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SOLO L’ ALTA TECNOLOGIA PUO’ SALVARE L’ EUROPA

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(WSI) – Grandi consulti in questi giorni sulle monete, e i medici accorsi al capezzale dei malati sono il meglio del mondo, e cioè i governatori delle banche centrali dei più importanti paesi. Il risultato, però, è abbastanza vicino a zero, come di consueto.

Da un lato tutti sanno che cosa bisognerebbe fare (rivalutare il dollaro, ridurre i deficit commerciale e federale americani, rivalutare la valuta cinese, dare più spinta all´Europa, ecc.). Basta aprire qualunque giornale e si possono trovare elenchi dettagliati delle cose che sarebbe bene che accadessero. Poi, per la verità, accade tutto il contrario. O, al massimo, non accade niente.

E i mercati ne tengono conto. Accade, ad esempio, che il capo della Federal Reserve americana, Alan Greenspan, faccia un discorso molto sensato (sulla linea delle cose che abbiamo appena elencato), ma i mercati capiscono che in realtà persino Greenspan è impotente e che quindi tutto andrà esattamente come sta andando. Il dollaro continuerà cioè a scendere, l´Europa resterà quella specie di zitella dell´economia mondiale che è, e i cinesi tireranno dritti per la loro strada, anche se a una velocità un po´ minore.
E quindi, visto che non è possibile invertire i trend in atto, risulta anche impossibile invertire la frenata dell´economia mondiale che è partita ormai da qualche mese.

La cosa è particolarmente grave per l´Europa, che rischia di pagare un prezzo “congiunturale” molto elevato, ma anche un prezzo “strutturale” forse ancora più pesante. La spiegazione del perché questo può accadere è abbastanza facile da capire.

Da un lato la svalutazione del dollaro (che nessuno sa fin dove potrà arrivare: molti dicono che 1,30 contro l´euro basta e avanza, altri dicono che vedremo un cambio fino a 1,70) ha l´ovvio risultato di deprimere l´economia europea, che trova crescenti difficoltà a esportare nell´area del biglietto verde. E poiché l´Europa ha un´economia che, purtroppo, si regge quasi solo sulle esportazioni (la domanda interna non parte, per sfiducia, per politiche necessariamente restrittive e altro), il fatto che stia diventando di giorno in giorno più difficile (o meno remunerativo) esportare, ha le sue conseguenze.

Sarà un caso, che proprio qualche giorno fa uno dei più importanti centri di previsione (Global Insight) ha messo nero su bianco che nel 2005 la ripresa in Europa sarà inferiore a quella già scarsa del 2004. E nel fare questo ha reso esplicito (con dei numeri) quello che un po´ tutti ormai pensano. E cioè che in questo momento in Europa non è in atto alcuna ripresa e che, anzi, è in atto una frenata che porterà la crescita complessiva del 2005 a essere più bassa di quella del 2004.

E infatti si sarà notato che, a differenza degli altri anni, i governanti non parlano più di grande ripresa a primavera. Sanno benissimo che non ci sarà, purtroppo, alcuna ripresa. Anzi, i più saggi fra i governanti stanno blindando le loro economie per cercare di essere danneggiati il meno possibile. In qualche paese gruppi importanti di lavoratori accettano di lavorare di più (con la stessa paga) per evitare che la loro azienda si trovi con l´acqua alla gola davanti alla competizione internazionale, resa più micidiale da questo dollaro che continua a scendere.

Questo è il danno “congiunturale”, e non sarà piccolo. Ma poi esiste (è l´altra faccia della medaglia) un danno di tipo “strutturale”. Se infatti il dollaro debole rende meno facili le esportazioni, lo stesso dollaro debole rende più interessanti gli investimenti europei (e quindi italiani) all´estero (perché alla fine vengono a costare meno).

Il dollaro basso, quindi, realizza la seguente spirale perversa:

1 – Rende meno competitive le merci europee. E quindi le imprese europee (e italiane) hanno bisogno di recuperare produttività per non affondare.

2 – Lo stesso dollaro basso, però, rende più interessanti gli investimenti europei in Asia perché con lo stesso ammontare di euro si comprano più dollari e quindi alla fine l´investimento viene a costare meno.

3 – In sostanza, a un´industria europea (e italiana) messa alle strette dal dollaro basso e alla ricerca di una nuova a maggiore competitività, lo stesso dollaro basso offre l´opportunità di “trasferirsi” in Asia a prezzi molto convenienti.

Insomma, siamo come finiti dentro una macchina infernale che sta spingendo l´industria europea (e italiana) fuori dall´Europa, verso i mercati asiatici. E questo è il danno strutturale.

Esistono modi per opporsi a questo meccanismo? Non molti. Anzi, forse ne esiste uno solo. “Trasferire” il nostro sistema produttivo verso l´alto mentre le imprese low-tech vanno a trasferirsi (inevitabilmente) in Asia.

In sostanza, bisogna fare quello che non si è mai fatto sul serio. Puntare tutte le nostre carte sull´innovazione, sulle aziende un po´ hi-tech, sulle imprese che possono essere comunque competitive perché hanno tecnologie importanti.
In caso contrario, e cioè se il nostro sistema non riesce a fare un passo verso l´alto, allora il tritasassi “dollaro basso” farà della nostra economia una polpetta.

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