Spy Vaticano, colpevole è il maggiordomo. Ior (la banca di Dio): arriva resa dei conti
in aggiornamento
CITTA’ DEL VATICANO – C’è anche una donna tra i “corvi” del Vaticano. Una laica che lavora nel Palazzo apostolico e che, facendo emergere carte interne alla Santa Sede ha cercato di inchiodare alcuni cardinali. È un dettaglio nuovo che emerge nella vicenda dei Vaticanleaks, la fuga di documenti segreti vaticani (LEGGI DOCUMENTO IN PDF CHE MOTIVA LA CACCIATA DI GOTTI TEDESCHI DAL VERTICE IOR. E che rivela che la battaglia feroce tra fazioni diverse dentro le Sacre Mura è tuttora in pieno svolgimento, mentre l’inchiesta predisposta dalla Commissione cardinalizia e dalla Gendarmeria prosegue. I “corvi” sono più d’uno e diversi.
Leggere gli articoli nell’archivio WSI su:
– Ior, scatta l´operazione pulizia al setaccio tutti i conti correnti
– Ior, il Papa nomina il suo banchiere
– Gotti Tedeschi e lo Ior, serie completa
UNA SIGNORA GIOVANE E SPOSATA
La donna è una signora giovane, sposata, che ha anche un altro lavoro fuori dalla Santa Sede. Non teme un’incriminazione, anche se venisse individuata, perché è cittadina italiana. “Vuole fare uscire – spiega chi la conosce – il marcio che c’è dentro. E questo alla fine farà bene alla Chiesa, e rafforzerà infine il Papa, che ha bisogno di essere sostenuto”. La donna, che è al servizio del Pontefice e non risponde direttamente al cardinale Tarcisio Bertone, il segretario di Stato, ha accompagnato lo scorso marzo Benedetto XVI nel suo viaggio in Messico e a Cuba. Ha cominciato a lavorare in Vaticano con Giovanni Paolo II, ed è stata confermata da Joseph Ratzinger quando è stato eletto nel 2005.
Ieri sera si è diffusa anche la voce di un nuovo fermo dopo l’arresto, avvenuto venerdì, del cameriere del Papa, Paolo Gabriele, cittadino vaticano. Ma la notizia è stata smentita dal portavoce pontificio, padre Federico Lombardi. Il direttore della Sala stampa vaticana non ha però escluso che ci possano essere nuovi arresti. “Sono in corso le indagini – ha spiegato – e alcune persone sono state ascoltate. Non bisogna pensare a tempi brevi. Ma se ci saranno altri atti da eseguire, si eseguiranno”.
“NON E’ UNA VITTIMA”
In effetti il cerchio si sta stringendo. E il segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, è determinato ad andare fino in fondo. “Adesso – dice un monsi¬gnore nel cuore del Palazzo – occorre che passi il dolore per questa vicenda. Da parte nostra si vuole conoscere la verità senza alcun tipo di precomprensione, nella fede”. I collaboratori di Bertone sono però stupiti di un fatto. “In queste ore – spiegano – si sta cercando di far passare per vittima il cameriere del Santo Padre, dicendo che è solo un capro espiatorio. Questo non è accettabile. Ci sono delle evidenze, delle prove. Insomma, è stato preso con le mani nella marmellata”.
Ieri l'”addetto di camera” di Benedetto XVI è stato interrogato. Provato, chiuso in una camera di detenzione di quattro metri per quattro, Gabriele starebbe infine parlando. La magistratura gli ha contestato per ora solo il reato di furto aggravato. Ma le sue responsabilità sembrano farsi più precise e pesanti. Nel suo appartamento gli inquirenti avrebbero trovato quelli che descrivono come “documenti in quantità impressionante”, e accanto alle “casse di documenti” anche “tutta l’apparecchiatura necessaria per fotografare e riprodurre carte”. Non un’attività episodica e sporadica, dunque, ma una vera e propria organizzazione tesa a fotografare, riprodurre e archiviare docu¬menti riservati che giungevano alla scrivania di Benedetto XVI. Ieri la moglie di Gabriele ha detto che per la sua famiglia l’arresto “è stato un duro colpo”.
PADRE GEORG NEL MIRINO
Secondo un osservatore di cose vaticane, uno degli obiettivi, oltre alla Segreteria del cardinale Bertone, sarebbe quello di colpire monsignor Georg Gaenswein, l’assistente personale di Benedetto XVI. Negli ultimi tempi il prelato tedesco ha rafforzato il suo ruolo all’interno dell’Appartamento, finendo per avere funzioni di vero e proprio consigliere del Papa. Tutto ciò avrebbe determinato gelosie e risentimenti, e anche “don Giorgio”, come amichevolmente si fa chiamare, è diventato un uomo da colpire per arrivare al bersaglio grosso, il Pontefice stesso.
Dentro il governo vaticano si trema e al tempo stesso di vuole fare piazza pulita, dei “corvi” innanzitutto. Ma l’offensiva di Bertone potrebbe non finire qui. Dopo la cacciata di Ettore Gotti Tedeschi, il presidente dello Ior sfiduciato giovedì all’unanimità dal Consiglio di sovrintendenza dell’Istituto, sono altre figure a temere la scure. Il cardinale Attilio Nicora, ad esempio, presidente dell’Autorità di informazione finanziaria. L’uomo che, assieme a Gotti, si è battuto per una ancora maggiore trasparenza delle norme antiriciclaggio. L’ex presidente della banca vaticana considera adesso come profondamente ingiusto il provvedimento che è stato preso nei suoi confronti, oltre alla durezza del comunicato che lo ha sfiduciato senza ringraziarlo del lavoro svolto per quattro anni. “Si possono capire ora gli attacchi ricevuti – aveva detto poco tempo fa – per aver preso la posizione del cardinale Nicora contro la modifi¬ca della vecchia legge”. C’è da giurare che Gotti Tedeschi, professionista stimato in molti ambienti e collaboratore del Papa nella stesura dell’enciclica Caritas in veritate, quando vorrà parlare sarà dirompente.
“PAOLO DIRA’ TUTTO”
In ogni caso l’indagine va avanti. “È un’azione seria – dice una persona informata – estremamente approfondita. Non ci si accontenta di elementi minori, ma si sta cercando di andare alla radice di tutto. Questo sta preoccupando molte persone. Tutto quel che potrà dire, Paolo Gabriele lo dirà. Ci sono altri risvolti e altri soggetti interessati. Importante è che si faccia questa operazione per il bene della Chiesa e per l’assoluta verità. Si va avanti senza alcuna remora”.
Menti, diffusori ed esecutori. Questi sono così i soggetti interessati dall’indagine della Commissione cardinalizia. Da tutta la vicenda, al di là di prove specifiche e concrete possibili, emergono infatti 3 livelli di azione. Il più basso, quello esecutivo, di trattenimento o copia di documenti; il secondo, quello della propalazione delle carte; il terzo, quello della finalizzazione dello stillicidio di informazioni. Seppure fra i 3 livelli non ci sia la consapevolezza di fini più sofisticati, certamente c’è la condivisione di una vicinanza e di una frequentazione con le persone più vicine al Pontefice.
Spiega così un addetto ai lavori che guarda dall’esterno con grande attenzione alla storia del Vaticano: “Però dobbiamo anche dire che il Papa, infine, non ha affatto paura. Lui, piuttosto, da buon tedesco teme il caos. Non è come Wojtyla che governava nonostante la melma che lo circondava. Joseph Ratzinger andrà fino in fondo a questa storia. E lo farà per il bene di Gesù, della Chiesa e dei fedeli cattolici”.
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Così lo Ior ha cacciato Gotti Tedeschi. Ecco il documento della sfiducia
(LEGGI DOCUMENTO INTEGRALE IN PDF CHE MOTIVA LA CACCIATA DI GOTTI TEDESCHI DAL VERTICE IOR.
Rese note le accuse all’ex presidente. Dal verbale della seduta si evince un durissimo scontro finale nel Cda, nel quale lo stesso banchiere si è difeso “per oltre 70 minuti”. “Memorandum concepito di fronte a circostanze eccezionali”.
CITTA’ DEL VATICANO – “Comportamenti erratici e sbagliati”, eccessivo accentramento nelle politiche gestionali, “incapacità” di essere informato sull’attività della banca e nella sua difesa: sono alcune delle critiche mosse dal Cda dello Ior a Ettore Gotti Tedeschi. E’ ora noto il documento con il quale la banca vaticana ha motivato l’allontanamento del suo presidente. 1
Il memorandum alla base della sfiducia al presidente Gotti Tedeschi (anticipato dal sito del Corriere della Sera) ripercorre le tappe della giornata del 24 maggio scorsi, sottolineando che è stato concepito e redatto in “base a circostanze eccezionali”. Si legge, tra l’altro, che il presidente dello Ior nel corso del confronto in consiglio, “ha avuto modo di esprimersi liberamente e di fare le dovute osservazioni”. Gotti Tedeschi ha parlato per oltre 70 minuti” e “intorno alle 15.40 è stata presentata la mozione di sfiducia poi votata dai consiglieri”. Gotti Tedeschi, si legge nel documento, “intorno alle 16 ha lasciato il board, prima di conoscere l’esito del voto”.
Le motivazioni che stanno a monte della decisione di sfiducia al presidente si articolano in 9 punti:
1) incapacità di portare avanti i doveri di base del presidente;
2) incapacità di essere informato sulle attività dell’istituto e mantenerne informato di conseguenza il Cda;
3) non aver partecipato ai lavori del Cda;
4) mancanza di prudenza e precisione nei confronti della politica dell’istituto;
5) incapacità di fornire spiegazioni sulla diffusione dei documenti in possesso del presidente;
6) diffusione di notizie imprecise sull’istituto;
7) incapacità di rappresentare pubblicamente e difendere la banca di fronte a notizie imprecise da parte dei media;
8) eccessivo accentramento;
9) progressivi comportamenti sbagliati ed erratici.
Alla luce di queste osservazioni e critiche, si legge nel memorandum, “alle 17 il Cda ha approvato la mozione di sfiducia. “Il Cda della sovrintendenza dello Ior – si legge in calce – non ritiene di aver più fiducia nel presidente Ettore Gotti Tedeschi e suggerisce la fine del suo mandato dalla carica di presidente e consigliere.
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CITTÀ DEL VATICANO – C’è un dettaglio illuminante nella vicenda che lega l’arresto del cameriere di Sua Santità, considerato il “corvo” che passava le carte segrete vaticane ai media, alla cacciata di Ettore Gotti Tedeschi dalla presidenza dello Ior. E tocca il Pontefice, il suo appartamento, unendosi alle dicerie sulla salute di Joseph Ratzinger, il quale invece sta bene per l’età che ha (85 anni), come risulta evidente a chi lo incontra e vede da vicino.
Perché i documenti interni diffusi, e di recente pubblicati anche in un libro, non portano per la maggior parte il timbro della Segreteria di Stato vaticana. Non sono usciti, cioè, da quell’ufficio, al quale pure sono arrivate. Ma provengono direttamente dall’Appartamento papale, dove alcune erano ad esempio giunte al fax con il numero riservato di monsignor Georg Gaenswein, il segretario personale di Benedetto XVI.
E vista l’assoluta fedeltà dell’assistente tedesco – il quale per ragioni di opportunità giovedì scorso ha addirittura rinunciato a una conferenza a Pordenone dal titolo “Vi racconto il Papa”, eppure annunciata da due ampie pagine sull’Osservatore Romano e su Avvenire (“Es ist besser nicht”, meglio di no, gli ha detto Ratzinger) – per quanto incredibile questo sia apparso agli inquirenti vaticani, le indagini sui diffusori delle carte si sono infine concentrate sulla casa di Benedetto.
Nel cosiddetto Appartamento, con la A maiuscola, vive la Famiglia pontificia. Composta dalle persone che sono intorno al Papa. Chi ci abita rassetta, prepara e consuma i pasti con lui, tenendogli compagnia talvolta guardando la tv. Sono loro a festeggiarlo nei giorni comandati e nei compleanni. Loro ad accogliere i visitatori esterni, come il fratello del Pontefice, monsignor Georg Ratzinger.
Nell’Appartamento circolano monsignor Gaenswein appunto, l’altro segretario, il maltese Alfred Xuereb, le quattro Memores domini, donne laiche che fanno vita consacrata, accudendo le stanze e preparando colazione, pranzo e cena. E il cameriere del Pontefice, Paolo Gabriele. Su di lui si sono appuntati i sospetti sia della Gendarmeria vaticana guidata dal comandante Domenico Giani, sia la commissione di indagine dei tre cardinali presieduta dal porporato spagnolo Julian Herranz Casado, allievo diretto del fondatore dell’Opus Dei, Josemaria Escrivà de Balaguer.
I “corvi” che hanno passato le carte fuori dalla Santa Sede, com’è noto da tempo, sono più d’uno. Ieri la Segreteria di Stato è uscita allo scoperto, accusando addirittura Gotti (“era uno dei corvi” hanno detto), il quale però si è difeso contrattaccando (“li querelo”) . Uno scontro al calor bianco che fa da sfondo alla cacciata dell’economista per “gestione insoddisfacente”.
La vicenda dei “Vatican leaks” si sta così allargando, scuotendo l’intero vertice della Santa Sede, con colpi feroci tra fazioni di cardinali, mentre il Papa assiste e si prepara a compiere, da qui a pochi mesi, passi decisivi. Monsignor Gaenswein è rimasto molto toccato dalle critiche arrivate al Pontefice attraverso le carte. E anche il segretario di Stato, Tarcisio Bertone – comunque lo si veda è però un fedelissimo di Joseph Ratzinger – è apparso provato dalla vicenda. Ha persino accarezzato l’idea, come già fatto in passato, di offrire il proprio posto e dimettersi. Ma il Papa gli ha fatto subito capire che non se ne parlava nemmeno.
Alla destra di Benedetto, un gruppo di cardinali, arcivescovi e monsignori si è mosso in prospettiva futura con un obiettivo duplice e ambiziosissimo: la presa della Segreteria di Stato e, successivamente, addirittura la conquista del Conclave con un Papa scelto tra le proprie file. E’ quello che un osservatore attentissimo di cose vaticane definisce “un vero e proprio colpo di Stato”. E le menti che hanno concepito il piano sono le stesse che hanno foraggiato i media, attraverso i “corvi”, di carte segrete al fine di portare scompiglio e far cadere il governo vaticano.
Il progetto è fallito. La Santa Sede è attualmente sottoposta a dure critiche da parte dell’opinione pubblica internazionale, con un’immagine intaccata. Ma il golpe non è riuscito perché il Papa – che contrariamente a quel che si è vociferato è pienamente in salute – sa tutto, conosce i membri dell’una e dell’altra fazione, ed è deciso a regolare la faccenda al tempo dovuto e, com’è d’uso, senza clamori.
Bertone a dicembre compirà 78 anni ed è possibile un suo passo indietro. Alcuni osservatori danno per favorito l’attuale prefetto della Congregazione per il clero, il cardinale Mauro Piacenza, che lo scorso anno ha ottenuto da Benedetto una doppia promozione: la berretta cardinalizia e la guida di un dicastero. Le strade che il Papa ha davanti sono più d’una: riconfermare Bertone; accettare infine le sue dimissioni e sostituirlo con Piacenza; oppure cambiare del tutto cavallo scegliendo un outsider per sgombrare il campo dai durissimi scontri interni. Questa terza ipotesi riguarda l’attuale ministro degli Esteri, il corso Dominique Mamberti, che gode della considerazione di Bertone e, allo stesso tempo, viene considerato un candidato debole per non ostacolare le ambizioni alla destra del Papa dei diretti interessati alla Segreteria di Stato.
Si è cercato, da questo fronte, di accreditare l’idea che la Commissione cardinalizia di indagine fosse priva di mordente e di capacità operativa. In realtà, proprio quella composizione (Julian Herranz Casado, Jozef Tomko, Salvatore De Giorgi) è stata ed è la chiave del successo dell’inchiesta, non ancora conclusa, perché i tre anziani cardinali sono ben presenti a loro stessi. E soprattutto non hanno ambizioni proprie o per altri.
Diversa la battaglia sul futuro Conclave. Nel Novecento, quasi sempre i Pontefici hanno informalmente indicato i propri successori, puntando i riflettori sui loro preferiti. È accaduto da Pio XI in poi. Benedetto XVI ha forse in mente il proprio successore. Ora gli osservatori si attendono da lui un segno. Le voci false diffuse sul suo stato di salute (“ha un tumore al fegato”, “ha avuto due ischemie”), puntano a delegittimarlo. Ma il Papa per ora è saldo e guarda al proprio domani, pensando anche al futuro della Chiesa.
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Così lo Ior ha cacciato Gotti Tedeschi
ecco il documento della sfiducia
Rese note le accuse all’ex presidente. Dal verbale della seduta si evince un durissimo scontro finale nel Cda, nel quale lo stesso banchiere si è difeso “per oltre 70 minuti”. “Memorandum concepito di fronte a circostanze eccezionali”
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ma la casa costruita nella roccia non cade”
ROMA – “Comportamenti erratici e sbagliati”, eccessivo accentramento nelle politiche gestionali, “incapacità” di essere informato sull’attività della banca e nella sua difesa: sono alcune delle critiche mosse dal Cda dello Ior a Ettore Gotti Tedeschi. E’ ora noto il documento con il quale la banca vaticana ha motivato l’allontanamento del suo presidente. 1
Il memorandum alla base della sfiducia al presidente Gotti Tedeschi (anticipato dal sito del Corriere della Sera) ripercorre le tappe della giornata del 24 maggio scorsi, sottolineando che è stato concepito e redatto in “base a circostanze eccezionali”. Si legge, tra l’altro, che il presidente dello Ior nel corso del confronto in consiglio, “ha avuto modo di esprimersi liberamente e di fare le dovute osservazioni”. Gotti Tedeschi ha parlato per oltre 70 minuti” e “intorno alle 15.40 è stata presentata la mozione di sfiducia poi votata dai consiglieri”. Gotti Tedeschi, si legge nel documento, “intorno alle 16 ha lasciato il board, prima di conoscere l’esito del voto”.
Le motivazioni che stanno a monte della decisione di sfiducia al presidente si articolano in 9 punti:
1) incapacità di portare avanti i doveri di base del presidente;
2) incapacità di essere informato sulle attività dell’istituto e mantenerne informato di conseguenza il Cda;
3) non aver partecipato ai lavori del Cda;
4) mancanza di prudenza e precisione nei confronti della politica dell’istituto;
5) incapacità di fornire spiegazioni sulla diffusione dei documenti in possesso del presidente;
6) diffusione di notizie imprecise sull’istituto;
7) incapacità di rappresentare pubblicamente e difendere la banca di fronte a notizie imprecise da parte dei media;
8) eccessivo accentramento;
9) progressivi comportamenti sbagliati ed erratici.
Alla luce di queste osservazioni e critiche, si legge nel memorandum, “alle 17 il Cda ha approvato la mozione di sfiducia. “Il Cda della sovrintendenza dello Ior – si legge in calce – non ritiene di aver più fiducia nel presidente Ettore Gotti Tedeschi e suggerisce la fine del suo mandato dalla carica di presidente e consigliere
L’indagine della Gendarmeria vaticana sulla diffusione di documenti segreti “ha permesso di individuare una persona in possesso illecito di documenti riservati”. A dichiararlo il capo della sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi, spiegando che questa persona “si trova ora a disposizione della magistratura vaticana per ulteriori approfondimenti”. E’ l’esito della “attività di indagine avviata dalla Gendarmeria secondo istruzioni ricevute dalla Commissione cardinalizia e sotto la direzione del Promotore di Giustizia” spiegano da Città del Vaticano. Informato dell’accaduto Benedetto XVI si è detto “addolorato e colpito”, come riferisce una fonte vicina al Papa, che sottolinea come “si tratti di vicende dolorose” e come il Pontefice, “consapevole della situazione” mostri “partecipazione” e sia appunto “addolorato e colpito”.
Si tratta di Paolo Gabriele, ‘aiutante di camera’ della famiglia pontificia, in sostanza il cameriere del papa. Questa mattina Gabriele è stato ascoltato in un interrogatorio dal promotore di giustizia vaticano, Nicola Picardi. Gabriele, conosciuto come ‘Paoletto’ in ambienti vaticani, è uno dei laici ammessi all’interno delle stanze degli appartamenti papali. Definito come una persona semplice e molto devota al pontefice, fa parte della selezionatissima cerchia di persone che lavorano a contatto con Benedetto XVI. Nello staff di collaboratori del Papa figurano anche quattro laiche, coordinate da una suora tedesca.
Benedetto XVI aveva incaricato a fine aprile i cardinali Herranz, presidente emerito della Pontificia Commissione per i testi legislativi, Tomko, prefetto emerito della Congregazione dell’Evangelizzazione dei popoli, e Salvatore de Giorgi, arcivescovo emerito di Palermo, di far luce sulle ripetute fughe di documenti riservati dagli archivi del Papa. Il promotore di giustizia della Città del Vaticano, competente sul territorio, è il professor Nicola Picardi.
L’ultimo episodio di fuga di notizie era avvenuto solo alcuni giorni fa quando è stata anticipata la pubblicazione di un libro di Gianluigi Nuzzi (Sua Santità). Il Vaticano aveva risposto duramente: “E’ un furto – recitava una nota – i giornalisti ne risponderanno”. Secondo lo Stato della Chiesa “sono ‘atti criminosi’ e i responsabili dovranno darne conto davanti alla giustizia”.
Secondo Il Foglio.it, i cardinali Julian Herranz, Josef Tomko e Salvatore De Giorgi sarebbero infatti “insospettiti principalmente del fatto che molti leaks usciti dal Vaticano sono lettere riservate del Papa”. Anche se, aggiunge il quotidiano online, “secondo molti egli sarebbe vittima della volontà del Vaticano di trovare in tempi brevi un colpevole di una carenza di governance che non sa gestire. Insomma, un capro espiatorio in mancanza di meglio”.
Una mole ingente di documenti riservati tuttavia è stata trovata dalla Gendarmeria Vaticana in un appartamento di via di Porta Angelica, dove Gabriele abita con la moglie e i tre figli. Romano, poco più che 40enne, l’uomo lavora nell’appartamento pontificio dal 2006, ed è stato inserito nella “famiglia” del Papa dopo essere stato a servizio del prefetto della Casa Pontificia, monsignor James Harwey. Ieri pomeriggio Gabriele è stato prima fermato dagli agenti comandati dall’ispettore generale Domenico Giani e poi interrogato dal promotore di giustizia (cioè una sorta di pm), Nicola Picardi, che lo ha dichiarato in arresto. A quanto si è appreso, i sospetti sul maggiordomo sono stati raccolti dalla Commissione Cardinalizia che indaga sulle fughe di notizie direttamente nell’appartamento del Papa. E se anche qualcuno ora si domanda in Vaticano se si tratti del “Corvo” o di un “capro espiatorio”, sembra molto difficile che l’arresto sia stato compiuto con leggerezza trattandosi di un “familiare” del Papa.
Qualcuno infatti deve pur aver trovato ieri il coraggio di avvertire Benedetto XVI di quanto stava accadendo prima a casa del suo collaboratore e poi nella caserma della Gendarmeria. E si può ben supporre che tali informazioni siano state presentate al pontefice con prove assolutamente inoppugnabili. Anche se, ovviamente, resta da capire se Gabriele, che finora godeva di unanime stima in Vaticano e anche tra i giornalisti che lo conoscevano, abbia agito da solo, mosso da un malinteso senso di giustizia, come accredita Gianluigi Nuzzi nel libro “Sua Santita’”, dove sono pubblicate le “carte segrete” sottratte all’archivio del Papa, oppure è parte di una più ampia cospirazione, volta a indebolire il Papa e i suoi collaboratori. In proposito è da registrare che ieri venivano fatte filtrare notizie su un possibile coinvolgimento del presidente uscente dello Ior, Ettore Gotti Tedeschi, nella fuga dei documenti riservati. Si e’ trattato probabilmente di un cortocircuito mediatico, essendo in corso nelle stesse ore, a poche decine di metri di distanza, l’interrogatorio di Gabriele e la drammatica seduta del Consiglio di Sovrintendenza dello Ior che ha sfiduciato Gotti Tedeschi.
Il sito Korazym.org, sempre molto attento a quel che avviene alla banca vaticana, ipotizza oggi gli scopi di un eventuale mandante di Gabriele: “La manovra – scrive – è chiara. Si vuole far vedere che la Curia è in balia del vento, che il Papa non riesce a governare, che il segretario di Stato è inutile e via di seguito. Ma i fatti invece dimostrano il contrario. I problemi quando ci sono vengono affrontati direttamente e senza paura. E vengono risolti: per ora – infatti – quello che è certo è che la sicurezza vaticana ha svolto con efficienza l’indagine e che la commissione cardinalizia voluta dal Papa ha saputo fare le dovute ricerche con discrezione ed efficacia”.
Non è la prima volta che un membro della “famiglia pontificia” si macchia di una simile infedeltà. E’ noto infatti il caso del dottor Riccardo Galeazzi Lisi, il medico di Pio XII, che veniva “stipendiato” da alcuni vaticanisti affinché li tenesse informati sulla salute del Papa, come ha raccontato in un libro l’attuale decano della Sala Stampa della Santa Sede, Benny Lai. Pio XII, una volta scoperto che Galeazzi Lisi lo tradiva, non lo rimosse, semplicemente si limito’ a non rivolgergli più la parola. “Se vuole stare in Vaticano che stia, ma faccia in modo che io non lo veda”, disse Papa Pacelli, che non immaginava però fin dove sarebbe arrivato, l’”archiatra corrotto” arrivato a fotografarlo sul letto di morte.
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Ior, scontro sulle norme antiriciclaggio: sfiduciato il presidente Gotti Tedeschi
Le motivazioni ufficiali comunicate dalla sala stampa vaticana: “Per non avere svolto varie funzioni di primaria importanza per il suo ufficio”. La sua posizione era in polemica sull’applicazione della legge sulla trasparenza finanziaria e sulla conduzione degli affari dell’ente, gestiti dal direttore generale Paolo Cipriani.
Ettore Gotti Tedeschi è stato sfiduciato dal consiglio di sovrintendenza dell’Istituto per le opere di religione, cioè lo Ior, la “banca” del Vaticano che presiedeva dal 2009. Le motivazioni della sfiducia votata all’unanimità sono: “Per non avere svolto varie funzioni di primaria importanza per il suo ufficio” come si legge nella nota diffusa dal Vaticano. L’attuale presidente vicario è Ronaldo Hermann Schmitz che ricopriva il ruolo di vice presidente dell’istituto. Interpellato dall’Ansa Gotti Tedeschi, non ha voluto rilasciare alcun commento: “Preferisco non dire nulla – ha detto raggiunto telefonicamente – altrimenti dovrei dire solo brutte parole. Abbiate pazienza”. Gotti Tedeschi non ha voluto nemmeno confermare personalmente la notizia del suo passo indietro.
La notizia è stata data nel corso del consiglio di sovrintendenza della banca vaticana. Ufficialmente Tedeschi presenterà le dimissioni domani alla commissione cardinalizia di vigilanza dello Ior composta dal presidente Tarcisio Bertone (segretario di Stato vaticano) e dai cardinali Attilio Nicora (presidente dell’Autorità di Informazione Finanziaria), Jean-Louis Tauran (presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso e presidente della Commissione per le Relazioni Religiose con i Musulmani), Telesphore Placidus Toppo (arcivescovo di Ranchi) e Odilo Pedro Scherer (arcivescovo di San Paolo del Brasile).
A quanto si apprende l’ormai ex presidente si è dimesso in polemica sull’applicazione della legge sulla trasparenza finanziaria e sulla conduzione degli affari dell’ente, gestiti in prima battuta dal direttore generale Paolo Cipriani. I problemi nell’Oltretevere, sono iniziati a gennaio 2012, quando è stata varata una legge che ha messo in discussione la precedente riforma delle finanze vaticane. A fine 2010, infatti, era stata varata con un motu proprio (cioè una disposizione) di Benedetto XVI una completa revisione delle procedure relative alle transazioni finanziarie – anche a seguito dell’indagine della magistratura di Roma su alcuni trasferimenti, e che avevano portato al sequestro di 23 milioni (poi dissequestrati) e l’ iscrizione nel registro degli indagati di Cipriani e Tedeschi.
Il Consiglio di sovrintendenza dello Ior comunica: “Adesso si guarda avanti, al processo di ricerca di un nuovo ed eccellente Presidente, che aiuterà l’Istituto a ripristinare efficaci ed ampie relazioni fra l’Istituto e la comunità finanziaria, basate sul mutuo rispetto di standards bancari internazionalmente accettati”.
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