Società

SETTIMANA DI ACQUISTI NEI MERCATI AMERICANI

Questa notizia è stata scritta più di un anno fa old news

Nonostante le persistenti incertezze sul fronte geopolitico e il debole quadro macroeconomico delineato dagli ultimi dati, Wall Street ha archiviato la settimana con un consistente rialzo. In un mercato caratterizzato da bassi volumi di scambio ed elevata volatilita’, il guadagno messo a segno dai listini azionari ha pero’ le caratteristiche di una correzione tecnica, dovuta a condizioni di ipervenduto.

Secondo gli esperti, la questione irachena continuera’ a incidere sui mercati in modo significativo. E’ di questa mattina la dichiarazione del segretario della Difesa USA, Donald Rumsfeld, che le truppe americane sono pronte ad attaccare Baghdad.

“L’ipotesi di un conflitto deprime la fiducia degli investitori in qualunque contesto di ripresa dell’economia o degli utili societari”, ha spiegato Brian Piskorowski, analista di Prudential Securities.

La soluzione della crisi mediorientale, diplomatica o militare che sia, costituirebbe quindi, se non la panacea, almeno la rimozione di un importante ostacolo per la ripresa dell’economia e dei mercati.

“Nonostante i numerosi elementi di incertezza sono piuttosto ottimista – ha dichiarato Barton Biggs, chief global strategist di Morgan Stanley -. L’economia Usa gode di un elevato grado di resistenza, e se gli sviluppi della situazione geopolitica saranno ragionevolmente positivi assisteremo ad un calo del prezzo del petrolio e alla fine del malessere che attanaglia i mercati”.

Il Dow Jones ha chiuso a quota 8.018,11, in rialzo di 109,31 punti (+1,38%) rispetto a venerdi’ scorso. Dall’inizio dell’anno l’indice industriale e’ in calo di 323,52 punti (-3,88%), mentre rispetto a un anno fa segna un calo di 1.950,04 punti (-19,56%).

Con un incremento del 2,96% (+38,82 punti) il Nasdaq ha registrato il guadagno settimanale piu’ consistente, portandosi a quota 1.348,99. Dall’inizio dell’anno l’indice tecnologico guadagna 13,48 punti (+1,01%), mentre rispetto allo stesso periodo del 2002 e’ in calo di 375,55 punti (-21,78%).

L’S&P 500 ha guadagnato 38,82 punti (+2,96%), chiudendo a quota 848,17. Dalla chiusura del 31 dicembre 2002 l’indice ha registrato un ribasso di 31,65 punti (-3,60%), mentre su base annua la perdita e’ di 241,67 punti (-22,17%).


































Performance settimanale dei listini
americani
Indici Valori al 21/2/2003 Variazioni ultima
settimana
Variazioni da inizio anno Variazioni ultimi 12 mesi
DJIA 8018,11 +109,31
(+1,38%)
-323,52 (-3,88%) -1.950,04 (-19,56%)
S&P500 848,17 +13,28
(+1,59%)
-31,65 (-3,60%) -241,67 (-22,17%)
Nasdaq 1348,99 +38,82 (+2,96%) +13,48 (+1,01%) -375,55 (-21,78%)
Fonte dati: Ufficio Studi
WallStreetItalia

IL MERCATO AZIONARIO

L’ottimismo di Merrill Lynch e Morgan Stanley, alimentato dai bassi prezzi dei titoli, ha decisamente contribuito a risollevare le sorti del comparto dei semiconduttori. L’indice SOX ha chiuso la settimana in rialzo del 4,6%.

Tra le societa’ che hanno maggiormente beneficiato delle note positive delle due banche d’affari, si segnalano Intel (INTC – Nasdaq, +3,9%) e Texas Instruments (TXN – Nyse, +2,6%). In controtendenza Motorola (MOT – Nyse, -1,8%), penalizzata dalle deboli prospettive del business della telefonia cellulare.

Gli acquisti hanno interessato anche i titoli hardware (GHA, +3,3%), sostenuti dai dati incoraggianti sulle consegne di pc (Gartner Dataquest). In progresso Dell (DELL – Nasdaq, +4,15%), IBM (IBM – Nyse, +3,23%) e Hewlett-Packard (HPQ – Nyse, +2,14%).

L’atteso meeting del Federal Communications Commission, l’autorita’ USA sulle telecomunicazioni, ha invece disatteso le speranze delle “Baby Bell”: gli operatori di lunga distanza potranno continuare ad accedere, a prezzi vantaggiosi, ai network delle aziende di telefonia locale.

Tra le piu’ penalizzate, BellSouth (BLS – Nyse, -5,29%), Verizon (VZ – Nyse, -4,65%) e la blue chip del Dow Jones SBC Communications (SBC – Nyse, -11%). In crescita invece AT&T (T – Nyse, +3,97%). L’indice XTC ha registrato una flessione del 2%.

Risultati contrastati anche nel comparto retail. Alle buone trimestrali di J.C. Penney (JCP – Nyse, +8,6%) e Target (TGT – Nyse, +2,8%) hanno fatto da controaltare le previsioni sconfortanti di Wal-Mart (WMT – Nyse, -0,5%). L’indice (RLX e’ avanzato dell’1,10%.

Tra gli altri titoli che hanno movimentato i mercati, da segnalare il calo di Boeing (BA – Nyse, -1,7%), penalizzata da una nota negativa di J.P. Morgan, e la buona performance di Caterpillar (CAT – Nyse, +7,6%), promossa da UBS Warburg con un rating di “buy”. Occhi puntati anche su Microsoft (MSFT – Nasdaq), che ha effettuato lo split di 2 a 1 annunciato a meta’ gennaio.

I DATI MACROECONOMICI DELLA SETTIMANA

  • Nuovi cantieri edili. Il dato di gennaio e’ aumentato dello 0,2%, a 1,850 milioni di unita’. Si tratta del livello piu’ alto dal maggio 1986.
  • Sussidi di disoccupazione. Le nuove richieste sono aumentate di 21.000 unita’, a quota 402.000. Si tratta del livello piu’ alto dal 28 dicembre.
  • Prezzi alla produzione (PPI). L’indice grezzo a gennaio ha registrato un aumento dell’1,6%, il rialzo piu’ significativo degli ultimi 13 anni. Il ”core PPI”, che esclude le componenti alimentare ed energetica, e’ salito dello 0,9%.
  • Bilancia commerciale. A dicembre il deficit ha raggiunto un nuovo record. Il saldo import/export si e’ infatti attestato a -$44,24 miliardi.
  • Superindice. Il dato di gennaio ha segnato una flessione dello 0,1%, dopo tre mesi consecutivi di rialzi. Il mercato si attendeva un aumento dello 0,1%.
  • Philadelphia Fed. A febbraio, l’indice che anticipa lo stato dell’economia USA e’ piombato a 2,3 punti dagli 11,2 di gennaio. Gli analisti si attendevano un valore di 11 punti.
  • Prezzi al consumo (CPI). A gennaio l’inflazione si e’ attestata allo 0,3%, in linea con le stime di mercato. Si tratta del tasso piu’ elevato degli ultimi nove mesi. L’indice “core”, cioe’ quello depurato dalle componenti piu’ volatili (cibo e energia), ha registrato un incremento dello 0,1%.

IL MERCATO OBBLIGAZIONARIO

Complice ancora una volta l’incertezza sulla situazione geopolitica, la settimana si e’ chiusa di nuovo in rialzo per i titoli di Stato. Non ha contenuto la corsa al “safe haven” il riemergere delle preoccupazioni sul fronte inflazionistico.

Nel tardo pomeriggio di venerdi’, il rendimento sui bond a 5 anni si e’ attestato al 2,85%, contro il 2,91% della settimana scorsa.
Il rendimento sul Treasury a 10 anni, benchmark della categoria, si e’ attestato al 3,89%, contro il 3,95% di venerdi’ scorso. Ricordiamo che il rendimento segue un andamento inverso rispetto ai prezzi.

Il crescente fabbisogno delle casse dello Stato ha indotto il Segretario del Tesoro, John Snow, a chiedere al Congresso un innalzamento del tetto sul debito pubblico. Da sottolineare che la soglia limite era stata aumentata a $6.400 miliardi a meta’ dell’anno scorso.

  • Tasso a 13 settimane (IRX – CBOE)
  • Tasso a 5 anni (FVX – CBOE)
  • Tasso a 10 anni (TNX – CBOE)
  • Tasso a 30 anni (TYX – CBOE)

Sul fronte corporate, l’agenzia di rating Standard & Poor’s ha abbassato il “giudizio” sul debito di 11 compagnie aeree, sottolineando che le prospettive del comparto sono opache. Tra le principali cause citate dagli analisti, la minaccia di un conflitto e i problemi di American Airlines.

IL MERCATO VALUTARIO

Dopo un avvio di settimana positivo, il dollaro ha progressivamente perso forza nei confronti dell’euro, cedendo le posizioni guadagnate. Nel tardo pomeriggio di venerdi’ a New York, il biglietto verde e’ scambiato a $1,076 per 1 euro, contro i $1,077 di una settimana fa.

Il mercato dei cambi continua ad essere influenzato dagli sviluppi della situazione geopolitica. L’imminenza della guerra contro l’Iraq indebolisce la moneta americana, soprattutto per la mancanza di un ampio fronte anti-Saddam.

A preoccupare gli operatori e’ in particolare l’incertezza sui costi che gli USA dovrebbero sostenere se avviassero un conflitto senza l’appoggio delle Nazioni Unite. Dato l’enorme livello di indebitamento dell’economia a stelle e strisce, una guerra potrebbe mettere in seria difficolta’ la capacita’ del Paese di attirare investimenti esteri.

LE CONCLUSIONI

La corsa al rialzo dei mercati americani, questa settimana, appare piuttosto “isterica”, data l’assenza di nuovi elementi in grado di giustificarla. I dati macroeconomici hanno deluso le aspettative e per quanto riguarda la crisi irachena non si intravedono soluzioni rassicuranti.

Gli esperti non sono convinti che, una volta superate le tensioni con l’Iraq, i listini riusciranno a risollevarsi. I timori di eventuali attacchi terroristici e la minaccia nucleare della Corea del Nord permangono.

Sul fronte macroeconomico, i Paesi piu’ industrializzati non si trovano nelle migliori condizioni: gli Stati Uniti risentono degli squilibri strutturali “post-bubble”, l’Europa soffre le rigidita’ del mercato del lavoro e delle politiche di bilancio e il Giappone e’ alle prese con la deflazione.

Come in uno snervante gioco dell’oca, insomma, alla fine della guerra i mercati potrebbero tornare alla casella di partenza. In questo contesto di profonda incertezza la prudenza e’ la parola d’ordine.