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Società associate: dubbi sui contratti

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di Rosa Rutigliano

L’Agenzia delle Entrate ha dato soluzione ad una fattispecie di contratto di associazione in partecipazione elaborando la risoluzione n. 123 del 4 giugno.
Il provvedimento suscita interesse perché affronta il caso di una società associata che per il modo in cui partecipa nella società associante solleva perplessità sulla natura dei compensi ricevuti, configurandosi gli stessi quale reddito dell’associato ovvero remunerazione di un reddito di capitale.
Il caso quindi consente di raccogliere osservazioni sull’applicazione dell’articolo 89, comma 2, del Testo Unico delle imposte dirette.
Il quesito posto al Fisco riguarda una società Alfa che ha per oggetto lo svolgimento a favore di terzi di servizi diretti alla gestione di patrimoni mobiliari e immobiliari.
Questa società si avvale di altra società Beta, con cui stipula un contratto di associazione in partecipazione, operante nel settore della gestione patrimoniale e della consulenza su investimenti.
Quest’ultima società, sulla basse degli accordi raggiunti, mette a disposizione dell’associante, a titolo di apporto, senza alcun vincolo di subordinazione, almeno uno dei suoi dipendenti con competenza ed esperienza; inoltre, sempre a titolo di apporto, concede la licenza e l’uso del proprio logo e nome affinché la società associante li possa utilizzare per reclamizzare i servizi di analisi e consulenza su investimenti finanziari prestati dall’associante in collaborazione con l’associato.

Previsioni
Il contratto prevede anche che l’associante, non a titolo di apporto, riaddebita il 50 per cento dei costi effettivamente sostenuti nell’esercizio per la realizzazione dell’iniziativa economica all’associata.
Nel contratto si specifica espressamente che i costi riaddebitati all’associata non costituiscono un apporto ai sensi dell’art. 2549 del codice civile, anche se le relative pattuizioni sono accessorie a quelle previste dal contratto e costituiscono uno dei motivi fondamentali per cui l’associante ha concluso il contratto con l’associato.
L’associante nel contratto in questione si impegna ad attribuire all’associato una partecipazione in misura pari al 50 per cento degli utili risultanti dallo svolgimento dell’iniziativa economica, calcolati sulla base delle entrate dedotte le spese sostenute.
Ora, si pone il problema di definire fiscalmente il trattamento a cui sottoporre i flussi finanziari intercorrenti tra l’associante e l’associato a titolo di remunerazione dell’apporto e a titolo di riaddebito dei costi sostenuti.
La società associante ritiene che il contratto in oggetto sia da ricondurre nella categoria dei contratti di associazione in partecipazione con apporto diverso da quello di opere e servizi.
In virtù di questa qualificazione è da ritenere indeducibile quanto corrisposto a titolo di remunerazione del contratto all’associato; gli utili corrisposti concorrerebbero alla formazione del reddito della società associata in misura pari al 5% del totale percepito ai sensi dell’articolo 89, comma 2, del Testo Unico.
L’Agenzia delle Entrate, invece, giudica determinante l’apporto effettuato dall’associato per qualificare il contratto come contratto di associazione in partecipazione; perciò nel caso di apporto costituito da opere e servizi, come nell’ipotesi in questione, le remunerazioni corrisposte all’associato sono deducibili dal reddito prodotto dalla società associante in base al criterio di competenza e indipendentemente dall’imputazione a conto economico. Gli stessi redditi sono assoggettati integralmente a tassazione in capo alla società associata.

Capitale
Diversamente per i contratti di associazione in partecipazione con apporto di capitale ovvero di capitale e lavoro, l’articolo 109, comma 9, lettera b), del Tuir (testo unico per le imposte sui redditi), stabilisce l’indeducibilità in capo all’associante di ogni tipo di remunerazione dovuta all’associato.
Di converso in capo al percettore, tali compensi sono assoggettati a tassazione con le stesse modalità previste per gli utili spettanti in relazione alla partecipazione in società.
Pertanto, la corretta disciplina fiscale applicabile al caso descritto richiede di stabilire preliminarmente la natura dell’apporto reso dall’associato.
Il Fisco, nella fattispecie esaminata, ritiene che gli obblighi assunti dalla società associata consistono in parte in una prestazione di opere e servizi -messa a disposizione di un dipendente e del logo e nome- e in parte in una prestazione in danaro.
L’assunzione di tali obblighi da parte dell’associato conferisce al contratto natura di contratto di associazione in partecipazione con apporto misto, la cui remunerazione non potrà essere dedotta dalla società associante.
Tale natura è da riconoscersi indipendentemente dal fatto che nel contratto è precisato che le prestazioni in denaro non costituiscono apporto ai sensi dell’articolo 2549 del codice civile.