Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.
(WSI) –
«Pessimismo rassegnato». È raro leggere
un’espressione dall’accezione tanto negativa.
Gli esperti dell’Acri, l’associazione delle
casse di risparmio, non hanno d’altronde
voluto lasciare adito al dubbio sulle evidenze
riscontrate nell’indagine 2007 sul risparmio
in Italia. Secondo la quale, rispetto
al 2006, è sceso «in modo non trascurabile
il numero di coloro che riescono a risparmiare
».
In particolare, dalle circa mille interviste
compiute su un campione rappresentativo
della popolazione adulta, la percentuale
di chi è riuscito a mettere da parte
qualche soldo è scesa dal 37% al 33%,
mentre è aumentato al 39% il numero di
coloro che non sono riusciti ad accumulare
risparmio poiché hanno speso tutto il reddito
loro disponibile. Senza poi contare che,
dal 2001, le famiglie in «saldo negativo»
(quelle andate oltre le loro possibilità) sono
costantemente cresciute intorno al 2%
annuo, di modo che il dato complessivo
sfiora ora il 27%, contro il 13% registrato
nel 2001.
Tracciato il quadro generale, gli
esperti dell’Acri hanno approfondito l’attitudine
all’investimento dei risparmiatori
indiduati. È così emerso quanto sia ancora
vivo il ricordo dei «bidoni» Parmalat, Cirio
e compagnia bella. Difatti, ben il 38% degli
interpellati ha individuato nella solidità
dell’investimento, intesa come la «reputazione
del soggetto che lo propone», la variabile
determinante nella scelta di allocazione
del risparmio. Solo il 27% si è invece
concentrato sull’effettiva rischiosità dell’impiego
ed è ancora inferiore la quota di
coloro che hanno guardato innanzi tutto alla
redditività (18%).
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Sul piano dei prodotti
preferiti, è calata l’attrattività dell’investimento
nel mattone a vantaggio di strumenti
d’investimento considerati più sicuri,
quali i titoli di Stato, certificati di deposito,
obbligazioni e libretti di risparmio, adesso
nelle grazie del 25% degli interpellati, a
fronte del 13% di un anno fa.
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