Parlano di una “lettera di fuoco” i dirigenti del ministero del Commercio internazionale che scorrono la relazione con cui il ministro per il Commercio internazionale e le Politiche Ue, Emma Bonino, presenta il rapporto finale sulla gestione 2005 della Simest, la società che sostiene le imprese italiane all’estero. La lettera di Bonino non prende di mira gli amministratori della Simest, che è posseduta con oltre il 75 per cento dal dicastero del Commercio internazionale, bensì i soci privati che rappresentano il 25 per cento, tra cui le maggiori banche italiane. Il ministro nella missiva sottolineerebbe criticamente il fatto che, nonostante ripetuti aumenti di capitale di Simest, necessari per patrimonializzare l’azienda, gli azionisti privati non avrebbero adempiuto gli impegni precedentemente assunti, non partecipando pro-quota alle ricapitalizzazioni. L’effetto di questo arretramento degli azionisti privati è rintracciabile nella composizione del capitale sociale, specie se raffrontato con quello di inizio attività: in pochi anni si passa da una quota detenuta dagli azionisti privati di circa il 48 per cento a una quota attuale che si è ridotta di quasi la metà, sebbene la tendenza dovesse essere opposta secondo le dichiarazioni iniziali, spiegano ambienti del dicastero retto da Bonino.