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SETTORE BANCARIO: TORNA LA PAURA DEFAULT

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Se le teste rotolano, vuol dire che la crisi avanza. Per questo nessuno ieri è riuscito a leggere qualcosa di positivo nel licenziamento di G. Kennedy Thompson, Ceo di Wachovia e nel ridimensionamento degli incarichi di Kerry Killinger, il capo di Washington Mutual: per il mercato, le due notizie, hanno prodotto un ritorno improvviso ai dolori della crisi subprime, ancora alla radice dei problemi delle due banche, proprio quando sembrava che le cose volgessero al meglio.

Le ricadute di queste due notizie le abbiamo subito viste sul mercato. I due titoli hanno trascinato al ribasso un po’ tutti i bancari, anche i più grandi, come J.P Morgan Chase, Bank of America, Citigroup, che hanno registrato diminuzioni medie del 2%. Hanno indotto Standard and Poor’s a ridurre ieri il merito di credito di Merrill Lynch, Lehman Brothers e Morgan Stanley perché hanno utilizzato “titoli ibridi” per rafforzare il loro capitale. S&P ha anche emesso un “warning”, un “avvertimento”, per Bank of America e J.P. Morgan Chase proprio per la fragilità del settore subprime. Il mercato non l’ha presa bene.

Nel durante l’indice Dow Jones perdeva fino all’1,4%, al ribasso di 182 punti, poi, in chiusura ridimensionava le perdite al l’1,06%, 134,50 a quota 12.503,82. Le notizie hanno anche scatenato una ridda di pettegolezzi. Si dice che il cambiamento ai vertici di Wachovia, dove le redini andranno ad interim a Lanty L. Smith, presidente indipendente (proprio come capitò a Merrill Lynch) preannunciano una nuova forte contabilizzazione in perdita per il prossimo trimestre, forse alcuni miliardi di dollari.

Nessuno dunque ha creduto alle parole di Smith. Il nuovo Presidente ha cercato di rassicurare. Ha escluso che vi sarà bisogno di nuovi aumenti di capitale e ha detto che i problemi di Golden West, la Cassa di risparmio con forti esposizioni ai prestiti subprime che Wachovia acquistò nel 2006, non rappresenta più un problema serio per i bilanci della banca. Le cose sono ancora più tristi per Washington Mutual. Il titolo aveva già subito una delle cadute più forti del settore, da quando la crisi subprime ha messo in ginocchio anche i colossi del comparto. Era passato da un massimo di quasi 45 dollari per azione, meno di un anno fa, a 8,96 dollari per azione alle quotazioni di ieri. Non solo, si dà per certo che il ridimensionamento di Killinger sarà soltanto l’anticamera del suo licenziamento e, ovviamente, come da copione, di nuove rivelazione negative sui bilanci della banca, un ex gioiellino che occupa 60.000 persone e ha un fatturato di 16 miliardi di dollari. Almeno, cosi affermano gli analisti di Citi, Ubs e Deutsche Bank.

Mike Mayo, proprio di Deutsche Bank ieri ha scritto: «Continuiamo ad avere un orientamento al ribasso e questa mossa sottolinea le nostra preoccupazione per un possibile deterioramento di attività patrimoniali». Come sappiamo, quando si deteriora la posizione di una banca il rischio di un effetto domino è sempre possibile. Quando le banche sono due, anzi, tre in un giorno, se aggiungiamo la crisi della banca inglese Bradford & Bingley, il rischio diventa quasi certezza.