Economia

Sei soluzioni alternative al rigore. Fitch: uscita Grecia “gestibile”

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New York – I motivi per cui le misure di austerita’ sono cosi’ impopolari e’ semplice: non funzionano. Danno semplicemente alla Germania spazio politico di manovra per negoziare i piani di aiuto, che pero’ sinora si sono rivelati inadeguati. Non hanno stabilizzato i tassi dei titoli di stato dei paesi in pericolo e non ha illuminato le prospettive di crescita per il continente. Si sta persino dimostrando politicamente fragile, visto che i termini del patto di stabilita’ verranno con ogni probabilita’ rinegoziati. Se l’Eurozona vuole sopravvivere deve trovare un’altra ricetta e farlo presto.

In vista del summit del 23 maggio indetto dai leader Ue durante il quale si valutareanno le eventuali misure da intraprendere per rilanciare la crescita nell’area euro, gli economisti offrono la loro soluzione. Anche perche’ non c’e’ tempo da perdere: quest’anno l’Italia cerchera’ di collocare sul mercato primario 574,9 miliardi, la Spagna 287,8 miliardi.

Tanti osservatori si chiedono se l’Europa cambiera’ rotta ora che il neoeletto presidente francese, Francois Hollande, ha esortato a fare di piu’ per la crescita e rinunciare alle misure rigide di austerita’. Ma sono altri sei i punti su cui gli eurocrati dovrebbero lavorare, secondo gli economisti:

1) Piu’ inflazione da parte della Banca Centrale, in modo tale da rilanciare la competitivita’ dei paesi in difficolta’, come suggerito, tra gli altri, dall’economista Paul Krugman. Spagna e Grecia potrebbero abbassare i costi piu’ in fretta e poter spendere di piu’, investendo per alimentare la crescita. Ovviamente il problame e’ che Germania e Bce hanno un approccio monetario da falchi anti-inflazione. Nonostante l’area euro sia tornata in una fase di recessione, all’ultima riunione Draghi si e’ rifiutato di abbassare i tassi, resistendo alle pressioni.

2) Misure di stimolo da parte dei paesi core. Per Grecia, Portogallo e Spagna e’ difficile chiedere soldi in prestito da spendere in progetti volti a stimolare la crescita. Promettere di tagliare le spese piu’ avanti, una volta che l’economia ha registrato un miglioramento non e’ credibile e i parlamenti europei possono facilmente rompere promesse fatte in passato. Questo allontana eventuali creditori.

Ma se i Piigs devono tenere a bada il deficit galloppante, non significa che anche Francia, Austria, Finlandia, Olanda o Germania debbano fare lo stesso. Al contrario: dovrebbero investire in infrastrutture e tecnologie per aiutare l’economia a ripartire: “Spero – ha detto Stiglitz – che il dibattito sara’ su quello che possiamo fare per promuovere la crescita, piuttosto che per come stangolarci l’uno con l’altro”.

3) Aprire i fondi salva stati ai maggiori paesi dell’area. FInora i grandi hanno salvato i piccoli, come Irlanda, Portogallo e Grecia. Ma alcuni osservatori hanno avvertito in piu’ occasioni che le risorse del fondo devono essere ampliate. Secondo Wolfgang Munchau del Financial Times “per mettere a posto la crisi spagnola bisogna partire dalle banche”. C’e’ bisogno pertanto di un piano che sia focalizzato esclusivamente nella ricapitalizzazione degli istituti iberici. Perche’ questo avvenga, servono i finanziamenti preziosi di Francia, Germania, Olanda e Finlandia.

4) Il progetto degli Eurobond deve andare in porto. I deficit fiscali della maggioranza dei paesi dell’area a 17 sono enormi: in Spagna tocca l’8,5%, in Irlanda il 13,1%. Ma se si guarda all’Eurozona come una singola entita’, le cose vanno meglio. L’anno scorso il deficit era solo al 4,1% del Pil, meno della meta’ di quello degli Stati Uniti. Anche qui bisogna superare l’ostacolo della Germania.

5) Una maggiore integrazione fiscale. L’area euro, come la conosciamo, e’ fatta da una serie di paesi molto diversi tra loro. I lavoratori tedechi sono molto piu’ produttivi di quelli spagnoli e cosi’ via. Per questo e’ difficile essere competitivi per alcuni, finche’ si manitene l’euro cosi’ com’e’ ora. Per questo l’idea potrebbe essere quella di fare come gli Usa: ridistribuire le risorse dai ricchi ai poveri.

Come spiega James Galbraith gli Usa hanno utilizzato programmi come gli ammortizzatori sociali, i sussidi di disoccupazione o l’iva per aiutare le regioni piu’ povere e assicurarsi che certi stati in difficolta’ non implodessero. Hollande ha suggerito che si vada in quella direzione, con gli stati piu’ in salute che aumentino i finanziamenti nella banca di investimneto europea (che esiste gia’) per aiutare progetti industriali nei paesi piu’ in difficolta’. Si parla tuttavia di somme ingenti, non irrisorie. La Germania dell’Ovest ha speso 1.900 miliardi nell’arco di 20 anni nel tentativo di modernizzare la parte Est. Inoltre visto che non c’erano differenze linguistiche i cittadini dell’area orientale potevano migrare in Occidente. La stessa cosa non si puo’ dire per greci e portoghesi, che incontrerebbero piu’ difficolta’ emigrando in Germania o Francia.

6) I paesi potrebbero iniziare a lasciare l’area euro. Molte di queste idee potrebbero non funzionare mai anche perche’ la Germania non e’ intenzionata a spendere ancora per salvare i paesi vicini. Secondo Fitch, tuttavia, un’uscita della Grecia dall’area euro sarebbe gestibile e non sancirebbe la fine dell’Eurozona.

Da parte sua Jacob Goldstein spiega come per i greci l’abbandono del blocco a 17 potrebbe funzionare. Atene farebbe default sul suo debito e non dovrebbe piu’ spendere per ripagare gli interessi sui prestiti. Potrebbe svalutare la dracma e tornare competitiva esportando. Sul breve gli effetti negativi saranno gravi, gli investitori stranieri scapperanno, la nazione dovra’ ridurre le spese in maniera considerevole e l’economica collassera’.

E’ un’opzione dolorosa – gli standard di vita diventerebbero pari se non peggiori a quelli di Serbia e Bulgaria – ma e’ una delle opzioni sul tavolo.