Società

SEMESTRE FINITO, VERIFICA
IN ORDINE SPARSO

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Legge Gasparri, verifica di governo e devolution. Tre questioni per quattro teste, più due vertici: uno politico (tre teste presenti: Berlusconi, Fini e Follini e una assente: Bossi) e l’altro istituzionale, tra il premier e il presidente della Camera, Casini. I leader del centrodestra tornano a parlarsi o a scontrarsi e lo fanno alla vigilia della settimana decisiva del semestre europeo “italiano”, quella che culminerà il 13 dicembre con la chiusura del vertice di Bruxelles.

Fonti ben informate riferiscono che ormai il tormentone del semestre è finito e un segnale ben preciso sono state le dichiarazioni di Umberto Bossi sulle case agli immigrati «bingo bongo». Dal quartier generale della Lega specificano però che il vero obiettivo del Senatùr è la devolution, mentre la polemica sugli immigrati, ancora una volta, è servita a placare la base, convinta che su questo fronte, nonostante due anni di governo e nonostante la Bossi-Fini, non sia cambiato nulla. Qualcuno, poi, invita a riflettere sulla clamorosa uscita, l’altro giorno, di Alessandro Cè, capogruppo leghista a Montecitorio: «Ormai non ci fidiamo nemmeno più di Berlusconi».

Le parole di Cè, più che riferirsi al mistero scatenato dalla condizioni di salute del premier, sarebbero un tentativo di smarcamento della Lega dalla maggioranza in vista delle europee e soprattutto, nel breve periodo, una risposta anticipata al vertice che ieri sera si è tenuto tra Berlusconi e i leader di An e Udc, Fini e Follini. Al centro dell’incontro, infatti, c’è stato il problema della verifica, che la Lega continua a dire di non volere.

Si racconta di un esito interlocutorio della riunione e il presidente del Consiglio avrebbe fornito solo assicurazioni generali agli alleati. Secondo alcune fonti, alla fine qualche poltrona potrebbe cambiare e l’ingresso più significativo dovrebbe essere quello del vicesegretario dell’Udc, Sergio D’Antoni, che tra l’altro ieri è stato raggiunto da un avviso di garanzia per un’inchiesta a Potenza. Tra i centristi, inoltre, sarebbe sorto anche il problema di Luca Volontè, capogruppo alla Camera. Volontè è ritenuto il delfino di Rocco Buttiglione, mentre in quel posto il segretario Follini vorrebbe un suo uomo. A questo punto, il capogruppo potrebbe finire al governo come sottosegretario o viceministro e alla guida del gruppo andrebbe Mario Tassone.

Per quanto riguarda An, invece, c’è da aggiungere che il partito del vicepremier arriverà all’appuntamento di gennaio con gli equilibri interni completamente mutati dopo il Fini di Gerusalemme e lo Storace dell’Hilton. I nomi che girano sono sempre gli stessi, ovvero le promozioni di Gianni Alemanno (oggi ministro per le Politiche agricole) e Adolfo Urso (attuale viceministro delle Attività produttive). Un fonte interna, però, rivela che Fini avrebbe insistito molto di più sugli aspetti programmatici che non sul rimpasto, come a sottintendere che in An sarà decisiva l’annunciata assemblea nazionale. Non solo: ma il vero nodo sarebbe lo stesso Fini, perché adesso le sue ambizioni (Farnesina o Difesa) devono fare i conti con un partito in subbuglio e un suo ulteriore impegno istituzionale potrebbe acuire lo scontro.

Lo stesso leader di An, poi, ieri pomeriggio, alla presentazione del libro di Marco Follini (Intervista sui moderati), ha fatto capire che i destini della Lega potrebbero anche dividersi da quelli dell’esecutivo: «Le estreme appesantiscono il cammino delle alleanze».

In un quadro del genere, con la scontata ripresa dello scontro tra Lega e subgoverno, il premier avrebbe a cuore, invece, una sola questione: la firma di Ciampi alla legge Gasparri sul sistema radio-tv. Per lui è ormai un chiodo fisso, anche perché le previsioni continuano a essere negative. Con l’aggiunta di un ulteriore particolare, come spiega un autorevole esponente del centrodestra: «Dal Quirinale è stato fatto capire che la questione della firma sarà affrontata solo dopo il 13 dicembre, quando finirà il vertice di Bruxelles».

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