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SI PUO’ EVITARE LA FUGA DI CERVELLI E CAPITALI?

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Come evitare la “fuga dei cervelli”, e la conseguente fuga dei capitali, all’estero?

E’ ormai arcinoto il circolo vizioso in cui gli scienziati italiani di valore sono costretti a emigrare all’estero, molti negli USA, dove trovano finanziamenti e dove spesso riescono a trasformare in prodotti commerciali il frutto del proprio lavoro.

Il risultato e’ che gli investimenti seguono questi cervelli, e quindi di capitali esteri in Italia ne arrivano ben pochi. E il mercato finanziario italiano e’ costretto ad accusare il colpo.

Giovedi’ 10 gennaio scienziati “emigrati” italiani hanno incontrato a New York alcuni accademici e politici della penisola per trovare il modo di bloccare questo circolo vizioso.

Alla conferenza “USA-Italy Workshop”, indetta dal Consolato italiano e sponsorizzata dal Centro Nazionale Ricerche e altri enti pubblici e privati, erano presenti anche alcuni investitori americani per dire la loro.

Anche Wall Street Italia era presente, e ne ha raccolto gli spunti.

I termini della questione e alcuni numeri

La questione, dai risvolti molto complessi, e’ stata formulata molto succintamente da Andrea Califano, veterano di bioinformatica e imprenditore.

“In Italia ci sono 1600 brevetti italiani sfruttati da aziende italiane e 50.000 brevetti italiani sfruttati da aziende estere”, ha detto Califano, che dopo 14 anni all’IBM ha deciso di fondare la First Genetic Trust.

Ma questo e’ solo un lato della questione, ha aggiunto Claudio Basilico, docente di microbiologia alla New York University, in un clima che diventava sempre piu’ acceso. Il problema vero e’ che gli enti pubblici non hanno soldi per la ricerca: “forse e’ per mancanza di cultura, o di desiderio, da parte dello Stato”, ha detto Basilico, “non vedo l’interesse dei politici”.

Negli USA il governo federale finanzia la ricerca di base (il primo stadio che non offre necessariamente applicazioni dirette) per il 71%.

L’interesse ce l’hanno invece di sicuro gli investitori americani, come ha chiarito Ira Nordlicht, venture capitalist nel settore biofarmaceutico: “il settore italiano della ricerca e’ una risorsa vergine, un mercato umano da sfruttare in senso commerciale”.

Il vero problema, secondo Nordlicht, e’ il mercato dei capitali. “Non ci sono attivita’ efficaci di venture capital, in grado di individuare le risorse e motivare i ricercatori-imprenditori con l’opportunita’ di guadagnare denaro”.

E non ci sono strategie d’uscita per le aziende giovani che vogliono lanciarsi sul mercato finanziario. “In Italia e’ molto difficile portare un’azienda sul mercato”, ha concluso Nordlicht.

La proposta degli scienziati-emigrati

Quattro autorevoli scienziati italiani, di cui tre emigrati all’estero con grande successo, hanno steso un “documento” programmatico in cui propongono di costruire delle “reti di incubazione”, alleanze strategiche tra gli USA e l’Italia per favorire lo sviluppo della ricerca e sviluppo italiani a livello globale.

“Nel corso degli anni un numero considerevole di scienziati e di ingegneri italiani hanno raggiunto rilievo negli USA, raggiungendo posizioni di guida e dimostrando i benefici dell’interazione tra scienza e industria”, si legge nel documento stilato da Giorgio Bugliarello, chancellor al politecnico di new York, e Alex Coletti, senior systems engineer alla Titan Systems Corp.

“Questo network di esperti che operano nell’industria, nell’accademia e nell’impresa privata puo’ aiutare a rafforzare la relazione tra gli USA e l’Italia, e creare cosi’ nuove produttive interazioni scientifiche e di business”, e’ la formulazione dell’obiettivo di massima, alla cui redazione hanno partecipato anche Massimo Pettoello-Mantovani, docente di pediatria all’Einstein College of Medicine di New York, e Luciano Caglioti, docente di chimica organica e advisor del CNR.

Come mettere in pratica questo programma? La proposta e’ quella di costruire una “task’force” con il compito di organizzara l’interazione tra gli scienziati italiani e le loro controparti negli USA per:

– identificare aree di ricerca su cui istituire collaborazioni di formazione

– stimolare la mobilita’ dei ricercatori italiani all’estero, e di quelli esteri in Italia

– favorire la formazione di fondi privati per la ricerca italiana

– potenziare la presenza italiana nei settori di frontiera

Auguriamo loro buona fortuna.