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Solo tremila aziende hanno usato Salva Italia per assumere giovani

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Roma – Ricordate il decreto Salva-Italia? Tra i numerosi interventi di stimolo all’economia, il governo Monti ha introdotto, nel dicembre 2011, aiuti fiscali alle imprese che avrebbero assunto giovani under 35. Si trattava di un intervento che prevedeva la deducibilità integrale delle imposte dirette dell’Irap, relativa alla quota imponibile per le spese per il personale. In pratica si cercava di dare una spinta all’occupazione giovanile riducendo in modo consistente, e diretto, sia le tasse che il costo del lavoro per chi assumeva gli under 35.

A sette mesi dal decreto Salva-Italia, secondo i dati forniti dal ministero del Lavoro, solo 3.085 aziende hanno richiesto (e ottenuto) il beneficio per un numero totale di assunzioni pari a 11 mila 442. Una goccia nell’oceano se si pensa che i disoccupati dai 25 ai 34 anni, secondo l’Istat, nel primo trimestre 2012 si sono attestati a 836 mila unità.

I BENEFICI – Ma che cosa è cambiato dopo la manovra, per le imprese che vogliono assumere i giovani? Prima del Salva-Italia le deduzioni erano fissate a 4600 euro (che diventavano 9200 nel caso di lavoratori impiegati nelle regioni del Mezzogiorno). Con il decreto, invece, gli importi sono stati aumentati a 10.600 euro (15.200 euro per i lavoratori del Mezzogiorno). Una deducibilità che riguarda solo i lavoratori di età inferiore a 35 anni assunti a tempo indeterminato.

«Questi sgravi non sono sufficienti – commenta Maurizio Del Conte, professore di diritto del lavoro all’Università Bocconi – e questi dati lo dimostrano. Per sbloccare l’occupazione giovanile ci vuole una manovra decisiva, uno sgravio del costo del lavoro del 22% per arrivare a un’aliquota secca per tutti del 10%. Dal 2008 al 2011 – aggiunge il professore – sono spariti dalla dichiarazione dei redditi 200 mila giovani.

È necessario un intervento choc per invertire la rotta e rendere veramente vantaggiosa l’assunzione dei giovani. Qualsiasi altro timido intervento non produrrà risultati. Il rischio, oggi, è che si perda una generazione che non troverà chance occupazionali in tutti questi anni».

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