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SETTIMANA COL SEGNO MENO PER I MERCATI AMERICANI

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Frenata dalle preoccupazioni sulla crisi geopolitica e dai segnali contrastanti provenienti dal fronte macroeconomico, Wall Street ha chiuso un’altra settimana con il segno negativo.

Il clima di incertezza che prevale sui mercati finanziari continua a tradursi nell’elevata avversione al rischio degli investitori e nell’alto livello di volatilita’ degli scambi.

I mercati azionari sembrano incapaci di chiudere al rialzo piu’ di due sessioni consecutive. E’ sempre l’incognita Iraq a tenere banco. “Saddam puo’ evitare la guerra solo con il disarmo totale”, ha proclamato il presidente George Bush, chiedendo all’Onu di esaminare una nuova risoluzione che dichiari l’inadempienza dell’Iraq sugli obblighi di disarmo.

Mentre la comunita’ internazionale e’ ancora divisa sull’approccio da seguire per venire a capo della questione, il prezzo del petrolio e’ schizzato ai livelli del 1990, sfiorando i $40 al barile. Il deteriorarsi della situazione ha cosi’ indotto la banca d’affari Morgan Stanley a rivedere al ribasso le stime sul Pil globale 2003-04.

Con un calo dell’1,58% (-127 punti) il Dow Jones questa settimana ha registrato la perdita piu’ consistente, portandosi a quota 7891,08. Dall’inizio anno l’indice industriale ha ceduto 450,55 punti (-5,40%) mentre, rispetto a un anno fa, ha segnato un ribasso di 2077,07 punti (-20,84%).

L’S&P 500 ha lasciato sul terreno 7,02 punti (-0,83%) chiudendo a quota 841,15. Dalla chiusura del 31 dicembre 2002 l’indice ha registrato un calo di 38,67 punti (-4,40%), mentre su base annua la perdita e’ stata di 248,69 punti (-22,82%).

Il Nasdaq e’ invece arretrato di 11,47 punti (-0,85%) chiudendo a quota 1337,52. Dall’inizio dell’anno l’indice tecnologico e’ tuttavia leggermente avanzato, con un incremento di 2,01 punti (+0,15%), mentre rispetto allo stesso periodo del 2002 ha accusato un calo di 387,02 punti (-22,44%).


































Performance settimanale dei listini
americani
Indici Valori al 28/2/2003 Variazioni ultima
settimana
Variazioni da inizio anno Variazioni ultimi 12 mesi
DJIA 7891,08 -127,03
(-1,58%)
-450,55 (-5,40%) -2.077,07 (-20,84%)
S&P500 841,15 -7,02
(-0,83%)
-38,67 (-4,40%) -248,69 (-22,82%)
Nasdaq 1.337,52 -11,47 (-0,85%) +2,01 (+0,15%) -387,02 (-22,44%)
Fonte dati: Ufficio Studi
WallStreetItalia

IL MERCATO AZIONARIO

Il dato che principalmente ha scosso i mercati di questa settimana e’ arrivato da Hewlett-Packard (HPQ – Nyse). Nonostante gli utili trimestrali abbiano battuto le stime degli analisti, il colosso dei pc ha nettamente deluso sul piano del fatturato.

I “downgrade” di alcune banche d’affari hanno poi contribuito ad affossare il titolo, portandolo a cedere quasi il 13%. Relativamente meglio IBM (IBM – Nyse), la cui perdita si e’ limitata al 2,8%. L’indice GHA complessivamente e’ arretrato del 2,4%.

I ribassi hanno poi interessato i titoli software, con il GSO arretrato del 3,4% rispetto ai livelli di venerdi’ scorso. Il generale scetticismo sul comparto ha colpito anche Microsoft (MSFT – Nasdaq, -3,6%), nonostante Deutsche Bank abbia promosso il titolo con un rating “buy”.

In aumento invece i semiconduttori. Le previsioni confortanti di Gartner Dataquest sulle vendite di chip hanno contribuito a sostenere il settore, consentendo al SOX di avanzare dell’1,5%. Tra le migliori performance si segnala il +2,8% messo a segno da Intel (INTC – Nasdaq), favorito da una nota positiva di Lehman Brothers.

Nel panorama hi-tech ha invece particolarmente brillato Lucent Technologies (LU – Nyse, +7,9%), grazie alla favorevole conclusione raggiunta con la Sec sulla vicenda delle pratiche contabili.

Questa settimana gli acquisti si sono indirizzati particolarmente sul settore media. Tra i titoli che hanno registrato i maggiori guadagni si distinguono AOL Time Warner (AOL – Nyse, +6,4%), favorita da un giudizio positivo di Morgan Stanley e dai rumor su una possibile vendita della sua divisione editoriale, e Comcast (CMCSK – Nasdaq, +9%), trascinata al rialzo dalla buona trimestrale.

I titoli retail (RLX, -0,4%) hanno invece dato luogo a una performance contrastata. Ai guadagni di Home Depot (HD – Nyse, +4,6%) e Lowe’s (+8,8%), determinati dai buoni risultati trimestrali, hanno fatto da contraltare le perdite di Gap (GAP – Nyse, -8%), che ha tagliato le stime sulle vendite di febbraio. Sull’industria ha inoltre pesato il giudizio negativo di Merrill Lynch.

E’ riuscito a chiudere in pareggio anche il comparto brokeraggio (DJ_SCR, -0,52%), nonostante i timori di un rallentamento del trading online e i sospetti di illecito su Morgan Stanley. La banca d’affari potrebbe dover rispondere alla Sec sul modo in cui ha condotto numerose operazioni di Ipo.

Tra gli altri titoli che hanno movimentato i mercati, da segnalare il calo di Boeing (BA – Nyse, -7%), penalizzata da una nota negativa di Banc of America, e il rialzo di Altria (ex Philip Morris) (MO – Nyse, +2,5%), che ha annunciato un nuovo piano di buy back. Particolarmente pesante, infine, la perdita di Ahold (AHO – Nyse, 65%%): il gruppo alimentare olandese ha riportato alla ribalta gli scandali contabili.

I DATI MACROECONOMICI DELLA SETTIMANA

  • Fiducia Conference Board. La fiducia dei consumatori a febbraio e’ scesa a quota 64, dai 78,8 punti di gennaio. Si tratta del livello piu’ basso in quasi dieci anni.
  • Vendite di case esistenti. Complici ancora i tassi sui mutui eccezionalmente bassi, a gennaio il dato ha registrato un incremento del 3%, attestandosi alla quota record di 6,09 milioni di unita’.
  • Ordini di beni durevoli. I nuovi ordini di gennaio sono aumentati del 3,3%, ben al di sopra delle aspettative, raggiungendo il livello di $174,78 miliardi.
  • Sussidi di disoccupazione. Le nuove richieste di sussidi la settimana scorsa sono aumentate di 11.000 unita’, a quota 417.000. Si tratta del livello piu’ alto dal 14 dicembre 2002.
  • Vendita di nuove case . A gennaio sono state vendute 941.000 nuove abitazioni. Il dato segna un ribasso di ben il 15,1%, il piu’ consistente degli ultimi nove anni.
  • Prodotto Interno Lordo -Rivisto. Nel quarto trimestre il valore totale dei beni e servizi prodotti negli Usa ha registrato un incremento dell’1,4%. Nella precedente stesura, la crescita del Pil era stata stimata allo 0,7%.
  • Chicago PMI. L’indice sull’attivita’ manifatturiera dell’area di Chicago a febbraio si e’ attestato a quota 54,9. In 10 degli ultimi 12 mesi il dato si e’ tenuto al di sopra dei 50 punti, soglia che separa l’espansione dalla contrazione.

IL MERCATO OBBLIGAZIONARIO

Il persistere delle incertezze sul fronte geopolitico ha consentito al reddito fisso di avanzare anche questa settimana. Nel tardo pomeriggio di venerdi’, il rendimento sui bond a 5 anni si e’ attestato al 2,66%, contro il 2,85% della settimana scorsa.

Lo yield sul Treasury a 10 anni, benchmark della categoria, e’ sceso invece al 3,69% dal 3,89% di venerdi’ scorso. Ricordiamo che il rendimento segue un andamento inverso rispetto ai prezzi.

  • Tasso a 13 settimane (IRX – CBOE)
  • Tasso a 5 anni (FVX – CBOE)
  • Tasso a 10 anni (TNX – CBOE)
  • Tasso a 30 anni (TYX – CBOE)

A causa dei crolli della borsa avvenuti negli anni recenti, risulta che nell’ultimo decennio i titoli di Stato Usa hanno sovraperformato il comparto azionario. E’ quanto emerge da uno studio pubblicato da Barclays Capital.

In base a quanto indicato nel rapporto, infatti, mentre le azioni in media hanno dato un rendimento reale annualizzato del 6,2%, quello dei 10-year Treasury Bond e’ stato del 6,8%.

IL MERCATO VALUTARIO

In assenza di novita’ di rilievo sugli sviluppi della crisi irachena, il cambio tra dollaro ed euro si e’ tenuto in trading range anche per questa settimana. Nel tardo pomeriggio di venerdi’ a New York, il biglietto verde e’ scambiato a $1,078 per 1 euro, contro i $1,077 di una settimana fa.

Gli operatori dei mercati valutari per il momento escludono che le due valute possano registrare variazioni significative, a meno che le prospettive su un intervento armato contro Bagdad non divengano piu’ chiare. Negli ultimi mesi le preoccupazioni sulle questioni geopolitiche sono state una delle principali cause della debolezza della moneta americana.

“Considerando le circostanze, probabilmente l’elemento che sorprende di piu’ e’ la ‘buona tenuta del dollaro” , ha affermato Paul Bednarczyk, currencies strategist di 4Cast. “Il modo in cui il mercato si e’ polarizzato indica che piu’ ci si avvicina alla guerra, piu’ il dollaro continuera’ ad indebolirsi”, precisa Bednarczyk.

LE CONCLUSIONI

I tentativi di ripresa degli indici azionari continuano a infrangersi sulle preoccupazioni relative alla crisi irachena, mentre il flusso di dati macroeconomici non e’ abbastanza positivo per consentire al mercato di superare l’empasse.

Sono ancora troppi gli elementi che cospirano allo smarrimento, impedendo agli operatori di vincere le resistenze emotive. Il crollo della fiducia degli investitori ne e’ la conseguenza piu’ evidente.

Mentre i mercati, seppure a singhiozzo, tentano di costruire una base dalla quale ripartire, la maggior parte degli osservatori consiglia ancora cautela. Le incognite che frenano l’economia mondiale sono numerose. Per il momento e’ meglio stare alla finestra, in attesa di eventuali schiarite.