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(WSI) – Mai più Enron, Tyco o WorldCom. Le recenti modifiche contabili introdotte negli Usa per il trattamento delle stock option promettono una svolta per la trasparenza e la redditività delle imprese. L’esclusione sistematica delle stock option dal calcolo dei costi delle società è stata, negli anni Novanta, uno dei tratti determinanti dei cosiddetti «utili pro forma». E anche uno dei fattori che hanno portato, secondo gli esperti, all’esplosione della bolla speculativa della fine degli anni Novanta.
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La pubblicazione degli utili pro forma ha indubbiamente contribuito a nascondere le frodi che hanno coinvolto alcuni colossi Usa (da Enron in poi). Ora, grazie alla revisione della direttiva n. 123 del Financial Accounting Standards Board, da quest’anno le imprese avranno l’obbligo di riconoscere per intero il valore delle stock option come spese alla data di emissione e per tutto il periodo di validità dell’opzione. È probabile che gli effetti di questo cambiamento siano visibili già nei conti dei prossimi trimestri.
Lo dimostra una previsione di Standard & Poor’s. Gli analisti dell’agenzia di rating hanno calcolato per le aziende dell’S&P 500 (in riferimento al biennio 2000-2001) la differenza tra gli utili pubblicati e i core earnings (cioè gli utili comprendenti la quota di stock option assegnate). E la differenza è risultata «ragguardevole». Negli ultimi anni lo spread si è assottigliato perché molte aziende hanno deciso di ridurre l’uso delle stock option. Ma, in realtà, le nuove norme contabili hanno già lasciato il segno sul mercato azionario statunitense che, negli ultimi trimestri, ha visto l’incremento delle operazioni di acquisto di azioni proprie. Quando la differenza fra il prezzo di esercizio di una stock option e il prezzo corrente dell’attività sottostante è a favore del titolare, le probabilità che quest’ultimo eserciti il suo diritto d’opzione, com’è naturale, salgono alle stelle.
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