Società

Snam fa pagare ai consumatori buco da 284 milioni

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Roma – A partire da questo agosto, per i prossimi dodici mesi i consumatori di gas dovranno pagare una componente tariffaria aggiuntiva di 0,4 centesimi di euro / Smc. Perché? Per tappare il buco da circa 284 milioni di euro che Snam, l’operatore della rete di trasporto nazionale del gas, si è trovata in seguito ai mancanti pagamenti da parte di alcuni grossisti.

La vicenda ha del surreale sia per la sua evoluzione, sia per la conclusione, sia perché appare l’antipasto dopo il quale verranno ulteriori incrementi. La vicenda ha del paradossale. Tutto inizia alla fine dell’anno scorso, quando le rimostranze degli operatori per l’entità delle garanzie richieste da Snam – a loro giudizio eccessive – convincono il giudice amministrativo, che sospende il sistema definito dalle precedenti delibere dell’Autorità. Così, dal 1 dicembre 2011 al 31 maggio il bilanciamento gas è andato avanti sostanzialmente in assenza di un sistema di garanzie – e i “furbi” hanno potuto approfittarne fino a quando il nuovo meccanismo è entrato in vigore il 1 giugno. In questi sette mesi, sono così maturati i crediti di Snam verso le sue controparti per un totale di circa 284 milioni di euro.

Ora, la ragione profonda del problema sta nello scontro fortissimo tra la pretesa di Snam di ottenere garanzie troppo alte (e in alcune prese di posizione iniziali addirittura asimmetriche, nei fatti, tra il suo azionista Eni e tutti gli altri) e la richiesta dei grossisti di giocare su un terreno più equo. Il punto di mediazione raggiunto inizialmente dal regolatore si è rivelato insostenibile e ha dato origine al patatrac. Quello che colpisce, ex post, è tuttavia la decisione di socializzare integralmente il “rischio cliente” sostenuto da Snam. E’ vero che Snam ha subito una perdita (poteziale?) di 284 milioni di euro, ed è vero che tale perdita è dovuta largamente al “vuoto” che si è creato in conseguenza della decisione del Tar, ma è corretto chiedere al sistema di farsi carico dell’intero buco, senza lasciare all’operatore di rete neppure un rischio simbolico?

In altre parole, l’aspetto sinistro dell’ultima delibera dell’Autorità, alla quale presumibilmente ne seguirà una analoga relativamente ai circa 400 milioni di euro di buco maturati negli stoccaggi, è duplice: in primo luogo che si decida che Snam va protetta da qualunque tipo di rischio-cliente, secondariamente che tale rischio venga automaticamente assunto uguale a uno. Cosa succederà se, nei prossimi mesi, il gestore dei tubi riuscirà a riscuotere parte dei crediti spettanti? O, ciò che è lo stesso, per quale ragione Snam dovrebbe essere disincentivata dal tentare di farlo attraverso la piena copertura dei suoi mancati ricavi? Peraltro, l’incremento tariffario di 0,4 centesimi può apparire minuscolo ma piccolo non è: se consideriamo che tutte le attività di commercializzazione e vendita del gas pesano, mediamente, secondo l’Autorità, per circa 7 centesimi / Smc sulla famiglia tipo, stiamo parlando di un rincaro di questa componente di quasi il 6 per cento.

Come ha scritto Gionata Picchio in un puntuto commento sulla Staffetta Quotidiana,

“Per colpa di quello scontro per sei mesi il mercato ha funzionato del tutto senza garanzie. E il conto milionario lo pagheranno – anche se a rate e forse senza nemmeno accorgersene – i consumatori. Viene da chiedersi se tutto ciò non si potesse evitare… I fatti sembrano mostrare che la denuncia degli operatori era tutt’altro che campata in aria, se è vero che l’Autorità, alla fine, ha aggiustato il sistema proprio nel senso richiesto: rendendolo meno costoso“.

La sensazione, detta papale papale, è che l’atteggiamento del regolatore sia stato di eccessiva cautela e di troppa tutela per gli interessi di Snam, a scapito di una più equa distribuzione dei rischi. Nessuno nega che sia nell’interesse del mercato (e dunque del consumatore) la creazione di un sistema di garanzie sufficientemente robusto da scoraggiare gli avventurieri. Ma “sufficientemente” è diverso da “totalmente rigido”, perché c’è un tradeoff ineliminabile tra la rigidità e l’ingresso di nuovi competitor. La pretesa di annullare il rischio equivale alla scelta di sbattere non solo le mele marce, ma anche quelle buone fuori dal mercato. In questa brutta vicenda – che speriamo chiusa e destinata a non ripetersi – si nota ancora una volta il forte potere contrattuale di Snam verso tutti gli altri stakeholder; potere che è difficile non ricondurre alla proprietà pubblica e, all’epoca dei fatti, addirittura all’interno di un quasi-monopolista verticalmente integrato. Nessun attore dovrebbe essere più uguale degli altri. Ciascuno dovrebbe essere chiamato ad assumersi la sua quota di rischio. Altrimenti non è ben chiaro perché qualcuno, in assenza di rischio, debba vedere le sue attività remunerate forse anche troppo generosamente.

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