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SINDROME DEL 29%

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Il regno di Roberto Colaninno a Telecom Italia e’ finito cosi’ come era cominciato: con un abuso degli azionisti di minoranza. Lo ha scritto il Financial Times; ed e’ vero, come sa chiunque possieda azioni del gruppo.

Tuttavia la vicenda Bell-Pirelli-Benetton-Olivetti-Telecom non e’ che l’ultimo tassello, il piu’ clamoroso, di una lunga serie di abusi perpetrati in sfregio al libero mercato finanziario. E in barba alla legge dell’OPA.

Negli ultimi mesi abbiamo assistito a una girandola di acquisizioni o progetti di acquisizione tendenti a trasferire il possesso di quote azionarie (ecco il minimo comune denominatore) comprese tra il 28 e il 29%.

Allora: SAI ha acquistato il 29% di Fondiaria. Corbelli ha rilevato il 28,5% di Finarte. I soci di BIPOP hanno messo in vendita il 28% dell’istituto di credito. E la vicenda Bell-Olivetti-Telecom e’ ancora calda in queste ore a Piazza Affari.

Naturalmente tutti i soggetti coinvolti hanno validi motivi per effettuare le loro operazioni fermandosi al 29%, soglia dove scatta l’obbligo di OPA (offerta pubblica di acquisto).

E’ possibile che Corbelli non abbia trovato nessuno disposto a cedergli un pacchetto piu’ grande. Ed e’ possibile che gli azionisti BIPOP non possiedano un numero maggiore di titoli da vendere.

Nel caso Telecom, poi, Pirelli e Benetton avrebbero dovuto sborsare tra i 150 e i 200mila miliardi di lire per lanciare l’OPA. Infine, su Fondiaria deve ancora pronunciarsi la Consob; vedremo quali motivazioni verranno addotte dalle parti in causa, ma e’ chiaro che l’obiettivo sara’ lo stesso: qualsiasi giustificazione sara’ valida pur di non oltrepassare il 30%.

Sembra dunque che il numero 29 sia diventato scaramantico, o sia comunque portatore di benefici effetti per tutti gli azionisti, e per il mercato finanziario, visto che è determinante per il cambio di proprietà delle società quotate a Piazza Affari.

In realtà non è così. Anzi, è assolutamente vero il contrario: il numero 29 è iettatorio e negativo, sia perche’ ricorda il crollo di Wall Street del ’29, e soprattutto perche’ significa elusione, e per niente elegante, della normativa italiana in materia di OPA.

Tutte queste pseudo-scalate che si fermano nelle immediate vicinanze della soglia del 30% mirano solo a evitare che scatti l’obbligo di dover lanciare un’offerta publica di acquisto sulla totalità del pacchetto azionario che coinvolga quindi anche gli azionisti di minoranza.

Lo scalatore si accontenta del 29% perché è sufficiente a mantenere il controllo dell’azienda-bersaglio, oppure organizza una fusione con una società che egli stesso gia’ possiede, ottenendo cosi’ una maggioranza ampia, sempre senza incappare nell’OPA e, ovviamente, risparmiando notevoli risorse finanziarie (comprando Bell per soli 7 miliardi di euro Pirelli e Benetton hanno conquistato Telecom Italia che di euro ne vale 55 miliardi).

La legge italiana rende queste procedure perfettamente lecite, ma non si può certo dire che si tratti di prassi deontologicamente corrette che fanno gli interessi di tutti gli azionisti.

Si tratta quindi di cambiare le leggi in vigore, avvicinandole a quelle del mercato Usa, facendo in modo che chiunque possiede titoli azionari sia protetto dall’arroganza dei grandi gruppi industriali e finanziari.

Il capitalismo all’italiana, cosi’ com’e’ oggi, e’ un Monopoli giocato tra 10 persone, con milioni di spettatori che pagano biglietti molto salati solo per assistere alle mosse delle pedine sul tavolo.

Ma se le cose rimangono cosi’, di fatto gli azionisti vengono divisi in due categorie: coloro che vendono le azioni di maggioranza relativa, sovente pagate di più e in contanti, e coloro che non partecipano alla cessione del 29% iniziale e spesso non incassano neanche una lira (sotto-ipotesi: incassano meno di coloro che hanno venduto per primi, o vengono pagati con “carta” nel corso della successiva fusione). In tutti i casi, la fattispecie e’ la stessa: l’abuso dei soci di minoranza.

In realta’ al momento non vi è nessuno strumento giuridico per prevenire o evitare queste situazioni che – ribadiamo – sono perfettamente lecite, stanti le attuali leggi.

Pero’ si può egualmente pensare che il mercato eserciti una propria forma di autotutela e che in qualche misura possa provvedere a “punire” coloro che ne hanno violato le regole (forse parlano da soli i risultati della borsa di lunedi’: Pirelli e Telecom hanno perso tra il 15 e il 16%).

E’ evidente che coloro che trattano in questo modo i soci della società appena acquisita (che probabilmente diventeranno i loro azionisti), dimostrano di non avere alcun rispetto per gli investitori individuali presenti e soprattutto per quelli futuri.

Anzi, è pressoché certo che in caso di cessione della società cercheranno di avvantaggiare se stessi a danno degli azionisti di minoranza o comunque di coloro che non appartengono al loro gruppo o alla cerchia dei loro amici.

In situazioni del genere non vi è altra soluzione che abbandonare queste società perché non hanno rispetto per il mercato finanziario e per gli investitori.

L’obiettivo di questi signori non e’ massimizzare il valore delle azioni. Probabilmente hanno ben altri fini.

* Cesare Ippaso e’ uno pseudonimo dietro al quale si cela un alto funzionario dell’amministrazione statale che per motivi legati al suo incarico non puo’ comparire ufficialmente.

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