Società

Spy Vaticano: assegno del papa a casa del corvo, è caccia ai complici

Questa notizia è stata scritta più di un anno fa old news
Il contenuto di questo articolo – pubblicato da La Stampa – che ringraziamo – esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

Roma – Vatileaks, primo passo verso la verità. Prosegue la caccia a complici e mandanti. Arrestato il 24 maggio, ai domiciliari dal 21 luglio, il maggiordomo del Papa, Paolo Gabriele, è stato rinviato a giudizio oggi per furto aggravato delle carte riservate della Santa Sede finite, nei mesi scorsi, in una trasmissione televisiva (‘Gli intoccabili’ di Gianluigi Nuzzi su ‘La7’), un giornale (il ‘Fatto quotidiano’) e, infine, nel bestseller di Nuzzi ‘Sua Santità’.

Benedetto XVI vuole «chiarezza, coerenza e trasparenza, non ha paura di affrontare i problemi che verranno fuori», assicura padre Lombardi. Il Papa «non si lascia mettere sotto pressione per quanto riguarda i tempi». Poi in aula le «coperture» cadranno, assicurano in Curia in risposta alle perplessità provocate dagli «omissis» contenuti negli atti della magistratura, cioè alle lettere alfabetiche (dalla «A» alla «W») che celano i nomi dei testimoni e di possibili altri complici dell’ex maggiordomo. «In tribunale, alle sigle utilizzate nella requisitoria e nella sentenza istruttoria, dovranno corrispondere delle identità precise- evidenziano al Palazzo Apostolico-. Altre responsabilità restano da chiarire, con ulteriori sviluppi della vicenda processuale. Questo è solo un primo, importante passo per arrivare alla piena verità».

La vicenda di Paolo Gabriele si arricchisce di alcuni dettagli che sinora erano al più filtrati sulla stampa. Il maggiordomo del Papa sostiene di aver contattato via internet il giornalista Gianluigi Nuzzi, dopo averne apprezzato il precedente bestseller, ‘Vaticano spa’, e di essere l’anonimo ‘corvo’ intervistato da Nuzzi nella trasmissione ‘Gli intoccabili’ (una testimonianza nella quale affermava di aver agito con una “ventina” di complici). Il movente viene illustrato da Gabriele in una delle tre testimonianze rese ai magistrati vaticani e riportata nei documenti pubblicati oggi: «Preciso che vedendo male e corruzione dappertutto nella Chiesa, sono arrivato negli ultimi tempi, quelli… della degenerazione, ad un punto di non ritorno, essendomi venuti meno i freni inibitori. Ero sicuro che uno shock, anche mediatico, avrebbe potuto essere salutare per riportare la Chiesa nel suo giusto binario. Inoltre nei miei interessi c’è sempre stato quello per l`intelligence, in qualche modo pensavo che nella Chiesa questo ruolo fosse proprio dello Spirito Santo, di cui mi sentivo in certa maniera un infiltrato”.

L’assistente di camera del Pontefice – che ha precisato di non aver “ricevuto versamenti in denaro o altri benefici” – spiega che ha agito spinto dalla convinzione che “il Sommo Pontefice non fosse correttamente informato su alcuni fatti” e, da convinto fedele, che “nella Chiesa si dovesse far luce su ogni fatto”.

Il Vaticano ha svelato i dettagli della fine istruttoria in una conferenza stampa che, pur a ridosso di Ferragosto, è stata affollatissima di giornalisti di varie nazionalità. La sala stampa vaticana ha pubblicato integralmente tanto la requisitoria del ‘promotore di giustizia’ (pm) Nicola Picardi quando la sentenza di rinvio a giudizio del giudice istruttore Piero Antonio Bonnet. I nomi delle persone che hanno testimoniato in questi mesi davanti agli inquirenti – con la sola eccezione del segretario personale del Papa, mons. Georg Gaensewin – sono stati sostituiti da lettere dell’alfabeto “per un principio di correttezza e riservatezza”, ha spiegato il portavoce vaticano Federico Lombardi.

Il processo sarà celebrato dopo il giorno di riapertura del tribunale vaticano a fine pausa estiva, il 20 settembre. Il Papa, che è stato ovviamente informato delle conclusioni a cui sono arrivate le toghe vaticane, è favorevole ad una linea di “trasparenza”, ha assicurato il portavoce vaticano. L’istruttoria condotta dalla magistratura vaticana si conclude con un colpo di scena: se sinora l’assistente di camera di Benedetto XVI era stato presentato come l’unico indagato del caso ‘Vatileaks’, la Santa Sede ha reso noto, oggi, che c’è una seconda persona rinviata a giudizio, Claudio Sciarpelletti, informatico, dipendente della segreteria di Stato vaticana. I magistrati vaticani, poi, hanno spiegato che con la tappa odierna si conclude solo parzialmente l’attività di indagine (relativa al furto delle carte riservate) mentre essa proseguirà, con la possibilità di altri indagati, sulla pista della loro divulgazione.

Copyright © La Stampa. All rights reserved