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Stati Uniti: alert, rischio deflazione in stile giapponese

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Nelle ultime settimane e’ tornata alla ribalta la questione della deflazione nelle sale operative statunitensi, con un numero sempre maggiore di analisti che non se la sente di escludere la possibilita’ di un ripetersi di quanto avvenuto in Giappone, durante la fase in cui il rallentamento dell’economia e’ stato accompagnato da una contrazione dei prezzi.

I timori erano piu’ pronunciati due settimane fa, prima che il mercato azionario mettesse a segno una serie positiva consecutiva da +7% e gli investitori versavano denaro copioso nelle casse del Tesoro, acquistando decennali (con il rendimento che e’ sceso addirittura sotto la soglia del 3%).

Ma la tendenza al “flight to quality” nel corso degli ultimi 2-3 anni non e’ stata caratteristica solo del periodo di giugno. E’ cosi’ da quando la crisi finanziaria e’ iniziata. Durante momenti di panico, gli investitori vendono asset rischiosi e comprano qualunque cosa sia sicura. Tuttavia c’e’ stata una notevole eccezione in questo caso: l’oro.

L’oro, rifugio classico contro l’inflazione, ha fatto un balzo incredibile nelle ultime sedute e rimane comunque su livelli record. Gli investitori temono per l’inevitabile risultato delle politiche accomodanti del governo: l’inflazione.

La domanda da porsi ora e’: chi scomette sull’oro ha ragione o dovremmo preoccuparci della possibilita’ di un decennio di deflazione, come avvenuto nel Sol Levante? Il mercato dei bond ci dice chiaramente che nel breve futuro dovremo fare i conti con lo spauracchio deflazione.

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Tuttavia allo stesso tempo il motivo piu’ probabile alla base del calo dei rendimenti dei titoli di Stato (cosi’ come il rafforzamento del dollaro) sono 1) l’avversione al rischio a causa della crisi del debito sovrano europea e 2) il fatto che il mercato abbia realizzato che gli Usa non si stanno affatto rendendo protagonisti di una ripresa a V.

La tendenza a rifugiarsi nei beni sicuri, e in particolare nell’eldorado dei Treasuries e dei titoli legati al dollaro, e’ stato in realta’ un evento favorevole per il Paese, perche’ ha ridotto il costo del denaro in un momento quanto mai critico per l’economia maggiore del mondo.

I tassi di interesse su livelli storicamente bassi hanno aiutato a generare un’attivita’ economica sempre piu’ solida e sostenuto i prezzi di una vasta gamma di asset quest’anno.

Ma il calo dei rendimenti potrebbe interrompersi bruscamente e invertire rotta altrettanto facilmente, non appena arrivera’ qualche segnale di stabilizzazione dalla zona euro. I primi segnali, seppur timidi, tra l’altro sono gia’ arrivati.

Per quanto riguarda gli Usa, la ripresa va a rilento, come mostrano gli ultimi dati macro. Sono tanti i problemi ancora da superare – vedi alla voce occupazione – ma il principale rischio rimane sempre quello da cui e’ partita la crisi: il mercato anemico immobiliare. Tutto cio’ impedira’ agli Stati Uniti di recuperare terreno con intensita’ dopo la recessione piu’ grave dagli anni ’30.