condizioni. Molti banchieri nutrono forti dubbi, a meno che le tariffe di gestione della fortuna dei pivati non vengano ridotte in maniera drastica. Che e’ proprio quello che potrebbe succedere. Perche’, come ricorda Carlo Lombardini, “questi servizi sono piu’ cari in Svizzera che altrove, in tutt e le altre piazze finanziarie concorrenti”.