Oggi, a 80 anni esatti dal Grande Crash del 1929, l’economia americana rialza la testa e registra la prima espansione del 2009, grazie al colossale piano di stimolo varato dall’amministrazione Obama che ha “drogato” in parte i consumi e il settore immobiliare. Il Prodotto Interno Lordo Usa – un dato che rappresenta il valore totale di tutti i beni e servizi prodotti e venduti nel Paese – nel terzo trimestre del 2009 ha registrato un’espansione pari a +3.5% (tasso annualizzato). Nel trimestre precedente il tasso di crescita era stato pari a -0.7%.
Lo ha comunicato il Dipartimento del Commercio Usa.
Wall Street e Washington (e il resto del mondo, se e’ per questo) si concentreranno adesso su una semplice valutazione, anche alla luce del fatto che questi dati non anticipano ma seguono di precchie settimane l’andamento dell’economia reale, quindi sono una fotografia vecchia: se e in che misura la ripresa economica negli Stati Uniti sia sostenibile anche nel 2010, oppure se risultera’ essere appunto un’uscita dalla recessione “drogata” da tutta una serie di misure di sostegno varate giustamente dal governo Usa per evitare l’apocalisse finanziaria, come i fondi stanziati al settore auto per le rottamazioni (cash for clunkers) o le esenzioni fiscali di circa $8.000 a famiglia per l’acquisto di una prima casa.
Come in Italia la riduzione dell’Irap pone il governo Berlusconi di fronte a immensi problemi per quello che sarebbe un immediato sfondamento di un deficit di bilancio gia’ tra i piu’ alti in assoluto del mondo occidentale, allo stesso negli Stati Uniti, l’attuale record per l’America di $1.4 trilioni del deficit di bilancio (peraltro nettamente inferiore a quello italiano in proporzione al Pil) limita le carte che il presidente Barack Obama puo’ giocare per mettere sul tavolo ulteriori aiuti e sostegni continuando cosi’ a “drogare” e “stimolare” l’economia. Il tutto mentre la Federal Reserve – scrive l’agenzia Bloomberg – “sta cercando di convincere gli investitori che uscira’” (la famosa exit) dai programmi di emergenza varati un anno fa al picco della crisi, “giusto in tempo per prevenire un aumento dell’inflazione”.
“Una gran parte della crescita del Pil (+3.5%) si e’ realizzata grazie al sostegno del governo” ha detto in un’intervista a Bloomberg Television Kathleen Stephansen, chief economist di Aladdin Capital Holdings LLC a Stamford, in Connecticut. “Abbiamo ancora forti venti contrari per i consumatori. E questo mi preoccupa. Il consuumatore, anzi di fatto la domanda privata in generale, non e’ ancora pronto a prendere il testimone della crescita nella staffetta con il governo”.
Tornando ai dettagli realtivi all’indicatore comunicato oggi, il Pil del terzo trimestre, che rappresenta il dato preliminare suscettibile di varie revisioni nelle prossime settimane, si e’ rivelato superiore alle stime degli economisti, assestate su un progresso del 3.2%. L’indice “core” dei prezzi al consumo e’ cresciuto dell‘1.4%, rispettando le attese del mercato. I consumi personali sono cresciuti del 3.4%, attestandosi a livelli superiori alle attese pari a +3.1%. Il deflatore del Pil, un indicatore delle pressioni inflazionistiche, e’ cresciuto dello 0.8%, al di sotto delle stime (+1.4%).
Da notare che nella giornata di ieri i listini azionari erano stati colpiti da un sell-off anche a causa delle previsioni (rivelatesi incorrette) degli analisti di Goldman Sachs che avevano lanciato l’allarme stimando il tasso di espansione dell’economia inferiore a quello atteso del mercato, rivedendolo addirittura dalle stime precedenti (da +3% a +2.7%). Mai stima fu piu’ sballata.
Lo scorso anno l’economia Usa registro’ una contrazione del 2.3%. Nel primo trimestre di quest’anno poi il calo e’ stato pari a -6.4% e nel secondo si e’ ridotto a -0.7%.
Nel mese di settembre il tasso di disoccupazione ha raggiunto i massimi livelli degli ultimi 26 anni, avanzando al 9.8%, in rialzo dal 7.6% di gennaio, periodo in cui Obama prese la guida del Paese. Le stime degli economisti indicano che il mercato del lavoro continuera’ a deteriorarsi ulteriormente, con il tasso di disoccupazione sopra al 10% nei primi mesi del 2010, il peggiore degli ultimi 30 anni. Dall’inizio della recessione, iniziata “formalmente” nel dicembre 2007, gli Stati Uniti hanno bruciato 7.2 milioni di posti di lavoro.
Nel trimestre in corso l’economia dovrebbe crescere ad un tasso del 2.4% stando ad un rapporto diffuso all’inizio di ottobre. Lo stesso tasso e’ atteso per il 2010, mentre nel 2011 dovrebbe accelerare lievemente, a +2.8%. Negli ultimi 60 anni la crescita media e’ stata pari al 3.4%.