La volonta’ di rimettere in cima all’agenda di governo le questioni del Mezzogiorno e della coesione sociale “non e’ una riproposizione dei miei attriti con Tremonti: al contrario, Tremonti e’ un ottimo ministro che ha fatto un ottimo lavoro” nella gestione della crisi economica: “Senza di lui oggi avremmo fatto la stessa fine della Grecia”. Lo ha assicurato Gianfranco Fini agli ex An.
Gianfranco Fini non abbandona il Pdl ma avverte: «La fase del 70 a 30 è finita. Mi auguro che Berlusconi accetti che esista un dissenso interno nel Pdl». Davanti ai parlamentari ex An riuniti nella Sala Tatarella della Camera, il co-fondatore del Pdl aggiunge: «Ora si apre una nuova fase e chi avrà più filo da tessere, tesserà…», parole che sanciscono di fatto la nascita della sua corrente dentro il partito del premier.
Resta quindi molto alta la tensione nel Pdl. Il presidente della Camera ha annunciato che non ci pensa proprio a lasciare la presidenza di Montecitorio e che anzi continuerà a fare la sua parte, manifestando il suo dissendo quando ce ne sarà motivo e non resterà in silenzio. «Chi ha interpretato il mio pensiero in questi giorni parlando di scissioni o di elezioni anticipate ha solo incendiato il dibattito. Quello che dovevo dire l’ho detto venerdì scorso. Chi ha aggiunto altro vuol dire che auspica che qualcuno se ne vada e io non ho nessuna intenzione di togliere il disturbo né di stare zitto», sono state le parole di Fini.
«Noi abbiamo le spalle larghe», ha continuato Fini secondo quanto riportano alcuni presenti. L’inquilino di Montecitorio ha fatto riferimento ad alcuna stampa che «ci additerà come traditori». Fini ha però osservato che nella maggior parte dei casi i traditori «vanno cercati tra chi davanti dice sempre di sì e poi critica alle spalle».
Il documento degli ex An. No a scissioni e al voto ancipato, ora è il momento di «riportare il confronto su un piano costruttivo, isolando quanti più o meno consapevolmente stanno in queste ore lavorando per destabilizzare il rapporto tra i cofondatori del Pdl. Per questi motivi confermiamo la fiducia al presidente Fini a rappresentare tali istanze», dice il documento di sostegno a Fini firmato oggi dagli ex di An. «In merito alle polemiche che l’incontro Fini-Berlusconi ha suscitato nei media e nell’opinione pubblica – crivono gli ex di An – riteniamo necessario esprimere soldiarietà a Fini contro il quale sono stati espressi giudici ingenerosi con toni a volte astiosi. Per parte nostra, riteniamo che le questioni poste da Fini meritino un approfondimento e una discussione attenta nelle competenti sedi di partito».
Scintille tra ex An, giornalisti tenuti alla larga. L’ingresso alla sala della riunione delgi ex An è stato vietato ai giornalisti, tenuti a distanza da commessi di Montecitorio dislocati a vari livelli del Palazzo. Prima ancora che la riunione iniziasse è scoppiata la polemica. In Transatlantico, alla Camera, è andato in scena un duro botta e risposta tra Roberto Menia e il fianiano Italo Bocchino. Il sottosegretario all’Ambiente si ferma a parlare nel cortile interno di Montecitorio e si sfoga così: «Ho detto a Bocchino di smetterla, perché ha già fatto abbastanza danni, l’ultimo è la rissa in tv che lo ha visto protagonista… Sono stufo, non mi sento rappresentato da queste persone. E non mi presto a ricatti e doppigiochi. È un errore politico fare gruppi parlamentari autonomi».
Si avvicina Amedeo Laboccetta. Anche lui ne approfitta per lanciare un avvertimento al presidente della Camera: «La penso esattamente come Roberto, anzi, dirò di più. Sono pronto a dimettermi da parlamentare se Fini dovesse fare questa follia politica di creare gruppi autonomi. Sono assolutamente contrario a gruppi autonomi, gruppi di pressione interni o alla creazione di una componente organizzata. Dopo 60 anni non voglio diventare un peone della maggioranza… Voglio restare nel Pdl per poter dire la mia liberamente. Io sono per la dialettica interna».