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SEAT, SICURI CHE IL MERCATO TOLLERI TUTTO?

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* Fabrizio Tedeschi e´ editorialista di Panorama Economy. Consulente di grandi banche e gruppi finanziari, per otto anni e´ stato responsabile della Divisione Intermediari della Consob a Milano.

Quando la bacchetta magica della finanza si mette in azione, il
risultato spesso è superiore persino al più ingegnoso incantesimo di
Harry Potter. Nel caso di Seat, poi, il maghetto inglese davvero non
avrebbe potuto fare di meglio. Il motivo è semplice e sotto gli occhi di
tutti: il management della società presieduta da Enrico Giliberti ha deciso di indebitarsi emettendo un bond da 1,3 miliardi di euro
per distribuire un maxidividendo, che consentirà ai proprietari di
pagare i debiti contratti per acquistarla. Con buona pace
dell’indipendenza e della prudenza nella gestione di una società con
azioni quotate.

Così Seat, più volte oggetto di operazioni di leverage
(cioè di acquisto a debito, poi estinto attraverso la cessione di asset
e con gli utili prodotti dalla società), porta al limite estremo di
tollerabilità questa sua abitudine. È stato emesso un bond decennale con
un rendimento molto alto (dell’8%) e riservato solo a investitori
istituzionali, che consente di raccogliere la liquidità necessaria a
distribuire quante più risorse possibili agli attuali azionisti,
indebitatisi per finanziare l’acquisizione.

Lo schema è quello già
sperimentato da società lussemburghesi, che emettono obbligazioni
riservate agli istituzionali.
L’effetto di questa manovra è di trasferire una parte rilevante del
rischio imprenditoriale agli obbligazionisti. Infatti, la durata e il
rendimento dell’obbligazione sono più consoni a investimenti azionari
che a titoli a reddito fisso.

E ora che succede? La società quotata è svuotata di liquidità, la sua
capitalizzazione scende e i profitti futuri vengono erosi dagli
interessi al servizio del prestito obbligazionario. Per Seat, e per chi
nel titolo ha investito, il futuro non è roseo. Ma agli azionisti
qualificati questo interessa assai poco, perché sono ormai rientrati del
proprio investimento. Un’operazione di tale natura è senza dubbio
conforme alla legge, ma è fatta nell’esclusivo interesse degli azionisti
(specie quelli appena entrati) e non della società.

E, soprattutto, sono
raggiunti obiettivi analoghi a quelli che la legge sottopone a
specifiche garanzie, quali, per esempio, l’acquisto di azioni proprie o
l’anticipazione per l’acquisto sempre di azioni proprie. La società di
revisione, il collegio sindacale, Borsa italiana e Consob davvero non
hanno nulla da dire?

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