New York – Proprio mentre l’economia spagnola mostra nuovi segnali di debolezza e in occasione delle proteste antigovernative iniziate nella notte, che hanno gia’ visto scontri e arresti nelle strade di Spagna, si scopre che salvare le banche costera’ a Madrid il 15% della crescita economica.
Il tutto mentre aumentano le voci che danno per spacciato il paese della periferia dell’area euro. “Da sola non ce la fara’”. “La Spagna ci preoccupa”. Sono questi i titoli apparsi su giornali e social media negli ultimi giorni. Un brutto colpo “psicologico” per il paese, gia’ stretto nella morsa rappresentata dalla fragilita’ del settore immobliare e dalla montante disoccupazione.
Al 68,5% del Pil, il debito resta invece tra i piu’ contenuti dell’area euro. E’ il vero motivo per cui i mercati non hanno ancora condannato al default la Spagna, con il differenziale tra i rendimenti dei titoli di stato di casa e quelli tedeschi che rimane su livelli sostenibili.
In Spagna, tuttavia, i problemi sono tanti. Il mercato del mattone e’ sull’orlo del collasso, mentre la crescente disoccupazione sta tagliando le gambe ai consumi e agli investimenti. Sono entrambi fattori che non faranno che aumentare i buchi nei bilanci delle banche nazionali.
Un giovane su due e’ senza un lavoro, con il tasso di disoccupazione che e’ balzato al 24,3%, il massimo di tutta la regione europea. L’obiettivo dell’esecutivo e’ pertanto quello di interrompere la spirale infernale del lavoro al suon di riforme.
Il governo si e’ impegnato inoltre a far rientrare il deficit al 5,3% del Pil quest’anno. Un obiettivo che sarebbe anche credibile da raggiungere, se solo il 15% della crescita economica non dovesse essere dedicato a scongiurare il fallimento delle banche.
Ai cittadini vengono imposte nuove misure addizionali di austerity per altri 20 miliardi di euro, che si vanno ad aggiungere ai 15 miliardi gia’ preventivati. Si prospetta un inevitabile circolo vizioso che strozzera’ la crescita. Le stime ufficiali parlano di un Pil in calo dell’1,7%: attese ottimiste se si considera che molti osservatori indicano un tonfo di almeno il 2%.
Secondo gli analisti di Credit Suisse, anche se Madrid dovesse ritrovare la strada della stabilizzazione e del ritorno alla crescita dopo la parentesi recessiva scontata di quest’anno, il rapporto tra debito e Pil toccherebbe ad ogni modo un livello dell’80% nel 2017.
Tornando ai problemi degli istituti di credito, l’esposizione al settore immobiliare vale oltre 300 miliardi e ben la meta’ si possono considerare prestiti “problematici”, ossia che difficilmente saranno recuperati. Dalla crisi subprime a oggi lo stato ha sborsato 105 miliardi di euro per impedire il crack del sistema di credito. Ora servono altri 50 miliardi. In tutto fanno 155 miliardi, pari al 15% dell’intero Pil.
I principali sindacati spagnoli hanno indetto uno sciopero generale per la giornata di oggi, per protestare contro la riforma del mercato del lavoro al cuore del piano di austerita’ che verra’ approvato venerdi’. Si tratta dell’ottavo sciopero generale dalla restaurazione della democrazia dopo la fine del regime di Franco, nel 1978 (il primo durante il governo Rajoy, che si e’ insediato il 22 dicembre scorso).
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Il governo spagnolo, in piedi da meno di 100 giorni, sta cercando a tutti i costi di evitare lo stesso destino toccato alla Grecia, Irlanda e Portogallo, che hanno dovuto ricorrere ad aiuti esterni. Madrid non e’ ancora riuscita a soddisfare le richieste dell’Unione Europea in fatto di pareggio di bilancio e allo stesso tempo coinvincere gli investitori stranieri di avere le capacita’ per uscire dalla crisi.